Politica
Pd, confronto tra candidati a colpi di fioretto ma i veri nodi restano insoluti
Di Ettore Maria Colombo
Una situazione da tregenda greca…
Qatargate e ‘Q’ di questione morale che riesplode con i militanti arrabbiati, delusi, irati, anche se Panzeri militava in Art. 1 e solo Cozzolino nel Pd ma è come se il ‘traditore’ del mandato popolare all’onestà in politica siano solo loro, i dem. Alleanze alle regionali a corrente alternata (con i 5Stelle in Lombardia, con il Terzo Polo in Lazio). Sondaggi che vedono l’abisso a un passo: 14,7% per Swg, che è come dire ‘sprofondo rosso’, solo per Noto va un po’ meglio (16%), ma sempre due punti abbondanti e fissi sotto i 5Stelle, ormai. Opposizione coriacea, in Parlamento, per carità, ma che non ‘buca’, non sfonda il muro dei media, anche perché non solo l’M5s, ma anche il Terzo Polo, sulla manovra economica targata governo Meloni, fanno fuoco e fiamme ogni giorno. Il quadro è devastante, per il Pd, e l’iter congressuale – lungo e tortuoso, a volte persino incomprensibile – non aiuta. Per non dire di un Comitato costituente che è nato male e lavora peggio, tra dimissioni (Zanda, De Giovanni), ironie sulla sua palese inutilità (a cosa serve riscrivere un Manifesto dei Valori del Pd prima della contesa congressuale?) o, a seconda dei commenti, sulla sua sottile pericolosità (perché introdurre elementi che sradicano e vogliono mutare l’asse originario su cui è nato il Pd se non per premunirsi contro un segretario non gradito?). Insomma, nel Pd che si avvia alle feste di Natalenon c’è pace e non si vede speranza di rinascita.
I promotori dell’incontro del Nazareno rilanciano le ragioni del Pd delle origini
Ecco perché serviva mettere un freno, uno stop al cupio dissolvi che ha caratterizzato, fino a oggi, il percorso congressuale del Partito democratico. Questa potrebbe essere la sintesi dell’incontro-confronto avvenuto ieri al Nazareno tra il segretario uscente, Enrico Letta, e i tre candidati, Elly Schlein, Paola De Micheli e Stefano Bonaccini (in attesa che ne sbuchi fuori un quarto che potrebbe avere il nome e volto di Gianni Cuperlo). L’iniziativa è stata promossa e voluta da nove esponenti “storici” del partito (Stefano Ceccanti, Graziano Delrio, Stefano Fraziano, Marianna Madia, Roberto Morassut, Pina Picierno, Devora Serracchiani, Giorgio Tonini, Walter Verini) che, pur provenendo da “famiglie” diverse e da storie differenti, ma con un tratto comune (l’ulivismo e lo spirito maggioritario delle origini del Pd di veltroniana memoria) cercano di fermare la spinta a demolire i valori del Pd che si era diffusa nel dibattito congressuale fino ad arrivare a minacce di scissione da parte di interi pezzi dei dem (Pier Luigi Castagnetti e altri esponenti dell’area dei popolari ne hanno parlato nei giorni scorsi). Quello dei Popolari, che hanno poi deciso di rinunciare alla scissione, è sembrato un estremo avvertimento rispetto al rischio che il Pd si spostasse troppo a sinistra tanto da rendere la loro presenza impossibile.
I profili dei nove animatori del documento “per una vera fase costituente: ricostruire il Pd sulle fondamenta originarie dei valori dei Democratici” del resto sono espressione di mondi diversi ma che traggono tutti le loro origini dalle temperie dei ‘padri fondatori’ del Pd: ulivisti, nativi democratici, veltroniani, fondatori dai tempi del Lingotto. Sosterranno candidati diversi alla segreteria ma il dato che li accomuna è la volontà di difendere le fondamenta del partito nato nel 2007. Il documento chiede infatti ai candidati “di condividere l’impegno a non trascinare nella legittima e salutare competizione per la leadership i principi identitari del Pd, collocando la competizione sul terreno del loro sviluppo in una efficace e convincente proposta politica e di governo. È in questo spirito che proponiamo ai candidati di distinguere la fase attuale di verifica congressuale e di inizio del dibattito costituente e quella delle decisioni costituenti, da affidare alla prossima Assemblea nazionale”.
