Politica
Pd e Amministrative: non tutte le primarie sono uguali
Di Ettore Maria Colombo
Città che vai, primarie che trovi. Il quadro.
A Bologna ci sarà la “pre-registrazione”, una di quelle cose che si fa, con malizia – chi si ricorda il ‘regolamento Stumpo’ alle primarie di coalizione del 2011 per impedire l’ascesa di Matteo Renzi e far vincere, come poi vinse realmente, Bersani? – quando vuoi bloccare un candidato sgradito. In questo caso si tratta della renziana Isabella Conti sindaca di San Lazzaro, che si candida contro il candidato della nomenklatura (e Letta), Lepore.
A Torino saranno “apertissime”, promette il Pd, anche perché la situazione è così ingarbugliata, e i candidati sono talmente tanti, che proprio non si poteva fare diversamente. A Roma si faranno – forse, ancora non è detta l’ultima parola, ecco – ma solo se Nicola Zingaretti dovesse davvero decidere di non essere della partita, ma anche qui potrebbero essere un pochino limitate e limitanti e, comunque, utili solo a consacrare il candidato ‘pre-scelto’ dal Nazareno, Gualtieri o Zingaretti.
A Napoli, di farle, non se ne parla proprio. Troppi i precedenti nefasti, brogli e denunce annesse che si rincorrono da anni e troppo incerto ancora il quadro e i candidati: che farà, alla fine, Roberto Fico? è la domanda che tutti si fanno. A Trieste, la sola città ‘sicura’, si candida il lettiano Francesco Russo, e dunque via così, non si fanno. Come pure non si faranno le primarie a Milano, dove si ricandida il sindaco uscente, Beppe Sala, che però è uscito dal Pd per ‘entrare’ nei Verdi – che dice di voler ‘rifondare’ – e che rifiuta ogni tipo di alleanza, organica o meno, con i 5Stelle.
Città che vai, primarie che trovi. Il Pd di Enrico Letta è alle prese con un ‘guazzabuglio’, in vista delle prossime elezioni amministrative, che non accenna a risolversi, anzi: peggiora di ora in ora. Ecco perché anche lo strumento ‘salomonico’ che di solito i dem usano per risolvere le controversie, cioè le primarie, sarà usato a macchia di leopardo. Ecco il quadro città per città, almeno le maggiori.
Il ‘caso Bologna’. Ci sarà la ‘pre-registrazione’
Le primarie sono già una guerra che parte dalle regole. La notizia arriva dal Resto del Carlino. Un articolo a firma Rosalba Carbutti svela l’oggetto del contendere. Oggi, al tavolo di coalizione – convocato stasera on-line dal segretario provinciale del Pd Luigi Tosiani – perché a Bologna le primarie sono, appunto, di coalizione, e non di partito, voleranno gli stracci. E c’è già chi parla di una telefonata di fuoco tra il segretario dem e la candidata lanciata da Matteo Renzi, la sindaca di San Lazzaro, cittadina alle porte di Bologna, Isabella Conti e Tosiani.
Il Nazareno ha ultimato la bozza di regole che servirà da cornice ’nazionale’, per le primarie, ma ogni città la adotterà a modo suo. A far discutere è la pre-registrazione che, da quanto trapela – scrive il Resto del Carlino – sarà online e fatta con due modalità: autenticazione via Spid, o con un altro documento d’identità. Ma anche la modalità di voto, stante il Covid, sarà mista: un po’ online, un po’ in presenza. E chi voterà nei seggi fisici lo farà via computer in modo da evitare un doppio voto e, dunque, possibili brogli. Da decidere resta quanti saranno i seggi fisici. Sarà Bologna a definirlo, ma l’indicazione del Nazareno è di far votare ’in presenza’ solo gli over 75. Morale, oggi i partiti si divideranno (a seconda del candidato che appoggiano) sulle regole. La sfilza delle forze al tavolo è lunga (Pd, M5s, Italia Viva, Verdi, Volt, Socialisti, Repubblicani, Centro democratico, +Europa, lista ‘Coraggiosa’, Coalizione civica, Articolo 1, Possibile) e la riunione si annuncia infuocata. Il candidato della nomenklatura, l’assessore uscente della giunta Merola, Matteo Lepore, ostenta fair play: “Stiamo uniti e condividere idee e regole”, ma l’altro giorno ha fatto capire che la pre-registrazione online è nei fatti se si vota sul web.
