Politica

Salva Casa, perché il volume di richieste è disomogeneo nel Paese

03
Marzo 2025
Di Giuliana Mastri

Il Decreto Salva Casa sblocca una serie di sanatorie edilizie ed stato varato in Cdm a maggio 2024, poi convertito in legge. Ma ad oggi il suo sfruttamento è ancora molto ridotto. A sentire i Comuni, le richieste sono molto più frequenti nelle grandi città, situazione tutta all’opposto per i piccoli centri.

A pesare su questa asimmetria ci sarebbero degli elementi di incertezza, che bloccano i professionisti e i funzionari comunali dall’approvare le pratiche. La questione non è stata sciolta neppure dall’emanazione delle Linee Guida nel Ministero delle Infrastrutture il 29 gennaio.

Facciamo degli esempi: se una villetta viene modificata nel 2017 e nel 2020, è possibile che si generi ambiguità al momento dell’attestazione semplificata dello stato legittimo, in quanto il tecnico attribuirà legittimità alla Scia del 2020, verificando o presumendo che la Scia precedente, del 2017, sia appropriata. Un passaggio che comunque addossa una notevole responsabilità.

Altro caso di possibile impasse laddove si voglia attestare una doppia conformità richiesta in alcuni casi dalla legislazione nazionale sia alle regole urbanistiche in essere quando un immobile è stato costruito che alle regole vigenti alla presentazione della domanda. Qualora però i regolamenti comunali siano stati varati decenni fa, l’operazione non è così intuitiva.

A problemi come questo si potrebbe ovviare con il ricorso alla Modulistica Unica, che però deve essere rivista. Il Ministero delle Infrastrutture e il Ministero della Pubblica Amministrazione ci stanno lavorando e contano di portare a breve la versione aggiornata in Conferenza Unificata.

Sul versante dei governi territoriali, fin ora sono solo otto le regioni che hanno recepito il decreto (tra cui Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Campania, Piemonte, Sardegna). Ma la legge sarda punta a escludere dai requisiti minimi le “minicase”.

La situazione presenta problemi più che evidenti, esponendo i professionisti ad errori (specie quando vada concessa più di una tolleranza o serva risalire alla data esatta di un intervento), o i tecnici comunali a dei via libera su casi non ancora ben delineati.