I buoni propositi dei candidati alla segreteria
L’esito del confronto a quattro di ieri tra Letta (segretario uscente e dimissionario), Schlein, De Micheli e Bonaccini (i tre candidati), sembra essere stato positivo a giudicare dalle parole che sono state pronunciate dai protagonisti. «Non siamo qui per una resa dei conti identitaria ma per fare un’operazione molto più difficile che quella di costruire il nuovo Pd e farlo insieme – ha detto Schlein -, tenere insieme questa comunità, salvaguardare il suo prezioso pluralismo, ma al contempo non rinunciare più ad avere una visione chiara, un’identità che è comprensibile alle persone che incrociamo nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle nostre case». «Il Partito democratico vede insidiata la sua stessa funzione di perno e di baricentro riformista, di un’alternativa di centro-sinistra di governo. Per la prima volta ci sono nel campo delle opposizioni alternative competitive che possono rendere minoritaria e quindi irrilevante la funzione stessa del Pd per come lo abbiamo costruito e voluto», ha avvertito invece Bonaccini. Per De Micheli questo richiede un’accelerazione delle primarie: «Credo che il congresso fondativo, per essere più concreto e vero abbia bisogno di più tempo di quello che gli abbiamo dedicato. Ho fatto una proposta per celebrare immediatamente le primarie», ha detto. A trarre le conclusioni è stato proprio Letta secondo il quale «è importante che si sia oggi rilanciato con forza in tutti gli interventi dei candidati alla segreteria l’orgoglio del Pd, del nostro partito, attaccato da più parti, attaccato da parte di coloro che sono con noi all’opposizione che sembra che abbiano come obiettivo principale fare l’opposizione a noi e non al governo». “Obiettivo riuscito” commentano i promotori dell’iniziativa: «Stefano Bonaccini, Paola De Micheli ed Elly Schlein, ciascuno con le proprie accentuazioni e sottolineature – osserva Verini – hanno raccolto in pieno il senso dell’iniziativa: riaffermare, difendere, attualizzandoli, i principi originari del Pd. Da allora il mondo è cambiato e il Pd deve cambiare radicalmente e soprattutto diventare un partito aperto, protagonista di una politica trasparente».
Sullo sfondo c’è e resta, però, ovviamente la brutta vicenda del Qatargate rispetto cui Letta ci tiene a precisare: «Noi siamo una comunità di gente per bene, siamo una comunità di militanti, di attivisti, di amministratori, fatta di gente che vuole pulizia, che vuole soprattutto che da questo scandalo venga fuori la trasparenza più totale».
Restano però differenti le ‘idee’ sul partito…
Restano, però, tutte intere, le differenze tra i candidati sulla visione del partito e della società, pur se nessuno di loro parla, nei fatti, di alleanze. Per il resto, ognuno ha proposto la sua idea: Bonaccini rilancia la vocazione maggioritaria del Pd e il suo tratto ‘laburista’, ma senza voler cambiare nome né ragione sociale al Pd. La Schlein è più aperta al nuovo e a novità di ogni tipo, compreso forse quel ‘partito del Lavoro’, suggestione lanciata da un suo sostenitore, il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, e che sogna anche la sinistra dentro il Pd (Orlando) e fuori (Landini e la Cgil), di certo un ‘partito nuovo’ e non solo un ‘nuovo partito’, per usare vecchi neologismi che però tornano sempre attuali.
«Non ho mai pensato che il Pd avesse esaurito la sua funzione storica» ma «penso però che sia finita un’epoca» e che «dopo i primi 15 anni» c’è l’esigenza di «un tagliando», ha spiegato la De Micheli. Per la Schlein, «il mondo è cambiato e dobbiamo cambiare anche noi» e «serve una sintesi che metta al centro quello che è rimasto indietro, dal clima al lavoro». Bonaccini ha parlato di partito “laburista” ed è stato il più netto: «Avverto pulsioni a cambiamenti regressivi, più per un ritorno alle casematte precedenti e non per una sintesi aggiornata sui mutamenti degli ultimi 15 anni. Le contrasterò, sarebbe la fine del Pd, ci porterebbe su binari minoritari. E’ già successo altrove in Europa, il rischio c’è anche qui». Sul percorso congressuale qualche tensione c’è stata.
