Politica

Mes, cos’è che non convince Meloni e perché

27
Marzo 2023
Di Giampiero Cinelli

Sul Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, non è ancora calato il sipario. Oltre a essere possibile una nuova calendarizzazione del dibattito in parlamento, se ne è parlato a Montecitorio in occasione delle comunicazioni di Giorgia Meloni alla vigilia del Consiglio europeo. La premier deve rispondere a chi preme per la ratifica, dato che l’Italia non l’ha ancora votata (lo ha fatto da poco anche la Germania).

Le motivazioni che il premier pone rispetto alla mancata ratifica, vertono soprattutto sull’aspetto relativo all’unione bancaria. Infatti nella riforma del testo, approvata a giugno 2019 e sottoscritta da tutti gli Stati dell’eurozona a gennaio 2021, viene stabilito anche un dispositivo che si integra al Fondo di risoluzione unico sulle crisi bancarie, chiamato “Backstop”. Il Backstop, a giudicare dal testo del nuovo Mes, permetterebbe decisioni più rapide riguardo alle modalità d’assistenza da fornire a istituti bancari che si trovassero a rischio.

Stando al Dossier n. 187 del Senato, il dispositivo del Backstop entrerebbe in azione solo qualora il già esistente fondo di sicurezza bancario avesse esaurito i suoi mezzi, ed in seguito al parere positivo del board del Mes. Il punto, però, è che attualmente il Fondo di sicurezza bancario detiene un massimo di 60 miliardi di euro, intorno all’1% dei depositi dell’eurozona, con già fissato l’obiettivo degli 80 miliardi nel 2024. Ecco per quale motivo la Meloni alla Camera ha dichiarato che «Di fronte a una crisi, se gli interventi dovessero essere più importanti della sua dotazione il risultato sarebbe che il Mes si troverebbe a chiamare gli Stati a rifondere per queste crisi. Sarei prudente».

Non a caso, sempre il dossier di Palazzo Madama analizza che «Il Backstop potrebbe anche sostituire l’attuale strumento di ricapitalizzazione diretta delle istituzioni finanziarie. Inoltre, potrebbe consentire un’attuazione più rapida del percorso previsto per la piena attuazione della disciplina del Fondo (e non entro il 1° gennaio 2024), a condizione che siano stati fatti sufficienti progressi nella riduzione dei rischi». Il documento dell’Ufficio Studi è del novembre 2019, ma sostanzialmente il testo di riforma e le sue basi non sono cambiate fino ad oggi.

Chiaro l’orientamento quindi del premier, che non ha nascosto di preferire, nel caso, il quadro classico in cui è la banca centrale ad intervenire, possedendo per sua natura risorse illimitate. Tra l’altro, come si capisce anche dal dibattito recente, il sistema bancario italiano sarebbe meno esposto di altri a livello debitorio e dunque meno bisognoso di aiuti. I più critici ritengono invece che il governo sbagli a non voler considerare un’assicurazione anche sulle sue banche, anzi molto oculata.

Giorgia Meloni inoltre non ignora i meccanismi di monitoraggio e valutazione preventiva della sostenibilità finanziaria degli Stati propri del Mes riformato, anche se non si dovesse mai attivare un prestito. Ovviamente questo per l’Italia non è auspicabile, essendo da sempre sotto i riflettori, con conseguenti potenziali tensioni sui mercati. Una valutazione negativa, determinerebbe, nello scenario peggiore che nessuno si augura, un programma d’assistenza finanziaria “a condizioni rafforzate”, anziché “semplificate”, così come vuole la riforma che adesso ha distinto le tipologie d’intervento.

A giudicare dagli aspetti che abbiamo esposto, allora sembrerebbe strano che la posizione coriacea del governo non sia popolare. Le opposizioni accusano il Presidente del Consiglio di essere demagogica e di agire per partito preso. Ma sarebbe errato non soffermarsi a riflettere scientificamente sulle ragioni addotte. Sta di fatto, e questa è una notizia, che l’Italia potrebbe essere la nazione che farà sfumare la riforma di un trattato intergovernativo così delicato e discusso, la cui mancata ratifica, secondo altri esperti, porta però con sé, come compromesso, la rinuncia a perseguire l’eliminazione delle commissioni sui pagamenti digitali bancari.

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