Politica
Se FdI modifica la Bossi-Fini per far entrare più migranti
Di Simone Zivillica
Si nasce incendiari e si muore pompieri. Non sarà questo il caso, ma la massima non può non venire in mente. Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, è il primo firmatario di un emendamento presentato ieri al decreto Pubblica amministrazione bis arrivato dalle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera, che va a mettere mano all’articolo 27 del testo unico sull’immigrazione. Un altro nome, questo, per chiamare la Bossi-Fini (che nel 2002 modificò sostanzialmente il già esistente T.U sull’immigrazione) una nomenclatura binomiale che evoca a chiunque innumerevoli scontri elettorali e querelle da talk show in prima serata. Il teatro di scontro per eccellenza tra destra e sinistra, forse l’unico vero ultimo baluardo differenziale tra i sistemi valoriali progressisti e conservatori – se così si possono definire i poli di centrodestra e centrosinistra in Italia.
L’emendamento Foti alla Bossi-Fini, un affare di destra che sorprende la sinistra
In politichese, l’emendamento in questione prevede la possibilità di entrata per stranieri in Italia qualora la persona in oggetto sia stata dipendente “per almeno dodici mesi nell’arco dei quarantotto mesi antecedenti alla richiesta, di imprese, aventi sede in Italia, ovvero di società da queste partecipate, così come rivenienti dall’ultimo bilancio consolidato, operanti nei paesi extracomunitari, ai fini del loro impiego nelle sedi delle suddette imprese o società presenti nel territorio italiano”. Tradotto, l’emendamento Foti ha forzato le maglie strette della rete a strascico della Bossi-Fini, permettendo l’ingresso in Italia di lavoratori stranieri che siano stati dipendenti (con le specifiche temporali definite nel testo sopra) di società italiane con sedi in paesi extraeuropei.
Un passo non da nulla per il partito del blocco navale e del sequestro delle navi da salvataggio delle Ong. Tanto suona strano che un collega dem di Foti, membro della stessa commissione, ha confessato di essere rimasto confuso: «Pensavo che l’emendamento fosse stato presentato da un collega di centrosinistra – ha affermato Matteo Mauri del Pd – perché avevamo sollevato noi il tema della necessità di allargare le possibilità di ingresso legale in Italia. Vedo con piacere che il governo fa la faccia feroce, descrivendo l’immigrazione come una sostituzione etnica, poi agisce in modo incoerente ma giusto, e per noi va bene così».
Insomma, il Pd ha sposato, almeno su questo punto – e sarebbe stato strano il contrario – la linea del governo, come non ha tardato a far notare il capogruppo FdI in commissione Alessandro Urzì: «lo spirito positivo del sì delle opposizioni, che così facendo dicono sì alla linea del governo». Al netto della risposta piccata di Mauri il quale rivendica che la linea in questione è, piuttosto, dei dem e che sia stato il governo a posizionarcisi, va registrata la prima convergenza sull’interesse nazionale da parte di governo e tutte le opposizioni. Già, perché anche il Movimento 5 Stelle ha apposto la propria firma all’emendamento così come i parlamentari del terzo polo, Maria Elena Boschi su tutti, nonostante un primo intoppo a causa della volontà delle stesse opposizioni di forzare ancor di più le maglie della Bossi-Fini, per permettere un ingresso più agevole ai lavoratori stranieri – proposta bocciata.
Pnrr: i perché della modifica alla Bossi-Fini
Registrato il dato di improbabile, ma evidentemente possibile, vicinanza tra forze e posizioni solitamente agli antipodi, occorre capire perché il governo più a destra della storia repubblicana italiana – com’è stato più volte appellato – abbia voluto introdurre una misura simile. La prima risposta la dà il diretto promotore di questo allentamento delle briglie della Bossi-Fini: «la logica dell’emendamento – ha evidenziato Foti – è che se una azienda italiana ha bisogno di personale specializzato che ha formato all’estero, è giusto che possa farlo venire in Italia, specie ora che c’è bisogno per realizzare le opere del Pnrr».
La parola magica, una volta ancora, è proprio Pnrr. Se, infatti, l’obiettivo è quello di realizzare quanti più progetti possibile grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è altrettanto vero che per raggiungere tale obiettivo è necessaria manodopera a tutti i livelli, non solo quelli più alti e iper-specializzati. Il cuore della riforma, va sottolineato, sta proprio qui. Dal 2002, anno in cui entrò in vigore la Bossi-Fini – andando a modificare il testo unico sull’immigrazione del 1998 – la disciplina dell’immigrazione legale era regolata proprio dall’articolo 27 che prevedeva la possibilità d’ingresso nel paese esclusivamente per figure professionali dal profilo marcatamente specializzato: esempio ne sono i professori universitari, ma anche i ricercatori o gli ingegneri. L’emendamento Foti alla Bossi-Fini, quindi, mira a introdurre questa possibilità anche alle figure professionali con livelli di specializzazione ed expertise più bassi. L’unico parametro da rispettare, appunto, è l’essere stati dipendenti di società italiane che operino in paesi extracomunitari per almeno 12 mensilità in un arco temporale definito in 48 mesi.
Quindi, si nasce incendiari e si muore pompieri?
La risposta è, come al solito, nel mezzo. La Meloni di campagna elettorale si è dimostrata essere molto diversa dalla Meloni di governo, e così sta facendo il suo partito. Se da una parte, i richiami all’identità nazionale e al perseguimento della difesa della nazione continuano a non mancare nel vocabolario governista – a partire dal ministero del Made in Italy alla ricercata, e poco percorribile, via dell’autonomia alimentare – la realtà costringe a un’immersione nel pragmatismo delle richieste delle filiere produttive che in Italia, da anni, chiedono più manodopera, specializzata e non.
Una deroga, quindi, al refrain del “facciamo tutto in casa”, ma la meta è tutta italiana e tutta rivolta a fare il bene del sistema paese. Non è un caso, infatti, che siano arrivati i sì dalle sponde più insperate. Le differenze rimangono – ed è perfino positivo che sia così – e si vedono quotidianamente, basti pensare al dibattito sulla gestazione per altri (che ha spaccato nuovamente le opposizioni stesse). L’obiettivo, però, sembra non essere ancora abbastanza ambizioso e necessariamente non possono esserlo le misure, come questa dell’emendamento Foti, per raggiungerlo. Il piano del governo, infatti, è di raggiungere i 500mila ingressi in Italia entro il 2025, mentre le associazioni come Confindustria, ma anche gli stessi sindacati, vedono necessità per circa un milione di lavoratori in più nel prossimo triennio.
Incendiari o pompieri, in ultima analisi, saranno necessarie nuove braccia e nuove menti. L’emendamento alla Bossi-Fini di Tommaso Foti non può che essere la prima mossa sulla scacchiera in una partita complessa e più lunga. Non troppo lunga però, i fondi del Pnrr devono trovare progetti e gambe su cui cominciare a camminare.