Politica
Punt e Mes: la fine ingloriosa del Giurì d’onore sulla contesa Conte-Meloni
Di Paolo Bozzacchi
Poco rumore per nulla. Potrebbe riassumersi così il lavoro del Gran Giurì d’onore, adìto da Giuseppe Conte per smentire le accuse ricevute dalla Premier Giorgia Meloni relative all’approvazione nel 2021 della riforma del Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità. Dopo quasi un mese di duro lavoro il Giurì presieduto da Giorgio Mulè (Forza Italia), è stato sciolto dal Presidente della Camera, Lorenzo Fontana, su richiesta dello stesso Conte che ha ritirato la sua istanza, subito dopo che i due membri delle opposizioni, Stefano Vaccari del Pd e Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi e Sinistra, si erano dimessi all’inizio dei lavori che avrebbero portato alla relazione finale del Giurì d’onore.
Motivi di dimissioni e scioglimento
Motivo delle dimissioni la “venuta meno imparzialità della commissione”. Secondo Zaratti “la ricostruzione documentale non puo’ essere oggetto di interpretazioni di parte”. “Nella relazione che ci è stata sottoposta dal presidente Mulè”, ha fatto sapere Vaccari, “sono prevalse alcune motivazioni, ancorché significative, di ordine politico e interpretative che contrastano con la realtà dei fatti accertati e rendono evidente la volontà della maggioranza di avvalorare la versione accusatoria della Presidente Meloni”. “Mai e in nessuna occasione”, ha replicato Mulé, “fin dalla prima seduta del 10 gennaio e per le successive 6, gli onorevoli Vaccari e Zaratti avevano manifestato alcuna lagnanza, sollevato alcuna protesta, presentato alcun reclamo, palesato rimostranze rispetto all’organizzazione e all’evolversi dei lavori. Al contrario avevano sempre manifestato spirito collaborativo e istituzionale nell’assolvimento dell’incarico ricevuto, e la Commissione sta ancora lavorando alla relazione conclusiva. E’ privo di ogni fondamento il passaggio in cui si dice che eravamo pronti a dare ragione alla Meloni. La maggioranza non ha concluso nulla perché nulla era stato ancora deciso. E’ un fatto che l’unico voto registrato fino a ieri era l’unanimità. Non ho mai negato una relazione di minoranza”.
Considerazioni
In politica il confine tra sincerità e onorabilità è molto labile. L’illusione comune a tutte le forze politiche è che il consenso aumenti molto quando la corazza a maglie sincerità-onorabilità sia ben lucida. Perciò si lavora molto di olio di gomito per tenerla lucida, poi molto spesso sono fattori esogeni ed incontrollabili a spostare davvero i voti. Giuseppe Conte aveva colto un’opportunità mentre stava lucidando la sua corazza, provando nel frattempo a screditare la sincerità di Giorgia Meloni. A inizio dicembre si era ribellato alla Premier che l’aveva accusato di aver fatto approvare nel 2021 la riforma del MES da Presidente del Consiglio dimissionario, “contro il parere del Parlamento” e “senza dirlo agli Italiani”. Perciò il leader del M5S è andato fino in fondo: ha adito il Gran Giurì d’Onore (nomen omen) del Parlamento contro “le menzogne denigratorie della premier e deputata”. Una singolar tenzone con in ballo un rotondo “avevo ragione io” o un sonoro “pretendo delle scuse”. Ma in politica le sorprese sono sempre dietro l’angolo. E la vicenda dello scioglimento improvviso ha il sapore della “mala parata” intuita da Conte e dalle opposizioni sull’esito che la vicenda avrebbe avuto. Sarebbe stato un clamoroso autogol per sé e un assist al bacio alla Premier nella campagna elettorale per le elezioni europee alle porte. Giurì sciolto, salvataggio sulla linea, autogol evitato in extremis.