Politica

Settembre è il mese del disincanto dell’elettore. Come evitare che diventi il mese del malumore e del malessere

02
Settembre 2024
Di Daniele Capezzone

Settembre è per definizione il mese del disincanto degli elettori: la pausa estiva è conclusa, una piccola vacanza anche (per chi l’ha fatta), tornano le spese, le rate fiscali, la prosa dell’autunno

Davanti alla preoccupazione che inevitabilmente è innescata da questo non sempre morbido ritorno alla realtà, può essere a maggior ragione fastidioso – per il cittadino comune – avere la sensazione di una chiacchiera politica sterile, o comunque di una distanza tra le proprie esigenze reali e un’agenda di palazzo troppo ripiegata su temi autoreferenziali. 

La frase che inevitabilmente il cittadino (e il telespettatore) dice a se stesso ascoltando un politico in tv è: “Sta parlando di me o sta parlando di sé?”. In altri termini: la politica sta mettendo al centro le esigenze concrete di famiglie e imprese oppure – anche senza particolari colpe o responsabilità – sta scivolando su un’agenda legata alle priorità dei partiti e al loro dibattito? 

A maggior ragione, dunque, si raccomanderebbe a tutti – maggioranza e opposizione – di  essere particolarmente “connessi” con il paese e con i suoi umori. E, per ciò che riguarda il governo, di non cedere alla tentazione di un “ordinary micromanagerialism”, cioè di una gestione pur disciplinata e seria dell’ordinarietà, dello status quo.

Più che mai, per evitare che le campagne mediatiche dell’opposizione dettino il clima, servirebbe dare l’idea di una visione di medio-lungo periodo, e coinvolgere il paese in una missione attraente, che abbia un senso, che dia a ciascuno l’idea di un’Italia migliore tra 3-4 anni. 

Da queste parti, abbiamo più volte proposto lo schema di un taglio di tasse a tappe, anche limitatissimo anno dopo anno. Starei per dire che in questo caso le “tappe” sono perfino più importanti del taglio in sé: si tratta di impegnare tutti in un percorso, si tratta di dare la speranza a ciascuno di una legislatura che abbia un senso, che non finisca come le altre, e in cui ogni anno accada una cosa positiva per un certo numero di contribuenti. 

Un esercizio di ottimismo? Forse. Ma sperare non è ancora vietato, e nemmeno tassato.