Politica
Poker tra i partiti: poste in gioco un Capo dello Stato di garanzia e la governabilità
Di Paolo Bozzacchi
Nessuno scopre le carte. Perché l’unico asso nel mazzo per il Quirinale ha ancora l’effigie di Mario Draghi, e l’ascesa al Colle del Premier (fatto mai avvenuto prima nella giovane storia della Repubblica italiana) preoccupa come è noto più di qualcuno. A cominciare dai mercati, come scritto da Goldman Sachs (qui). Il nome di Draghi pare il più adatto al ruolo, e il popolo di Twitter lo conferma (qui). Ma che fine farebbe nel caso la governabilità del Paese?
I segnali in questo senso non sono buoni, perché tutte e 5 le principali forze politiche dell’arco parlamentare stanno dimostrando una compattezza relativa, chi per cause endogene e chi per esogene. La partita del Quirinale sembra ogni giorno di più un giro di poker dove si danno le carte, ma nessuno punta qualcosa. Lo stallo innervosisce. E soprattutto non fa ben sperare nell’ipotesi dovesse rendersi necessaria la formazione di un nuovo Esecutivo acefalo di Draghi. Perché le coalizioni di centrodestra e centrosinistra stanno rispettivamente tentando di rianimarsi, ma per motivi diversi non avrebbero vita autonoma facile alla guida del Paese.
Il giro giusto per movimentare la partita di poker sarà domani, con Silvio Berlusconi che ospiterà nella sua casa di Roma un vertice del centrodestra cui parteciperanno Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Da quel momento la febbre non potrà che salire e la partita animarsi. Ad ogni modo la posta è stata già alzata in anticipo dal Cavaliere, che ha annunciato ieri che Forza Italia con Draghi al Colle non appoggerebbe nessun altro governo.
“Forza Italia non si sente vincolata a sostenere alcun governo senza l’attuale premier e, nel caso, uscirebbe dalla maggioranza”, ha rilanciato l’ex Premier. Berlusconi sta dialogando con tutti, Italia Viva di Matteo Renzi compresa, come fatto notare da Antonio Tajani: “Non credo ci siano pregiudizi negativi da parte di Renzi nei confronti di Berlusconi”. Il che significa che il suo nome per il Quirinale non è bruciato. Anzi.
Intanto Giuseppe Conte prende tempo, e arriverà al vertice (in video call) di stasera alle 20 con tutti i parlamentari del M5S dopo aver riunito il gruppo alla Camera questa mattina. La ragione del doppio appuntamento anziché singolo è la stessa che lo tiene impegnato da mesi. Serrare i ranghi e dimostrare compattezza di partito. In vista poi di un incontro giallorosso molto delicato per il Movimento e decisivo per il centrosinistra con Enrico Letta e Roberto Speranza, fissato per venerdì.
Dal Pd bocche cucite dopo la Segreteria di ieri, con il diktat di Enrico Letta di non fare nomi per non bruciarli. Evidentemente scotta ancora l’aver proposto a gran voce un Mattarella-bis per vederselo poi bocciare dallo stesso Presidente a stretto giro.
L’aria che si respira attorno al tavolo da gioco ha la finezza di quella della quiete prima della tempesta. Se sarà showdown che sia per il bene del Paese. Che ha bisogno sia di un Capo dello Stato che incarni la figura di garante sia di un governo che viaggi spedito fuori dall’emergenza sanitaria e accompagni degnamente la ripresa economica (e sociale).