Bastano due date per capire che qualcosa non sta andando per il verso giusto: le elezioni europee si terranno il 9 giugno, tra 111 lunghissimi giorni. E invece le invettive più grevi e indifendibili del governatore campano Vincenzo De Luca sono state pronunciate già il 16 febbraio scorso.
La domanda nasce spontanea: se a metà febbraio siamo già a “str…”, cosa dobbiamo attenderci a metà marzo, a metà aprile, a metà maggio? Cosa dovrà accadere nell’ultima settimana della campagna elettorale a quel punto?
Sorriso amaro a parte, il punto è il dosaggio della violenza, delle munizioni, del fuoco in questa interminabile (e permanente) campagna elettorale a cui si è ridotta la vita politica (non solo italiana, a onor del vero).
Intendiamoci: De Luca è uno che le parole le sa scegliere, e il suo non è certo un colpo di testa, ma un calcolo ben preciso. Vede la sua segretaria politicamente fragile; sa invece di essere forte lui, e anche dotato di una nuova fama “pop”, anzi superpop; decide che la linea dello scontro frontale è quella che può permettergli di saldarsi anche con i grillini (a cui negli anni scorsi aveva indirizzato epiteti irriferibili). E dunque che fa? Spara, tira forte, sceglie la piazzata per conquistare centralità e leadership.
Può anche darsi che la scommessa gli riesca, ma (per chi conosce la politica e le istituzioni come un vecchio navigatore quale De Luca stesso è) rimane la domanda di fondo: e poi che fai? Una volta passato il Rubicone dell’insulto diretto e quasi dello scontro fisico con un (civilissimo ed esemplare) funzionario delle forze dell’ordine, come la alzi ancora l’asticella della provocazione? Che si fa, si avallano manifestazioni di assedio (tipo quelle davanti alle sedi Rai)? Si cerca il contatto fisico, sapendo bene che tutto – a un certo punto – può diventare ingestibile?
Anche gli stregoni più furbi farebbero bene a riflettere e a decelerare rispetto agli esperimenti più spericolati. Qualcosa potrebbe andar storto ben prima del previsto.