Le tensioni sul percorso congressuale
La De Micheli, che ha criticato la ‘bussola’, ha ammesso che «questo percorso costituente sta mostrando dei limiti» e rilanciato la sua proposta di anticipare i tempi dando peso diverso al voto di iscritti (doppio) e elettori. Bonaccini ha chiesto di «innovare le nostre forme» perché «non credo che gli italiani capiscano perché ci vogliano mesi, mesi e mesi per eleggere un nuovo segretario e un nuovo gruppo dirigente. È un problema». È stata la Schlein a chiarire: «Non siamo qui per una resa dei conti identitaria ma per una operazione più difficile, costruire insieme il nuovo Pd». Per Letta, proprio la discussione tra i candidati dimostra però «che il percorso è quello giusto» così come «una riflessione costituente», ingiustamente “caricaturizzato”. Ma attenzione, ha messo in guardia il leader uscente, «è possibile che ci siano altri candidati che si aggiungono a Stefano a Paola e Elly». Il riferimento è a Gianni Cuperlo, che ancora non ha sciolto la riserva.
Forse scende in campo anche Gianni Cuperlo
L’esponente della sinistra dem non ha ancora sciolto la riserva sulla sua discesa in campo. «Sto sentendo le persone che pensano e credo che sia il caso di compiere una scelta ragionata. È questione di ore e scioglieremo l’arcano che poi tanto arcano non è» spiega il diretto interessato. Stando a quanto riferiscono fonti parlamentari, Cuperlo non sarebbe entusiasta all’idea di convergere su Elly Schlein, rappresentante «di una sinistra più movimentista, molto diversa da quella da cui proviene Gianni», è l’analisi dei suoi. Avrebbe il sostegno di Goffredo Bettini che incita la sinistra «ad avere una presenza più diretta, dentro il congresso», mentre Nicola Zingaretti – che pure non ama Stefano Bonaccini (“semplifica troppo”, dice) – tace e Andrea Orlando sembra più vicino alle posizioni della Schlein, ma potrebbe ripensarci, se davvero Cuperlo decidesse di scendere in campo.
A consigliare cautela a Cuperlo, oggi presidente della Fondazione del Pd, tuttavia, è il rischio di arrivare quarto, dietro ai due candidati dati come favoriti, Bonaccini e Schlein, e a De Micheli. Nel caso in cui, poi, dovesse scegliere di correre, a disposizione di chi metterebbe consenso ricevuto? «Non è detto che, a quel punto, appoggerebbe Schlein nella fase finale del congresso, quando ci saranno le primarie aperte. Anche se è molto distante da lui nei contenuti, Bonaccini potrebbe rappresentare un’alternativa a lui più congeniale».
I dubbi sui tempi congressuali resteranno tali..
Dubbi che si vanno ad aggiungere a quelli sui tempi del congresso. Alcuni sostenitori della mozione Bonaccini, dal sindaco di Pesaro Ricci a Matteo Orfini hanno proposto di anticipare i tempi del congresso a metà gennaio, il 22, stringendo al massimo le procedure e il voto tra gli iscritti, ma lo stesso Bonaccini è scettico. I sostenitori della Schlein non vogliono accettarlo perché temono che si voglia fermare la sua corsa, che proprio ora sta spiccando il volo e miete consensi nelle sezioni. La De Micheli, come detto, ha proposto di anticipare i tempi del congresso e di far valere ‘due’ i voti degli iscritti e ‘uno’ quello degli elettori. Ma i problemi sono di diverso ordine, statutari e organizzativi, per imprimere una improvvisa accelerazione sui tempi. Servirebbe una doppia delibera (in Direzione e in Assemblea nazionale) e, inoltre, i segretari provinciali temono di non riuscire a gestire, in così poco tempo, se vi fosse l’anticipo delle primarie a metà gennaio, le pratiche delle nuove iscrizioni e, soprattutto, il voto tra gli iscritti che non si tiene in un giorno solo, come le primarie aperte, ma in più giorni, a seconda delle disponibilità di apertura di circoli spesso all’osso.
Morale, si resterà con il percorso congressuale prefissato. Assai balzano, una corsa ad ostacoli. Chiusura della fase costituente entro il 22 gennaio, data ultima per presentare le mozioni congressuali e le firme a sostegno delle candidature il 27 gennaio, conclusione del voto tra gli iscritti entro il 12 febbraio (lo stesso giorno in cui si tengono le elezioni regionali in Lazio e in Lombardia) e primarie aperte il 19 febbraio, in cui si sfideranno solo i due candidati meglio piazzati nella prima fase tra gli iscritti. Chissà se, quel giorno, oltre a un segretario, il Pd avrà ancora voce in capitolo e segni di vita in atto.