La polemica infuocata tra la Conti e Lepore
Contraria, ovviamente, la Conti che si sente ‘penalizzata’ proprio come Renzi nel 2012. Sulla stessa linea anche Alberto Aitini – che doveva sfidare Lepore come campione dell’area degli ex renziani, Base riformista, ma che da quando è scesa in campo Conti ha creato un ticket con lei – il quale fa sapere che “se per autenticarsi servirà lo Spid, significa che la Federazione di Bologna ha paura delle primarie”. Tema rilanciato anche da deputati dem come l’ulivista Serse Soverini.
Ma tra i motivi del contendere c’è anche la centralità della piattaforma online, il cui server sarà al Nazareno che conteggerà anche i voti. Le primarie ‘in presenza’ sono uno dei cavalli di battaglia del fronte pro-Conti, ma il Pd nazionale è contrario e ’è pure qualche distinguo sulla data, se cioè tenere le primarie a metà giugno o prima. Solo la riunione di stasera solleverà i dubbi dei molti, ma sarà accompagnata da molte polemiche.
Certo è che, se a prevalere dovesse essere Lepore, come è probabile, dato che si tratterà di primarie ‘chiuse’, ci sarà l’accordo con i 5Stelle, se invece vincesse la Conti, l’M5s fa già sapere che di appoggiare la renziana “non se ne parla”. Se il centrodestra azzeccasse il candidato – sul quale c’è però ancora nebbia fitta – può tentare il colpaccio e strappare al Pd la ‘rossa’ Bologna.
Il caso Torino. Primarie sì e ‘apertissime’
Risalendo lo Stivale e fermandoci a Torino, ecco che il guazzabuglio si ingarbuglia ancora di più. La sindaca uscente, Chiara Appendino, non si ricandida, ma è stata proprio lei – e il Nazareno – a insistere per un’alleanza organica tra Pd e M5s che non riesce, però, a vedere la luce. Letta e il suo plenipotenziario spedito in città, l’ex ministro Francesco Boccia, le hanno provate tutte per convincere il rettore del Politecnico, Guido Saracco, a candidarsi, ma problemi personali (ha la moglie malata) vedono Saracco irremovibile. Inoltre, la spaccatura interna al Pd torinese ha reso la via delle primarie inevitabile. Il partito, a livello locale, si è schierato in modo massiccio a sostegno del capogruppo dem a palazzo Civico, Stefano Lorusso. Sarà lui a vincerle, le primarie, che vedranno gareggiare, in qualità di outsider, altri due ex assessori Enzo Lavolta e Gianna Pentenero. Boccia parla di “primarie apertissime” e il Pd torinesi non traccia confini alla coalizione, parlando di “campo largo alternativo alla destra”, ma i 5Stelle, con la Appendino e la viceministra al Mef, la torinese Laura Castelli, hanno già risposto picche: i 5Stelle non parteciperanno. Ergo, le primarie serviranno solo a tenere unito il fronte del centrosinistra: sicuro vincente Lorusso, non vi sarà alcun accordo con l’M5s. Il risultato che, a Torino, può vincere facile il centrodestra, che candida un imprenditore, Paolo Damilano.
