Politica
Referendum, intervista a Iervolino (Radicali Italiani): «Amato fuori dal mondo»
Di Andrea Maccagno
«La Corte Costituzionale ha fatto politica. Su eutanasia ha voluto valutare la normativa di risulta, discostandosi da quanto riportato dall’articolo 75 della Costituzione. La bocciatura serviva per far saltare gli altri quorum». È quanto afferma Massimiliano Iervolino, Segretario di Radicali Italiani, intervistato da The Watcher Post. «Sui referendum ammessi faremo campagna per il sì e invito a partecipare numerosi al nostro Congresso del prossimo weekend».
La Corte ha dichiarato inammissibili i referendum eutanasia, cannabis e responsabilità civile dei magistrati: sorpreso?
«No, purtroppo. Come Radicali siamo abituati ai giudizi della Corte costituzionale che, dal 1978 in poi, è diventata anti costituzionale poiché va in direzione opposta a quanto riportato dall’articolo 75 secondo comma della Costituzione, che stabilisce che non possono essere sottoposte a referendum solo le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali».
Come giudica la conferenza stampa del presidente Amato e le accuse ai comitati promotori?
«Gravi, Amato chiaramente fa politica. Da una parte commenta a reti unificate delle decisioni le cui motivazioni ancora non sono state depositate, poi attacca frontalmente i comitati promotori scendendo nell’agone politico. Un presidente della Consulta che commenta sia la modalità di raccolta firme che gli slogan che si sono scelti è veramente fuori dal mondo».
Su eutanasia Amato ha parlato di quesito che – ove ammissibile – avrebbe consentito di uccidere il consenziente pur in stato alterato: un vostro abbaglio?
«No, uccidere un amico ubriaco (questo è stato l’esempio fornito da Amato) rimane un omicidio e come tale viene punito. La Corte costituzionale ha voluto valutare la normativa di risulta, ovvero gli eventuali esiti futuri dell’abrogazione dell’articolo 579 del codice penale. Ma i referendum sono fatti per essere votati, in caso contrario è una sconfitta per il milione e 200 mila firmatari ma anche per il Paese intero e l’espressione democratica. In seguito, se davvero si fosse palesato il rischio anticipato dalla Consulta, ci sarebbero stati tutti gli strumenti per rimodulare la norma».
Su cannabis Amato ha accusato i promotori di voler abrogare una tabella che racchiudeva al proprio interno anche altre droghe, violando trattati internazionali. Voi invece contestate tale lettura: perché?
«In molti Paesi la cannabis è legale senza aver violato i trattati internazionali. Evidentemente non è questo un punto dirimente per l’abrogazione. Sì, è vero che la cannabis nella tabella era accostata ad altre droghe ma è anche l’unica – a differenza dell’oppio e della cocaina – che a partire dalla pianta non deve subire un elaborata raffinazione per essere consumata. Depenalizzare la sua coltivazione non avrebbe potuto in nessun modo facilitare una fantomatica semina casalinga di papaveri per produrre coca e oppio».
Aver sacrificato oltre 1,8 milioni di firme può essere un “boomerang democratico” vista la scarsa fiducia degli italiani nelle istituzioni?
«Certo, il potere continua a non comprendere che maggiore diventa la distanza tra cittadini e palazzo più saranno gravi le conseguenze. L’astensionismo è di gran lunga il primo partito in Italia. Con il covid la situazione è peggiorata. Noi radicali abbiamo cercato di far partecipare alla vita democratica del Paese i cittadini italiani, e lo abbiamo fatto durante una pandemia. È stata la nostra risposta democratica all’immobilismo del Parlamento, alle restrizioni, alle continue proroghe dello stato d’emergenza e allo disfacimento di quello che rimane dei partiti. La nostra è stata una risposta non violenta, partecipativa, di mobilitazione su argomenti che sono maggioranza nel Paese».
Facciamo dietrologia: la Corte ha bocciato eutanasia e cannabis per far saltare il quorum sui rimanenti quesiti in tema di giustizia?
«Ovviamente sì, non è la prima volta che accade. Perciò continuiamo a dire che la Corte costituzionale fa politica».
Qual è la posizione di Radicali Italiani sui cinque quesiti ritenuti ammissibili?
«Sono i nostri temi, poco importa che li abbia promossi la Lega. L’importante è il risultato, per troppi anni sulla Giustizia non si è mosso nulla. Come diceva Marco Pannella, è la più grande questione sociale. Quindi faremo campagna per il sì».
Vi siete spesi per dare agli italiani la “seconda scheda”, quella referendaria: lo strumento è ancora praticabile?
«Non facciamoci prendere dalla depressione, abbiamo fatto grossi passi in avanti sulla raccolta firme, non dimentichiamo che l’ultima volta che siamo riusciti a depositare le 500.000 firme necessarie per indire un referendum correva l’anno 2004, erano i tempi della fecondazione assistita: diciotto anni fa. A ciò si aggiunga che grazie al lavoro di Mario Staderini con la denuncia all’Onu e grazie a Riccardo Magi siamo arrivati alla firma digitale per i referendum e le iniziative popolari. Due grandi risultati. Certo rimane lo scoglio politico della Corte costituzionale così come quello dell’informazione e del quorum. Ma non molliamo di un centimetro, la democrazia ha bisogno dei referendum. Non c’è dubbio».
Radicali Italiani andrà a congresso il prossimo weekend. Come rilancerete le vostre storiche battaglie di libertà civili?
«Faremo una serie riflessione su quello che è successo, la fantasia ai Radicali non è mai mancata ci inventeremo qualcosa, quindi l’invito è partecipare e a iscriversi. Ora più che mai abbiamo bisogno di rilanciare la battaglia per la libertà».