Politica

Riapre il cantiere della legge elettorale

22
Settembre 2017
Di Redazione

 

Preso atto del rinvio dello ius soli e mentre le forze politiche cominciano ad affilare le armi in vista della consueta battaglia autunnale per la legge di Bilancio, in Parlamento è stato ufficialmente riaperto il cantiere della legge elettorale. In settimana il relatore Emanuele Fiano (Pd) ha infatti presentato il nuovo testo base della riforma dopo i tre fiaschi d’inizio 2017: Mattarellum, Rosatellum e modello tedesco, affossati uno dopo l’altro dai veti incrociati dei partiti. Nonostante il Premier Gentiloni avesse chiesto di non sovrapporne l’iter parlamentare all’approvazione della legge di Bilancio per scongiurare il rischio di ritorsioni fra le forze politiche, l’obiettivo è oggi di votare alla Camera il testo base della riforma fra il 9 e il 12 ottobre, una settimana prima che Palazzo Madama cominci l’esame della Finanziaria.

Il c.d. Rosatellum 2.0 prevede per la Camera dei Deputati l’adozione di un sistema elettorale che distribuisce i seggi secondo il metodo maggioritario (37%) e proporzionale (63%), costituendo un’evoluzione della prima versione di riforma naufragata in vista della pausa estiva: introduce le coalizioni, prevede listini corti per il proporzionale (da 2 a 4 candidati) e fissa la soglia di sbarramento al 3% per la lista e al 10% per la coalizione. È un sistema che premia i partiti che si muovono in coalizioni e penalizza sia i grandi che corrono da soli, che le piccole formazioni qualora non riuscissero a contrarre alleanze. Sulla carta, il Rosatellum 2.0 può contare sul sostegno di Partito Democratico, Area Popolare, Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia e piace ai leader di partito perché lascia intatta la loro influenza sulla scelta delle candidature per l’uninominale e il proporzionale.

Contro la riforma si schierano M5s e Mdp, con i cinquestelle che faticherebbero a trovare candidati competitivi per i collegi uninominali e la sinistra di Bersani e D’Alema a temere il riavvicinamento del Campo progressista di Pisapia al Pd renziano. La vera incognita restano però i voti segreti che si stagliano lungo il percorso di approvazione della riforma: il precedente di giugno – quando le diffidenze reciproche fecero saltare l’accordo a quattro fra democratici, grillini, forzisti e Carroccio – resta un monito da non sottovalutare, mentre il potere di ridisegnare la composizione dei gruppi parlamentari che verrebbe intestato ai capi di partito può convincere più di un parlamentare a operare segretamente contro la legge.

Ecco perché nonostante gli auspici e l’ambizione dei partiti, l’entrata in vigore della nuova legge elettorale non è affatto scontata. E con il fine legislatura e le elezioni di primavera ormai alle porte, difficilmente ci saranno altre occasioni per uniformare i due sistemi elettorali vigenti per Camera e Senato. Il rischio ancora una volta è di tornare al voto con un sistema profondamente disfunzionale che non mancherà di aprire l’ennesima travagliata stagione nella vita politica del Paese. 

 

Alberto De Sanctis