A Napoli il ‘caso Fico’ ha bloccato tutto
A Napoli, in teoria, il candidato ci sarebbe. Si chiama Gaetano Manfredi, faceva il ministro (all’Università) e ora è tornato al suo mestiere, quello di professore universitario di ingegneria all’Università di Napoli. Già rettore della Crui, Manfredi è stimato e benvoluto, ma poco noto, nella Napoli ‘popolare’ che esce da cinque anni di amministrazione del descamisado De Magistris (il quale, curiosamente, si candiderà, sì, ma alle elezioni regionali che si terranno in Calabria…). Ma il centrosinistra, come i 5Stelle, sono in perenne e spasmodica attesa che Roberto Fico, oggi presidente della Camera, decida cosa vuole fare ‘da grande’. Fico sfoglia la margherita. Se il M5s decidesse di rispettare il tetto dei 2 mandati, si candiderebbe a sindaco, sennò resterà dov’è. Un’altra rassicurazione che Fico chiede riguarda il debito, abnorme, del comune di Napoli. Sono ben 4 miliardi e 600 milioni (di cui 683 solo nei confronti dei fornitori del comune) che Fico – il quale ha chiesto delucidazioni in merito alla pentastellata Castelli, cioè al Mef – chiede che vengano ‘scontati’, dal governo Draghi, alla città. Solo con questa rassicurazione accetterebbe di candidarsi. Altrimenti, appunto, c’è Manfredi. La sola certezza riguarda le primarie: non si faranno, come ha detto senza mezzi termini il segretario del Pd di Napoli, Marco Sarracino, con il placet di Letta. A complicare le cose c’è Antonio Bassolino, che si candiderà comunque, alle elezioni, togliendo voti al centrosinistra e al Pd, e un candidato del centrodestra, Catello Maresca, ormai già in pista e che muove già consensi.
Roma. Zingaretti sfoglia la margherita…
Il governatore del Lazio, ed ex segretario del Pd, Nicola Zingaretti, continua a dire che ‘non’ si candiderà a sindaco di Roma: “Voglio restare in Regione per portarla fuori dalla pandemia” dice. Senza dire del fatto che la Regione dovrebbe tornare a votare e che sarebbe difficile spiegare agli elettori che Pd e M5s, divisi nella Capitale, si alleano per cercare di rivincere la regione Lazio.
Un lungo faccia a faccia che si è tenuto ieri tra il segretario dem, Enrico Letta – che tutto si può permettere tranne che di perdere la Capitale – e l’eterno candidato in pectore dei dem, l’ex ministro del Conte II, Roberto Gualtieri, ne ha sancito l’investitura che avverrà tramite primarie. L’ufficializzazione dovrebbe arrivare tra 48 ore, anche se chi è vicino all’ex ministro – ‘portato’ dai dem romani più importanti, Mancini e Marroni, oltre che sponsorizzato da Bettini, che domani lancerà la sua nuova corrente, ‘Agorà’, – ritiene che sia già pronto a rispondere “ci sono”.
Gualtieri pronto a dire ‘ci sono’ e le primarie
Nel frattempo, è tornato a riunirsi il tavolo delle primarie che deve decidere le regole della consultazione tra gli iscritti e che sono in programma il 20 giugno in cento gazebo. Venerdì nuova riunione per stabilire la ‘Carta dei valori’ della coalizione, dichiarazione d’intenti che i vari competitor (oltre a Gualtieri, ci saranno pure i ‘nanetti’: Giovanni Caudo, presidente del III Municipio, Paolo Ciani, segretario di ‘Demos’-Democrazia solidale, area Sant’Egidio, il ricercatore della comunità ebraica Tobia Zevi) dovranno sottoscrivere per poter partecipare. Ovvio che se, invece, scendesse in campo ‘Zinga’ le primarie, a Roma, neppure si farebbero. Intanto però restano diversi ‘problemini’, per Pd e alleati. Innanzitutto la candidatura di Carlo Calenda, che ha rifiutato di partecipare alle primarie, e non demorde dall’idea di presentarsi comunque alle elezioni, e la scelta del sindaco uscente, Virginia Raggi, di ricandidarsi, il che rende impossibile, almeno al primo turno, l’alleanza tra Pd e M5s. Infine, nel campo del centrodestra, fino a ieri fermo al palo per i veti incrociati tra Lega e FdI, torna ad affacciarsi la candidatura dell’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso che Salvini sogna come “sindaco del Giubileo” e che sta lasciando il suo impegno in Lombardia. Un nome temibile e spendibile contro M5s e Pd&co, sempre che la Meloni vinca le sue resistenze. Certo è che Letta non può permettersi di perdere Roma: ne va del ‘futuro’ della sua segreteria…