Politica

Rientro a scuola, lo spettro della Dad torna sul tavolo del Governo

03
Gennaio 2022
Di Massimo Gentile

“Prioritario tutelare la didattica in presenza”, questo il mantra del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, allineato con la proposta delle Regioni sull’istituzione della Dad per i non vaccinati, in vista della ripresa della didattica tra il 7 e il 10 gennaio. Una proposta che non sta mancando di sollevare un acceso dibattito. Sarà il Cdm del 5 gennaio (ancora da ufficializzare, ndr) a stabilire la disciplina definitiva.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi

LA PROPOSTA
Gli istituti sono pronti a ripartire tra il 7 e il 10 gennaio, ma in alcuni territori la riapertura slitterà a causa dei contagi. La proposta avanzata dalle Regioni prevede che anche per le scuole elementari e la prima media – così come già succede per quelle successive – si possa introdurre, nel caso di due studenti risultati positivi in una classe, solo l’autosorveglianza di cinque giorni (con test a 10 giorni) per i ragazzi vaccinati (o guariti negli ultimi tre mesi) e la quarantena di 10 giorni con Dad (quest’ultimo caso laddove previsto) e test al termine dell’isolamento per i non vaccinati. Nelle scuole dell’infanzia resterebbe la quarantena di dieci giorni per tutti con tampone con un solo caso positivo. La proposta avrebbe trovato diversi punti di condivisione da parte del Governo.
Con tre contagi in una sola classe, sarebbe poi la Asl a valutare ulteriori provvedimenti come la sospensione dell’attività in presenza. Nelle scuole dell’infanzia resterebbe invece la quarantena di dieci giorni per tutti con tampone con un solo caso positivo. Valutazioni, queste ultime, che potrebbero approdare al Cdm del prossimo 5 gennaio. Il Presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga – che ha incontrato venerdì 31 dicembre Bianchi e Speranza – assicura: «Si tratta di ipotesi di intervento che, sulla falsariga di quanto è stato fatto con l’ultimo decreto, alleggeriscono anche il mondo della scuola sul fronte dei protocolli, delle quarantene e dei tamponi attualmente previsti. Sono proposte tecniche che – aggiunge – vogliamo approfondire e condividere con l’Esecutivo per proteggere gli ospedali gravati sempre più da ricoveri e permettere una ripresa dell’anno scolastico in presenza, considerando l’andamento della curva epidemica che appare trainato proprio da una progressione importante nella fascia che va da 6 a 13 anni».

IL DIBATTITO, LA FORMULA “DE LUCA”
Ma queste nuove restrizioni, con la campagna vaccinale 5-11 cominciata solo due settimane fa e ancora a rilento (senza alcuna dose ancora l’88,4%, secondo l’ultimo report), potrebbero non bastare. Il governatore campano Vincenzo De Luca valuta l’ipotesi di chiudere le scuole elementari in presenza per un mese – e quindi con lezioni in Dad – per procedere con le somministrazioni e consentirne la riapertura in sicurezza. «In questo momento – dice De Luca – il grosso del contagio del Covid riguarda le età di 5-11 anni e 0-16 anni. Sembrerebbe giusto usare un mese per ampliare la vaccinazione per i bimbi piccoli e riaprire gli istituti in sicurezza».

LA “VARIANTE” SARDA
L’esercito nelle scuole per sottoporre a tampone anti Covid tutti gli studenti della Sardegna di ogni ordine e grado prima del rientro a scuola e slittamento della data del ritorno fra i banchi al 10 gennaio per consentire il tracciamento e dunque la ripresa delle lezioni in sicurezza. Il coordinamento dei presidenti di consiglio di Circolo e d’Istituto della Sardegna dice la sua a pochi giorni dalla ripresa delle lezioni dopo la pausa natalizia, prevista per il 7 gennaio, e scende in campo per indicare la strada e scongiurare quanto auspicato dall’Ats (Azienda perla tutela della Salute), cioé tenere chiuse le scuole di ogni ordine e grado fino al 30 gennaio nel sud dell’isola, proposta considerata “ingiusta, inutile e dannosa. Secondo i dirigenti è indispensabile iniziare i test dai territori maggiormente esposti per proseguire il tracciamento su tutto il territorio regionale, utilizzando questi giorni per testare tutta la popolazione scolastica, con il supporto del Corpo di Sanità Militare. Tutto questo per scongiurare il rischio Dad, dannosa per bambini e ragazzi e dall’impatto a volte insostenibile sulle famiglie.

LA RETE DELLE SCUOLE IN PRESENZA
Secondo la Rete nazionale delle scuole in presenza, composta da genitori, insegnanti, associazioni e studenti, negli ultimi mesi non è stata introdotta dal Governo nessuna azione pubblica strutturale, nazionale o locale, in materia di trasporti pubblici, areazione o edilizia scolastica, per garantire la Scuola in presenza anche in zona rossa, come sarebbe invece avvenuto all’estero. “La Dad preventiva sta nuovamente facendo capolino attraverso uno dei suoi più zelanti apripista (il riferimento è alla proposta De Luca, ndr). Il risultato della totale inattività del Governo a favore della scuola in presenza – denunciano – emerge chiaramente anche dai dati che riguardano la salute psicofisica degli alunni: il tracollo nella preparazione degli studenti italiani dopo quasi due anni di didattica a distanza, soprattutto nelle scuole superiori italiane, lo smisurato aumento, per le fasce adolescenziali, di diagnosi di disturbi mentali e comportamentali, di prescrizioni di psicofarmaci e di atti di autolesionismo gravi o fatali (348 tentativi di suicidi e 413 suicidi – uno ogni 18 ore – secondo l’Osservatorio Suicidi Covid 19), sono segnali d’allarme dai quali la Rete, inascoltata, non ha distolto lo sguardo”. Gli studenti, i genitori e gli insegnanti aderenti alla Rete promettono battaglia per scongiurare il rischio Dad: “Se chiude la scuola, chiude il paese”.

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