Politica
Referendum 2020, Morelli (Comitato del Sì): “La scelta è tra il dinamismo del sì e lo statico conservatorismo del no”
Di Piero Tatafiore
“Diciamo sì al taglio dei parlamentari non tanto per la riduzione dei costi, ma per garantire un funzionamento migliore del Parlamento e per offrire ai cittadini un dibattito più comprensibile”. Così si può sintetizzare il sì al quesito referendario di Raffaello Morelli, membro della Presidenza del Comitato del Sì delle Libertà, che aggiunge: “la scelta è tra il dinamismo del sì e lo statico conservatorismo del no”.
Dott. Morelli, perché è necessaria una riduzione del numero dei parlamentari? Può questa incidere positivamente sul procedimento legislativo? Se sì, in che modo?
“Il primo pregio della riforma sottoposta a referendum è lapalissiano: ridurre il numero degli eletti. In un quarantennio – per giunta dopo l’istituzione dei consiglieri regionali e dei parlamentari europei – le Camere hanno votato questo principio 13 volte (dicasi 13) senza riuscire mai a realizzarlo. E, seppur si dicano cose manipolate, l’indiscutibile realtà è che oggi gli elettori italiani eleggono più parlamentari di qualsiasi altro paese salvo la Spagna: oggi c’è un parlamentare eletto ogni 63.900 abitanti; domani ce ne sarà uno ogni 100.666 (sempre più che in Germania, Francia o Regno Unito). È uno scandalo democratico diffondere dati non corrispondenti al vero. Chi lo fa parte dal falso presupposto che in Italia non vi sia il bicameralismo paritario e – di conseguenza – si comparano i numeri di una Camera elettiva in altri paesi (privi di bicameralismo paritario) con quelli di un solo ramo italiano, dimenticandosi degli eletti dell’altro ramo che hanno pari grado. Ridurre il numero degli eletti migliora la funzionalità dei lavori e delle decisioni in Aula, li rende più comprensibili ai cittadini che osservano dall’esterno e infine spinge ad un dibattito elettorale molto più attento alle idee e ai conseguenti progetti rispetto alle usuali diatribe di potere. Insomma, ridurre il numero degli eletti rafforza non poco la qualità della rappresentanza”.
Uno dei motivi per il quale il vostro comitato spinge a votare sì è la riduzione dei costi. A quanto ammontano? Come rispondete a chi sostiene che questo risparmio sia troppo contenuto per essere visto come un beneficio?
“Mi permetta di dirle che il motivo della riduzione non sta nel taglio dei costi (che pure ci sarà, anche se piccolo e destinato a crescere nel tempo). La vera ragione è che il parlamento italiano è pletorico e che la riduzione del numero degli eletti spinge ad un funzionamento migliore del sistema, più comprensibile dai cittadini”.
È vero che determinati territori rischieranno di trovare meno rappresentanza in Parlamento? Come cambia il rapporto eletto-elettore?
“Tutti i territori avranno meno eletti (e in ogni caso almeno tre senatori). Ma proprio per questo crescerà il dibattito elettorale su idee e progetti e quindi ogni eletto peserà di più. Non solo, i cittadini potranno seguire meglio il confronto e i comportamenti in Aula, migliorando la complessiva qualità della procedura rappresentativa. Questo è quello che conta: la qualità del confronto, non la quantità degli eletti”.
La riduzione del numero dei parlamentari migliorerebbe la democraticità del sistema anche in presenza di una legge semi maggioritaria come quella oggi in vigore?
“Ridurre il numero dei parlamentari migliora il sistema democratico rappresentativo per le ragioni che ho già detto. Quale sia la legge elettorale è una questione del tutto diversa che potrà essere esaminata una volta ridotto il numero dei parlamentari e che lo sarà in una logica e per esigenze del tutto differenti. Ad esempio, c’è chi vorrebbe ridurre il numero dei delegati delle Regioni per l’elezione del Presidente della Repubblica. Ma questo verrebbe in contraddizione con l’esigenza di rafforzare il suo ruolo di rappresentante della “unità nazionale”, cosa per la quale è consigliabile semmai l’aumento della platea degli elettori”.
In definitiva, quali sono schematicamente i vostri motivi per cui dire Sì alla Riforma?
“Il nocciolo politico culturale del referendum sta nella differenza tra lo statico conservatorismo del NO (per cui nulla va cambiato al di là delle chiacchere, accompagnate dalle visioni utopiche che non hanno mai seguito), e dall’altro lato lo sforzo dinamico del SI’ di innescare un po’ alla volta mutamenti concreti, con l’obiettivo di far funzionare meglio il meccanismo rappresentativo. Quest’ultimo, però, necessita di un rinnovamento periodico per mantenere la funzione di partecipazione pubblica dei cittadini in carne ed ossa, che è la maggior novità trovata negli ultimi quattro secoli”.
Photo Credits: Comitato del Sì delle Libertà