Politica

Sicurezza, il convegno: la Difesa Comune Europea va presa sul serio

07
Novembre 2024
Di Giampiero Cinelli

La routine quotidiana dei cittadini europei non è scontata. Hanno voluto ribadirlo forte e chiaro nella due giorni di evento “Security and Defence Days 2024” promosso dalla Fondazione De Gasperi a Roma. Rassegna in cui sono intervenuti vari esponenti del mondo militare, istituzionale, accademico e politico. Pieno sostegno alla prospettiva di una Difesa Comune europea. Questa un’idea che circola, ma che adesso sembra un po’ più vicina a concretizzarsi dopo le dichiarazioni di Ursula von der Leyen, da poco rieletta presidente della Commissione Ue, e alla luce della conferma del Commissario europeo alla Difesa, il lituano Andius Kubilius.

Per Giacinto Ottaviani, sottocapo di Stato Maggiore della Difesa, il via libera a Kubilius è un ottimo segno e dà l’occasione per ragionare sulla struttura di difesa europea che dovrebbe partire con in dotazione 5.000 unità. Impegnate non solo nelle attività militari ma anche per faccende connesse alla sanità, alla sorveglianza, alla cybersicurezza etc. Insomma tutte quelle incombenze collegate al tema della sicurezza strategica. Ma per funzionare la difesa europea dovrà prevedere un sistema per il suo stesso controllo e la governance ad essa associata.

L’onorevole Lorenzo Cesa, Presidente della Delegazione italiana nell’Assemblea Parlamentare Nato, ha detto che il Patto Atlantico è oggi ancora più imprescindibile e va spiegato ai giovani, affinché ne capiscano le potenzialità e non ne temano le paventate distorsioni. Cesa si è mostrato convinto che una difesa europea non creerebbe conflitto con gli Stati Uniti ma anzi collaborazione. La spesa militare è necessario salga al 2% del Pil: anche se è facile attirarsi critiche ciò è inevitabile secondo Cesa, sia perché con l’amministrazione Trump gli europei potrebbero trovarsi costretti a fare così, sia perché non ci si rende conto che senza la Nato la spesa militare della nazioni sarebbe maggiore, probabilmente anche per un 8% del Pil.

Dopo le considerazioni di tipo programmatico, con l’aiuto degli esperti si è passati ad analizzare le principali questioni di politica estera e di sicurezza internazionale. Due temi importanti quelli dell’approccio da seguire nel Mar Artico e del ruolo della Cina e dell’India nell’Indo-Pacifico. Aree del mondo in cui la Nato non è preminente ma che interessano all’alleanza atlantica nell’ottica della stabilità globale.

In zona artica l’Italia deve capire quale ruolo giocare. Non solo sul piano degli interessi economici ma anche da un punto di vista prettamente geopolitico e logistico. Le regioni artiche come Islanda e Groenlandia interessano molto a Pechino e Mosca. Non a caso, il cambiamento climatico sta rendendo molto più disponibili le materie prime (alcune rare) presenti nei fondali e presto la rotta artica diverrà una seria alternativa nei tragitti scelti dalle navi per raggiungere le principali aree del mondo, bypassando il Mediterraneo. Ecco perché Roma elabora la sua strategia da osservatrice del Consiglio Artico, puntando a proteggere la sua base alle Svalbard, per salvaguardare l’azione locale nella ricerca scientifica e nel commercio con Eni, Fincantieri, Leonardo e Ansaldo. Da tenere a mente sarà una progressiva e decisa militarizzazione di questo mare. Soprattutto la Cina si rafforza militarmente ma «senza trasparenza».

Passando all’Oceano, è priorità della Nato che la Cina e l’India non diventino un fattore di crescente instabilità nella zona dell’Indo-Pacifico. In questa logica gioca un ruolo rilevante il Vietnam, che con l’Italia sta sviluppando ottime relazioni. il quadrante Indo-Pacifico è delicato anche per via dei cavi sottomarini, specie quelli di internet. In merito l’Italia resta vigile, essendo coinvolta nell’infrastruttura del cavo sottomarino lungo 10.000 km, che da Mumbai attraverso Giordania, Israele e Palermo trasporta informazioni a 18 Terabyte al secondo, per ogni coppia di fibre, per un totale di circa 360 Tera, alla stazione finale di Genova, che diventa la nuova porta d’ingresso dei dati in Europa.

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