Politica

Poche risorse e tante preoccupazioni

02
Settembre 2023
Di Beatrice Telesio di Toritto

Evitare sprechi e inefficienze, come nel caso del “Superbonus 110%”, che ha prodotto «la più grande truffa ai danni dello Stato». Sarebbero queste secondo il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni le priorità del governo per delineare le risorse su cui costruire la prossima manovra di bilancio. Nella prima riunione del Consiglio dei Ministri dopo la pausa estiva la premier ha voluto sottolineare che le risorse a disposizione sono «poche». Quante, nei fatti, è ancora da capire. Come poi ha precisato anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, molto dipenderà anche dall’andamento del negoziato a livello europeo sul nuovo Patto di stabilità. Per fare cassa, ha aggiunto inoltre, non è esclusa la strada delle privatizzazioni, sollecitata anche da Forza Italia, perché «potrebbero esserci partecipazioni da cui è necessario disinvestire». In ogni caso, la Legge di Bilancio entrerà nel vivo dopo la riunione di maggioranza in programma per mercoledì 6 settembre: per ora la Meloni si è limitata a chiarire le direttive da seguire e i paletti da porsi, il tutto all’insegna della prudenza.

Se a livello domestico le acque sembrano rimanere ancora calme dopo un’estate non particolarmente  movimentata, il focus dell’analisi settimanale si concentra sull’estero, dove invece negli ultimi mesi il fenomeno del golpe si è reso sempre più frequente. Un numero abbastanza significativo tale da far quasi immaginare un domino Wagner nell’Africa francofona: dopo il fallito “putsch” in Russia dei mercenari di Evgheny Prigozhin il 24 e 25 giugno, il colpo di Stato in Niger il 25 luglio della guardia presidenziale contro il presidente Mohamed Bazoum, filo-occidentale, e pochi giorni fa, a una settimana dalla morte di Prigozhin, il golpe in Gabon contro il presidente Ali Bongo Ondimba, appoggiato da Parigi. In quest’ultimo caso, in particolare, il colpo di Stato è avvenuto nel giro di poche ore dopo l’annuncio da parte della Commissione elettorale della rielezione di Ali Bongo, al suo terzo mandato. Di risposta, la guardia pretoriana ha annullato il voto, sciolto tutte le istituzioni della Repubblica, imposto il coprifuoco e chiuso le frontiere fino a nuovo ordine.

Immediata la reazione internazionale con il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che ha invitato tutti i soggetti coinvolti nel colpo di stato a esercitare «moderazione, impegnarsi nei colloqui, garantire lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani» ed espresso ferma condanna per l’intervento della leadership militare nel paese. Forte anche la posizione della Francia che ha condannato a più riprese l’accaduto e raccomandato i propri connazionali nel paese africano di “non uscire di casa” tramite le parole della premier Elisabeth Borne. Il tutto mentre Marine Le Pen continua a sollecitare il ministro degli Esteri Catherine Colonna a fornire chiarimenti sulla dottrina della Francia nelle relazioni con il Gabon e sulla coerenza della politica francese in Africa: «Di fronte all’incompetenza che caratterizza la vostra politica africana, può precisare qual è la dottrina sulle relazioni con questo Paese storicamente amico?».

Come per il Niger, la Francia ha infatti avuto un peso importante nell’economia del paese africano. Ma se a Niamey in Niger il putsch era stato salutato da una parte della popolazione sventolando bandiere russe e inneggiando a Vladimir Putin, a Libreville in Gabon la situazione appare molto diversa. Pascal Boniface, politologo, fondatore-direttore dell’Iris, Istituto francese di relazioni internazionali e strategiche, dice a Tullio Giannotti, corrispondente dell’ANSA da Parigi: «C’è un filo rosso che lega i cinque colpi di Stato degli ultimi mesi in Africa Occidentale – Mali, Guinea, Burkina Faso, Ciad e Niger-. Ma ciò che sta accadendo in Gabon è diverso dai precedenti casi: più che all’esplosione di ostilità anti-francese, assistiamo alla rivolta contro un regime corrotto che restava al potere da oltre 50 anni». Nel Niger in crisi di sicurezza, con l’ombra della Wagner dietro i militari golpisti, emerge un riflesso anti-francese e anti-occidentale, con l’espulsione dell’ambasciatore di Parigi. Nel Gabon il contesto internazionale è meno chiaro, oltretutto che nel tempo il sostegno di Parigi ai Bongo si è notevolmente stemperato.  

Il quadro in generale è abbastanza complicato, il continente africano è centrale anche nelle strategie di politica estera del governo italiano, che osserva la situazione in attesa di comprendere quali conseguenze possano ripercuotersi sui nostri interessi nazionali, dal fronte economico a quello della sicurezza. 

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