Politica
Riforma del catasto? Pericolosa e scollegata con la realtà
Di Daniele Capezzone
E’ mia antica convinzione che il “bipolarismo” vigente oggi in Italia non sia quello tra destra e sinistra, ma quello tra “collegati” e “scollegati” con la realtà.
Solo chi è drammaticamente scollegato dall’economia reale (oppure “collegato” con altro) può oggi proporre una revisione del catasto che rappresenterebbe inevitabilmente (diffidate delle formulette ingannevoli “mini” e “soft” premesse o aggiunte alla parola “riforma”) un’ulteriore mazzata.
Ripetiamolo ancora: la patrimoniale sul mattone già c’è, ed è devastante. Eppure non mancano alcuni “feticisti” della patrimoniale che vorrebbero colpire ancora più forte.
Gli immobili italiani sono già tassati, anzi stratassati: quando nel 2011 Mario Monti e il suo loden arrivarono a Palazzo Chigi, davanti alla missione di trovare subito denaro fresco, i tecnici commisero lo sproposito, avallato da un Parlamento che disse sì senza fiatare, di decidere una stangata fiscale senza precedenti, portando la tassazione immobiliare da 9 a 25 miliardi. Fu una botta terrificante: una sottrazione di liquidità che ha massacrato i consumi, una perdita di valore che ha deprezzato gli immobili, ha gettato acqua gelida sulle compravendite, o ha indotto a vere e proprie svendite. Morale: ovunque nel mondo il mercato immobiliare rifiorisce, tranne che da noi.
Da allora, di tutto quel mega-aggravio fiscale, sono stati tolti solo 4 miliardi (quelli dell’Imu prima casa: e, come si sa, neanche su tutte le prime abitazioni). Ma è rimasto tutto il resto: le seconde case sono aggredite da aliquote altissime. E uno scandalo silenzioso è quello degli immobili strumentali all’impresa, cioè negozi, botteghe artigiane, studi professionali e capannoni industriali, che ogni anno, solo di Imu-Tasi, subiscono una rapina di circa 7.7 miliardi.
Davanti a questa situazione, ci si attenderebbe una discussione su come ridurre i 21 miliardi di tassazione rimasta. E invece è partito un fuoco di fila (nazionale e internazionale, tecnico e “neutrale”, per usare un aggettivo di moda in questo periodo) che invoca la patrimoniale. Come se la patrimoniale non ci fosse già, e pesantissima!
Oppure – versione solo apparentemente meno insidiosa – si parla della mitica riforma del catasto, naturalmente – si dice – per garantire “equità”. Tutti sanno che operazioni di quel genere hanno un unico effetto: aumentare il gettito, e cioè rendere la tassazione ancora più feroce.
Troppi (gli “scollegati”) dimenticano che 7 famiglie su 10 hanno investito nel mattone. E non si capisce – ciò che è ancora più grave – com’è fatta l’Italia. In una nazione che ha come specificità una proprietà così diffusa, proprio il regime di tassazione sugli immobili fa la differenza. Chi non lo comprende è un costruttore di povertà, un architetto del declino.