Lavoro / Politica
Mercato del lavoro, tra stabilità e competenze che mancano
Di Ilaria Donatio
Cresce l’occupazione, la disoccupazione è stabile come il gap di occupati tra Nord e Sud Italia ma, soprattutto, si approfondisce la crisi per la mancanza di competenze tecniche nel mercato del lavoro italiano. Questa, in estrema sintesi, l’istantanea del mercato del lavoro scattata da Istat e Unioncamere. I dati più recenti pubblicati dall’Istat e relativi al terzo trimestre 2023 fotografano un tasso di occupazione che, in termini congiunturali, è salito al 61,5% (+0,2 punti) con gli occupati che crescono di 65 mila unità (+0,3% sul secondo trimestre 2023). Il tasso di disoccupazione appare stabile al 7,6% e quello di inattività tra i 15 e i 64 anni, scende al 33,3% (- 0,2 punti).
L’Istituto nazionale di statistica ha precisato che la crescita dell’occupazione e del relativo tasso interessa soltanto gli ultracinquantenni, dal momento che, tra i giovani, sono diminuti entrambi gli indicatori e tra i 35-49enni il calo del numero di occupati si associa alla stabilità del tasso.
Su base annua invece il tasso di occupazione cresce (+1,3 punti rispetto al terzo trimestre 2022) e calano i tassi di disoccupazione e di inattività (-0,4 e -1,1 punti, rispettivamente).
Focus sui numeri
Analizzando meglio il dato relativo all’aumento degli occupati in termini congiunturali, si rileva che è dovuto alla crescita dei dipendenti a tempo indeterminato (+75 mila, +0,5%) e degli indipendenti (+10 mila, +0,2%) che ha compensato il calo dei dipendenti a termine (-19 mila, -0,6% in tre mesi). Su base tendenziale, dunque rispetto al dato del 2022, si registra un aumento di 481mila occupati (+2,1% in un anno), coinvolgendo, ancora una volta, i dipendenti a tempo indeterminato (+3,1%) e gli indipendenti (+1,6%), ma non i dipendenti a termine (-2,3%). Il tasso di occupazione sale al 61,5%.
Quante Italie del lavoro
Dal punto di vista geografico, l’aumento del tasso di occupazione è più marcato nel Mezzogiorno (+1,9 punti in un anno) rispetto al Nord e al Centro (rispettivamente +1,0 e +0,9 punti), così come la diminuzione di quello di inattività (-2,0 punti in confronto a -0,8 nel Nord e -0,3 punti nel Centro).
Il tasso di disoccupazione, invece, diminuisce soprattutto nel Centro (-0,9 punti rispetto a -0,4 punti nella altre due ripartizioni). Le donne mostrano una crescita del tasso di occupazione di poco superiore rispetto agli uomini (+1,4 punti contro +1,1 punti) e una diminuzione più intensa di quello di disoccupazione (-0,7 punti rispetto a -0,3 punti gli uomini); simile il calo del tasso di inattività (-1,1 punti le donne e -1,0 punti gli uomini).
Ad aiutarci a comprendere quale potrebbe essere lo scenario del mercato del lavoro italiano nel prossimo quinquennio è il report di Unioncamere “Previsioni dei fabbisogni occupazioni e professionali in Italia a medio termine (2023-2027)”. Secondo il report, nei prossimi cinque anni le imprese e la Pubblica Amministrazione cercheranno circa 3,8 milioni di lavoratori. 2,7 milioni di questi lavoratori andranno a sostituire gli occupati in uscita dal mercato del lavoro italiano, mentre i restanti 1,1 milioni saranno nuovi lavoratori in entrata richiesti dall’espansione economica.
Emergenza “mismatch” di competenze
Accendendo i riflettori sulle professioni, invece, il Bollettino annuale 2023 del sistema informativo Excelsior, targato Unioncamere-Anpal, manda alcuni segnali di fumo: circa 3,5 milioni dei contratti programmati dalle imprese quest’anno (sul totale di 5,5 milioni) consistono in posizioni offerte per professioni con un titolo tecnico-professionale. E proprio qui sono emersi i principali problemi di “irreperibilità” che le aziende lamentano: difficili da trovare il 65,5% dei diplomati Its Academy; ma la percentuale raggiunge il 74,3% nel caso dei tecnici specializzati nei percorsi dell’area meccanica e il 68,8% in quelli dell’area Ict.
È dunque emergenza “mismatch” sul mercato del lavoro italiano. Causata da fattori diversi e concomitanti: innovazioni in atto, denatalità, produttività e salari che non crescono, formazione che rimane scollata dal sistema produttivo.
Cercasi operai specializzati
Per esempio, il 49% di laureati (specie nelle discipline scientifico-tecnologiche) risulta introvabile insieme al 46,9% dei qualificati/diplomati professionali: il macro-gruppo degli operai specializzati detiene il primato in termini di impatto nella difficoltà di reperimento. In particolare, gli ingegneri dell’informazione, le professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche e i tecnici delle costruzioni civili.
Per i laureati nell’indirizzo sanitario e paramedico il mismatch è pari al 67,5% delle entrate programmate, per i qualificati professionali in indirizzo meccanico siamo al 57,9%. Tra le figure under30 sono introvabili idraulici, farmacisti, elettricisti nelle costruzioni civili, tecnici programmatori (tutti con percentuali oltre il 70%).
Top management degli enti
Intanto, la prossima primavera parte un nuovo giro di nomine che toccherà alcune partecipate strategiche: in tutto, secondo un dossier del Servizio per il controllo Parlamentare della Camera, si tratterebbe di 63 Cda, tra società a diretto controllo del Mef – come Sogei e Sose, ma anche Cinecittà, il Gse e Invimit – e numerose società controllate indirettamente attraverso le capogruppo. Ma soprattutto, si terranno partite di piano, a partire da Ferrovie dello Stato – alle prese con i miliardi del Pnrr – alla Rai – dove si dovrebbe profilare una staffetta tra l’attuale ad Roberto Sergio e il direttore generale Giampaolo Rossi – e Anas al centro dell’inchiesta sugli appalti. Fino all’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio e la stessa Cassa depositi e prestiti, dove la partita coinvolge anche le fondazioni, azioniste di minoranza dopo il Mef e a cui il nome non dovrà essere sgradito.