Politica
Si rinnovano le Città Metropolitane, ma sono costituzionali? Il punto sulla sentenza della Consulta
Di Andrea Maccagno
Scricchiola quel che rimane del disegno costituzionale del governo Renzi. L’incompiuta dell’ex ministro Delrio, ovvero la riforma che ha istituito le Città Metropolitane quale unico ente territoriale di area vasta in attesa dell’eliminazione delle province, è stata giudicata “non in sintonia” con la Costituzione da parte della Corte Costituzionale.
I fatti. Era il 2014 quando veniva prodotta la riforma degli enti locali (cd Legge Delrio), prevedendo l’istituzione di 10 Città metropolitane come enti di secondo livello, in sostituzione dei territori provinciali.
Una riforma ponte, che aspettava la soppressione delle province. Ma la sconfitta del referendum ha determinato la coesistenza di due differenti realtà territoriali, con competenze simili, ma con un diverso approccio all’elezione indiretta dell’organo di vertice. Troppo discriminante per la Corte.
Mentre per il presidente della Provincia sono eleggibili i sindaci della stessa, il sindaco della Città metropolitana, invece, “è di diritto sindaco del comune capoluogo”. Tra le questioni evidenziate come lesive vi sono pertanto quelle legate all’eguaglianza del voto e all’accountability, cioè all’individuazione di meccanismi che garantiscano allo stesso tempo la responsabilità politica degli organi di governo e il potere di controllo degli elettori locali.
La palla torna ora al Parlamento, la cui azione è stata espressamente invocata dalla Corte, che sollecita “un intervento legislativo in grado di scongiurare che il funzionamento dell’ente metropolitano si svolga ancora a lungo in una condizione di non conformità ai canoni costituzionali di esercizio dell’attività politico-amministrativa”.
Sul tema il The Watcher Post ha sondato l’opinione di Vincenzo Antonelli, docente di diritto amministrativo all’Università Cattolica e grande esperto di federalismi ed autonomie. «Le riflessioni sulla sentenza sono molteplici. Anzitutto ci troviamo con la legge Delrio di nuovo sottoposta al vaglio di costituzionalità dopo la sentenza 50/2015. Rispetto ad allora c’è un tratto di discontinuità: la Corte oggi evidenzia la forzatura di quella legge, che ha modificato l’assetto istituzionale dei diversi livelli di governo in vista di una riforma costituzionale non attuata. Infatti, mentre la 50/2015 riteneva l’individuazione del sindaco metropolitano nel sindaco del Comune capoluogo di Provincia non irragionevole in fase di prima attuazione del nuovo ente territoriale, la nuova sentenza non può che rilevare come la Delrio debba appoggiarsi al sistema costituzionale vigente e non a un ipotetico disegno di riforma mai andato in porto. Su questo punto non si può che plaudire l’intervento della Corte».
Vi è poi un secondo piano di analisi, quello collegato all’elezione “di diritto” del sindaco del capoluogo a sindaco della Città metropolitana. Dice il professore: «Il vulnus che si crea è legato più che altro al tema della responsabilità politica, non tanto alla scelta del sistema di elezione – diretta o indiretta – da preferire. Un organo rivestito di una responsabilità di governo deve rispondere a qualcheduno: l’elezione “di diritto” non garantisce l’accountability necessaria. Questo è l’aspetto senza dubbio più interessante della sentenza. Attualmente, infatti, abbiamo due enti di area vasta che svolgono le medesime funzioni, in cui il presidente della Provincia è responsabile politicamente rispetto a chi lo ha eletto, mentre il sindaco della Città Metropolitana no. È irragionevole ed è evidentemente un profilo che viola la Carta costituzionale: due situazioni simili non possono essere trattate diversamente».
La Corte, però, non ha espresso un chiaro giudizio di incostituzionalità. «La vera curiosità di questa sentenza -conclude Antonelli – è che la Corte dice ma non decide. Un intervento diretto da parte della Corte sarebbe risultato troppo manipolativo rispetto alla questione sollevata e, per questo, finisce per dare solamente un monito al legislatore di agire recuperando quell’elemento di responsabilità politica attualmente mancante. Ma è chiaro che, ad ora, su tutti i sindaci metropolitani eletti penderà un sospetto di incostituzionalità».
Nel frattempo, si è appena conclusa l’elezione di 72 consigli provinciali, 886 consiglieri e di 31 presidenti di Provincia: 16 sono andati al centrosinistra, 15 al centrodestra. L’election day si è tenuto sabato 18 dicembre e ha coinvolto 68.499 tra sindaci e consiglieri comunali di oltre 5.500 Comuni, in rappresentanza di oltre 32 milioni e 500 mila cittadini. Mentre si discute di possibili Ddl che rivedano ruoli e competenze, le province e le Città Metropolitane sembrano essere più vive che mai. Nonostante tutto.