Politica
Nomine Ue, l’azzardo delle forze europeiste per governare il caos
Di Ilaria Donatio
L’unico elemento certo che emerge con prepotenza dall’attuale quadro europeo in fase di ricomposizione è che nulla sarà più come prima in Ue.
Le elezioni francesi con Le Pen in testa al primo turno e la radicalizzazione della sinistra francese che costituisce un’incognita per Emmanuel Macron. Il “test” del 18 luglio quando il Parlamento europeo dovrà dare il benestare finale sulle nomine del Consiglio al secondo mandato di von der Leyen. E i 24 eurodeputati eletti da Fdi a Strasburgo (appartenenti al gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei) potrebbero essere decisivi per il bis di Ursula: la trattative della presidente del Consiglio italiana per ottenere un Commissario di peso e una vicepresidenza avrebbe il vento a favore, dunque.
In questo quadro, non privo di incognite, si inserisce il neonato gruppo di “patrioti”, annunciato dal leader ungherese, Viktor Orban: dentro i nazionalisti di Ungheria, Austria e Repubblica Ceca. Intanto, la Lega di Salvini guarda con interesse.
Ma andiamo con ordine.
Le elezioni francesi: Le Pen in testa
Ieri, domenica 30 giugno, la Francia ha votato per le elezioni legislative anticipate: una storica vittoria del Rassemblement national di Le Pen che è il primo partito francese con un risultato intorno al 33,5%, la sinistra al 28,5% e Macron al 22,1%. Ma la maggioranza assoluta, per Le Pen, è tutta da verificare e l’esito del secondo turno è un’altra storia: proprio per far fronte contro Le Pen, Emmanuel Macron ha subito chiesto la costituzione di un blocco “chiaramente democratico e repubblicano” al ballottaggio. Un’ipotesi ancora teorica, vista la radicalizzazione della sinistra francese. Tuttavia, una situazione che porterà sicuramente alla definizione di accordi e ‘desistenze’: la più facile da pronosticare è quella tra Ensemble, il partito di Macron, e Place Publique (PP), il partito neosocialista di Raphaël Glucksmann.
Senza maggioranza assoluta, il governo del Rassemblement National risulta assai improbabile visto che nessuno degli altri partiti sarebbe disponibile a correre in soccorso della destra estrema.
E l’asse franco-tedesco che fine fa?
Il tandem franco-tedesco, che ha sempre guidato l’Ue, oggi sembra inceppato: sono lontani i tempi dell’amicizia Kohl-Mitterrand. D’altra parte, a questo punto la scarsa sintonia fra Macron e Scholz è abbastanza irrilevante: occorrerà verificare il ruolo di Macron dopo le elezioni e anche il governo Scholz dopo la disfatta alle Europee rischia di non superare il confronto sul bilancio in autunno. Quindi è possibile che a guidare il tandem, domani, siano persone diverse.
L’Italia intanto…
Il nostro paese con la premier Giorgia Meloni ha scelto di non sostenere la proposta formulata da popolari, socialisti e liberali per i nuovi vertici europei, definendola “sbagliata nel metodo e nel merito”. Ma il 18 luglio prossimo, a Strasburgo, il Parlamento europeo voterà a scrutinio segreto proprio sulle indicazioni date dal Consiglio Eu e i 24 eurodeputati di Fdi potrebbero fare comodo alla candidata presidente della Commissione. Inoltre, il risultato delle elezioni francesi appare come un assist al peso che Giorgia Meloni potrebbe avere in un contesto più ampio: quello che dice chiaramente, in Francia come in Italia, il processo di “istituzionalizzazione” della destra con la relativa accettazione dei vincoli e delle regole dettate dall’Ue.
Adesso la trattativa tra Meloni e von der Leyen, che ha bisogno dei voti di FdI per essere certa della sua elezione, andrà avanti. E la premier italiana – se giocherà bene le sue corte – potrà far pesare i suoi voti per ottenere un commissario di peso italiano in Ue (Raffaele Fitto sempre in pole).
Orban e il gruppo dei “patrioti”
Il premier ungherese Viktor Orban ha annunciato ieri, a Vienna, insieme al leader dell’ultradestra austriaca Herbert Kickl e all’ex premier ceco, il liberal-populista Andrej Babis, la costituzione in seno all’Europarlamento del Gruppo dei “patrioti”.
Alla vigilia del semestre di presidenza europea, Budapest segnala di voler uscire dall’angolo. Fidesz, il partito di Orban, è orfano da anni, a Strasburgo; un dettaglio che ha contribuito ad accentuarne l'(auto)isolamento a Bruxelles. In attesa di ulteriori adesioni, l’alleanza dal sapore asburgico dei neonazionalisti ha firmato un “Manifesto dei Patrioti” che dovrebbe battezzare l’eventuale nuova forza politica in Europa. Ma per formalizzare un nuovo gruppo al Parlamento europeo mancano ancora quattro Paesi: ne servono sette. Intanto, Matteo Salvini ha dichiarato: “Se aderiremmo al gruppo dei patrioti lanciato da Orban in Europa? Unire chi mette al centro il lavoro, la famiglia, il futuro dei giovani mi sembra la strada giusta. È quel che la Lega auspica da tempo”.
Insomma, “di doman non v’è certezza” ma a fine luglio qualcosa che le somiglia accadrà.