Politica

Price cap, perché quella di Draghi e Cingolani in Consiglio EU è un’importante vittoria

06
Giugno 2022
Di Luca Grieco

Se leggessimo gli ultimi due anni come fossero un incontro di pugilato, l’accoppiata pandemia-guerra potrebbe tranquillamente paragonarsi ad un uno-due dritto al volto. In effetti, l’Europa è stata messa all’angolo come se si stesse scontrando con i pugni di George Foreman o di Muhammad Ali. Non si è fatto in tempo a venir fuori dalla pandemia globale (le cui conseguenze ancora paghiamo e pagheremo) che il mondo si è dovuto confrontare con l’invasione russa ai danni dell’Ucraina. In termini assoluti è la popolazione ucraina a subire le conseguenze più gravi ma l’eco del conflitto è tutt’altro che debole nel resto del mondo e, in particolare, in Europa. E l’ultimo Consiglio europeo se n’è dovuto occupare in modo approfondito, partendo dal tema de price cap.

Il price cap è possibile

Per questo motivo, le conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles dello scorso 30 maggio sono di particolare interesse. Dall’incontro tra i 27 capi di Stato Ue, il premier Draghi è uscito infatti sorridente (in senso figurato) perché ha potuto rilevare un atteggiamento favorevole sull’ipotesi di un price cap relativo al gas. Non che fosse l’unico tema in discussione ma quello del tetto al prezzo del gas è un argomento che sta a cuore tanto a Draghi quanto al ministro Cingolani, che non ha mai fatto mistero di ritenerlo «un’arma di dissuasione al rialzo dei prezzi». 

Insomma, un Consiglio europeo «soddisfacente», come l’ha definito il Premier. «Siamo stati accontentati sul price cap», ha poi commentato Draghi che – sempre di concerto con il capo del MiTE – ha lavorato per settimane per convincere i partner europei a prendere in considerazione l’ipotesi del price cap. In effetti, quella sul tetto era una battaglia che Cingolani conduceva da tempo. Ad aprile dichiarava a gran voce la necessità di questa misura a patto che, però, fosse comune, europea, poiché «se mettessimo un price cap nazionale semplicemente gli esportatori direbbero “non vendiamo in Italia, non ci conviene”». Insomma, una vittoria per l’Italia, anche se adesso sarà necessario studiarne la fattibilità, anche nell’ottica del prossimo summit, quello del 23 giugno in Germania. 

I numeri dell’embargo

C’è poi la questione dell’embargo al petrolio russo. L’obiettivo, in tal senso, è l’eliminazione – entro la fine del 2022 – di circa il 90% delle importazioni di prodotti petroliferi russi trasportati via mare entro la fine del 2022. Il blocco non si applica agli oleodotti, per salvaguardare Paesi quali Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia (privi di sbocco sul mare). L’esenzione, fortemente voluta da Viktor Orbán, non diminuisce comunque la portata di una decisione storica poiché il blocco interessa circa 1.4 milioni di barili di greggio al giorno. Sono invece più o meno 200 mila quelli che continueranno a rifornire Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca attraverso l’oleodotto Druzhba.

Sebbene l’esenzione sia temporanea, è molto probabile – e lo si intuisce anche dalle parole della Presidente Von der Leyen – che verrà dato il tempo all’Ungheria di trovarsi fonti di importazioni alternative, riuscendo (idealmente) ad affrancarsi prima o poi dalla dipendenza nei confronti della Russia. I Paesi europei, comunque, hanno incluso nell’accordo con Orbán anche una clausola di solidarietà ove mai Mosca dovesse decidere di tagliare le forniture.

La direzione, all’alba del sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca, è chiara: assottigliare il più possibile il legame tra Russia ed Europa per quanto riguarda l’energia, legame di cui si era già intuita la pericolosità durante la “crisi del gas” del 2009, quando gli approvvigionamenti di gas verso l’Ue attraverso l’Ucraina vennero bloccati a seguito della controversia fra Mosca e Kiev sulle tariffe di transito. Il blocco durò appena due settimane ma tanto bastò a far suonare l’allarme circa la sicurezza energetica europea. Tredici anni dopo, i nodi sono venuti al pettine. E il sentore è che, stavolta, non si tornerà più indietro.