Vale per troppi esponenti della sinistra politica e mediatica: sono rimasti muti sabato, quando sfilava a Roma la feccia antisemita, e improvvisamente ritroveranno la parola oggi, 7 ottobre, per dirsi commossi in occasione del tragico anniversario.
Lo dico con chiarezza: è troppo comodo, e soprattutto non è serio.
La manifestazione di sabato era stata convocata esplicitamente per festeggiare quel pogrom, quella strage, e proclamava il 7 ottobre come la “data di inizio di una rivoluzione” (cito testualmente dal documento degli organizzatori).
Perché a sinistra non c’è stata, tranne eccezioni individuali, la forza di dire parole inequivocabili, di fare argine, di pronunciare un no definitivo?
Si è preferita una vile ambiguità, così come oggi si punterà sulla retorica e sulle lacrime da coccodrillo.
Tutto questo non fa onore a chiunque pratichi simili mediocri furbizie. Certo, si fa politica per il consenso: ma i piccoli calcoli di giornata non dovrebbero mai prevalere rispetto agli appuntamenti con la storia e con i princìpi fondamentali.
Chi lo dimentica non rischia tanto di perdere un’elezione: semmai ha già la certezza di aver perso se stesso.