Politica

Migranti, lo Stato d’emergenza e la severità. I numeri da gestire

13
Aprile 2023
Di Giampiero Cinelli

Il governo ha varato lo stato di emergenza sui migranti. Questo consentirà di prendere decisioni più rapide in merito alla gestione dei flussi e degli sbarchi, integrando le norme sulle sanzioni agli scafisti introdotte precedentemente. Il provvedimento per adesso ha la durata di sei mesi e consentirebbe anche di nominare un commissario speciale, oltre che di attingere a fondi nazionali ad hoc.

Le implicazioni

In rapporto allo stato di emergenza verrà modificato il decreto approvato dal Cdm a seguito della tragedia di Cutro. Tra le mosse in vista un migliore delineamento dei criteri per la concessione della “protezione speciale”, perno sul quale, in caso di una interpretazione più restrittiva, sarebbero possibili maggiori respingimenti. La maggioranza sta lavorando e solo da parte della Lega ci sono in cantiere 21 emendamenti. Le opposizioni promettono battaglia e annunciano già «ostruzionismo». Dopo la metà di aprile il dibattito in Aula entrerà nel vivo.

«Abbiamo aderito volentieri alla richiesta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ben consapevoli – ha detto il Ministro per la Protezione Civile e per le Politiche del Mare Nello Musumeci – della gravità di un fenomeno che registra un aumento del 300%. Sia chiaro, non si risolve il problema, la cui soluzione è legata solo ad un intervento consapevole e responsabile dell’Unione Europea».

I numeri

La decisione origina dall’incremento preoccupante dei flussi registrati in questi ultimi mesi. Dai dati del Ministero dell’Interno, si vede che dal primo gennaio al 12 aprile di quest’anno gli sbarchi di migranti sono stati 31.357mila, nello stesso periodo di tempo relativo al 2022 se ne registravano 8.432mila, mentre nel del 2021 il numero era 8.505mila. Di sicuro nei due anni precedenti influiva ancora la pandemia, ma è chiaro che ad oggi il volume degli arrivi sia triplicato.

Va detto anche che l’anno precedente il numero totale degli sbarchi si attestò infine a 105.129mila unità e non è facile prevedere se in tutto il 2023 arriveremo intorno a questo numero, ma se la media rimane l’attuale è molto probabile che la stima sia assimilabile almeno a quella del 2021, quando la cifra complessiva dei migranti sbarcati fu 67.477.

Un quadro generale

Insomma, tutte quantità che giustificano lo Stato di emergenza? Se ragioniamo dal lato pratico, ossia di mettere un freno al riempimento dei centri di prima accoglienza e di non rendere troppo farraginoso il processo di riconoscimento o meno dell’asilo, viene da dire certamente di sì. Tra l’altro le principali nazionalità da cui provengono gli immigrati sono Costa D’Avorio, Guinea, Pakistan. Al quarto posto la Tunisia, Paese attualmente in una grave crisi istituzionale ed economica (2.454 unità), mentre ad esempio la Siria, ancora in guerra dopo 12 anni, fa annoverare al 12 aprile 2023 1.266 migranti, molto staccati dai primi quattro per numeri.

Fuori del lato pratico, invece, il concetto di emergenza diventa a dire il vero più sfumato. Anche se infatti sono molto diffusi i dubbi sulla possibilità di inserimento sociale e di alloggio in tempi rapidi per i nuovi arrivati che ottengono l’asilo o la residenza, è chiaro che la popolazione italiana sia in diminuzione da molto tempo. Come indica infatti un rapporto Istat recente: «La popolazione residente è in riduzione costante dal 2014 quando risultava pari a 60,3 milioni. Al 1° gennaio 2022, secondo i primi dati provvisori, la popolazione scende a 58 milioni 983 mila unità, cosicché nell’arco di 8 anni la perdita cumulata è pari a 1 milione 363mila». L’Istat ha poi pubblicato i dati demografici al 31 dicembre 2022, con una popolazione in deficit di 179mila unità rispetto all’anno precedente. Questo è dovuto anche alle emigrazioni, che non superano il numero delle entrate ma sono molto consistenti. Ecco perché il governo Meloni punta a frenare l’immigrazione illegale ma ha allo stesso tempo emanato un decreto flussi per prepararsi a 89.000 arrivi regolari, utili ad impieghi nel settore agricolo e turistico.

Dunque il problema è l’integrazione. Da questo governo reputata non sempre possibile, nei confronti di persone che arrivano da zone povere e sono molto meno qualificate in genere di chi dall’Italia emigra. L’emorragia di laureati infatti è altresì preoccupante. Sul tema il dibattito è difficilmente risolvibile, ma le azioni invece sono concrete e scuotono l’opinione pubblica.

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