Lo ammetto: parlo in clamoroso e patente conflitto di interessi, avendo pubblicato da circa un mese un piccolo volume (“Per una nuova destra”) che si propone, in modo costruttivo, di contribuire ad animare un dibattito di idee e proposte sul lato destro dello schieramento politico.
E tuttavia, assisto a una curiosa schizofrenia: grande attenzione e interesse da parte di lettori ed elettori di centrodestra, che sembrano desiderosi di un arricchimento dell’offerta politica e culturale a loro destinata; e invece grande cortesia formale, ma accompagnata da un sostanziale disinteresse per la questione, da parte dei professionisti della politica a destra (con rare e meritorie eccezioni, naturalmente).
In queste settimane, a Roma, se senti parlare due parlamentari, quasi certamente stanno discutendo dei voti per il Quirinale. E ci mancherebbe: lungi da me negare che il tema sia rilevante. Anzi: sarà, come tutti capiscono, un fattore decisivo rispetto ai prossimi sette anni. E però – senza demagogia – ci sarebbero anche altre questioni da affrontare: tasse e lavoro in testa, ovviamente.
Chi scrive conosce per esperienza la buona fatica della politica, e anche alcune ingiuste generalizzazioni nel mettere nel mirino il ceto parlamentare: a cui si sottrae costantemente influenza e autorevolezza, salvo però farne bersaglio e centro d’imputazione di qualunque colpa o nefandezza.
Dunque, mi guarderò bene dal partecipare a una scomposta lapidazione morale. Però, amici politici di centrodestra, non metteteci del vostro. Se date anche voi la sensazione di avere in testa solo l’agenda del palazzo, e di aver smarrito la consuetudine con l’agenda dei cittadini (spoiler: novembre sarà dal punto di vista fiscale un mese da incubo per i contribuenti italiani…), poi non avrete il diritto di sorprendervi se tanti elettori vi volteranno le spalle. Per votare a sinistra? Certamente no. Ma per starsene a casa, sfiduciati e distanti, questo sì.