Politica

Non basta parlare solo di maternità surrogata 

20
Giugno 2023
Di Flavia Iannilli

“Non lascerò che tu cresca qui. Tu non gli appartieni e non appartiene a loro quello che diventerai”. Queste le parole pronunciate da Difred nella serie “The Handmaid’s tale” (Il racconto dell’ancella). La protagonista vive in un futuro “prossimo”, all’interno di un regime teocratico totalitario. Una nuova realtà in cui non è difficile immaginare a che livello possa arrivare la sottomissione della donna e gli innumerevoli mezzi che la politica possa mettere in campo per asservire sia il corpo femminile sia gli scopi riproduttivi per cui è nata. Un racconto distopico che suggerisce lo spettro di un mondo facilmente realizzabile. Un punto di non ritorno in cui solo poche donne hanno la possibilità di procreare. 

“Il racconto dell’ancella” di Margaret Atwood è un crocevia tra religione, metafora e storia. Non si limita a disegnare una pesante satira verso i regimi totalitari ma diventa una goccia cinese che tortura l’animo di chi si chiede se l’estinzione dell’umanità passerà per l’infecondità del genere umano. 

La prospettiva offerta dalla Atwood è prossima alla catastrofe ma il concetto di appartenenza di un individuo rimane attuale. Mentre alla Camera si sono discussi gli emendamenti della proposta di legge sulla maternità surrogata come reato universale, il sindaco di Padova viene preso in contropiede dall’impugnazione da parte della Procura di 33 atti di nascita di bimbi nati con la fecondazione eterologa. Pratica consentita in Italia ma solo per coppie eterosessuali, non omosessuali. 

Nel caso in cui questi atti venissero annullati significherebbe che soltanto uno dei due genitori potrebbe esercitare i diritti genitoriali. Una decisione di tale portata andrebbe a incidere non solo sulla vita sociale ma soprattutto sull’identità dell’individuo. Quest’ultima sarebbe una violazione di un diritto fondamentale, concetto ribadito dal sindaco Sergio Giordani sul Corriere della Sera: “Non accetto il pensiero che ci siano bambini discriminati fin da subito, e appena nascono, nei loro fondamentali diritti”. 

Probabilmente c’è la necessità di fare una riflessione sul vero elefante nella stanza: il vuoto legislativo che non riguarda in maniera esclusiva la legge 40 del 2004, ma che ponga al centro della discussione i bambini. La nascita. La vita. 

Se è vero che si punta a definire l’iter della proposta di legge sulla maternità surrogata come reato universale prima della chiusura estiva del parlamento allora, con la stessa determinazione con cui si impugnano i “diritti familiari” e i “diritti delle donne”, bisognerebbe mettere mano cum grano salis anche alle leggi relative alle adozioni. 

Il desiderio di avere una famiglia è lecito, senza per forza addentrarsi nel merito della natura di una coppia, ma le lungaggini relative alle pratiche per le adozioni non incentivano a valutarne la scelta. Un nodo precedentemente approfondito su TWP nell’intervista con Simonetta Matone, oggi componente delle commissioni Giustizia e Affari sociali alla Camera dei deputati in quota Lega, precedentemente 17 anni pubblico ministero per i minorenni e per sette sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma (Matone: «Velocizzare le adozioni per salvare i minori in difficoltà»).

Per quanto la spaccatura dell’opinione pubblica sulla maternità surrogata come reato universale sia nota ai più attraverso dichiarazioni che partono da: “Renderla reato universale è obbrobrio giuridico” – Chiara Appendino -. Passano per: “L’utero in affitto è un qualcosa di disumano” – Massimiliano Fedriga. Arrivano a: “Ci sono 33 bambini che vedranno cancellato un genitore dai loro documenti ma anche dalla vita quotidiana: scuola, sport, cura. Questo non è un paese che rispetta i bambini, questo non è un paese che rispetta le diversità. Vogliono un paese diviso e arrabbiato” – Chiara Braga. 

C’è chi crede che la “questione vita” andrebbe guardata nel suo complesso e non a compartimenti stagni. Sarebbe troppo chiedere di affrontarla attraverso sfumature e non colori netti, se così fosse nessuno avrebbe timore degli estremisti, neanche Margaret Atwood. 

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