Politica
«Meloni contro i diritti civili europei». Arriva subito lo stigma dall’estero
Di Giampiero Cinelli
Spesso si dice che la Ue è solo tecnocrazia e non ha un’anima. E quando l’Ue inizia a parlare come soggetto politico, in tanti si chiedono se sia la voce soltanto di una parte. Se i messaggi non siano pretestuosi, se vi sia reale attenzione alla sensibilità di tutti. Dopo le affermazioni roboanti di Ursula Von der Leyen, la quale ha dichiarato che gli strumenti per intervenire ci sono nel caso il responso popolare sia inidoneo, all’indomani del voto italiano alla presidente della Commissione Europea fa eco Katharina Barley, vicepresidente del Parlamento europeo e membro del Pse, la quale ha affermato: «Giorgia Meloni sarà un premier i cui modelli politici sono Viktor Orban e Donald Trump. La vittoria elettorale dell’alleanza dei partiti di centrodestra in Italia è preoccupante». E poi ha rimarcato: «L’atteggiamento tattico nei confronti dell’Europa in campagna elettorale non può nascondere il fatto che rappresenti una minaccia per una coesistenza costruttiva in Europa. Con lei, gli autocrati ottengono una lobbista in Consiglio».
Perché tanta preoccupazione? In effetti l’idea che in Europa possa espandersi un’ondata conservatrice dopo la vittoria della destra in Svezia, la presenza massiccia di Le Pen in Francia ma, soprattutto, i recenti sviluppi relativi alle norme sull’aborto in Usa, circola da molto. A questo va aggiunta la debolezza del Partito Socialdemocratico europeo che recentemente tituba nel trovare una linea comune sulle questioni principali dello sviluppo. Al di là di tutto, questo potrebbe delegittimare l’idea di Europa come “Casa Comune” ma anzi darebbe forza a chi la descrive in quanto normale agone politico pregno di differenze, che semplicemente confliggono su un piano sovranazionale.
E infatti anche la premier francese Elisabeth Borne si è sentita in dovere di lanciare un’allarme per l’Unione Europea, una volta constatata l’affermazione di Giorgia Meloni. Dure le parole ai microfoni di RMC Radio: «L’Unione europea ha alcuni valori da difendere, come l’aborto e i diritti umani». Pur non volendo commentare le scelte democratiche degli italiani, è necessario sottolineare in che direzione si muove l’Ue. Naturalmente saremo attenti, con la presidente della Commissione europea che questi valori sui diritti umani e sul diritto all’aborto, siano rispettati da tutti».
Ma Giorgia Meloni vuole davvero compiere un’inversione su diritti umani ormai acquisiti dall’occidente come ad esempio l’aborto? A giudicare da fatti e proposte, non sembrerebbe lampante. Ma ad accendere l’allarme basta il concetto da lei espresso secondo cui in primis si dovrebbero aiutare le donne a non abortire. Un’affermazione che a molti pare non rendere conto del problema oggettivo dovuto agli obiettori di coscienza e a una libertà di scelta che comunque può essere legata a vari contesti. Segno questo, ovviamente, della cultura di destra della Meloni, figlia di ambienti in cui la legge 194 viene percepita innanzi tutto come un’affermazione di una visione del mondo meno ancorata ai valori basilari della civiltà cristiana.
Marine Le Pen, infatti, ha fatto da contraltare, affermando in un tweet: «Il popolo italiano ha deciso di prendere in mano il proprio destino eleggendo un governo patriottico e sovranista. Complimenti a Giorgia Meloni e Matteo Salvini per aver resistito alle minacce di un’Unione Europea antidemocratica e arrogante ottenendo questa grande vittoria».
Gli italiani intuiscono molto meglio dei cugini europei cosa il primo partito d’Italia voglia fare. E il sentore è che si concentrerà sulle questioni più urgenti dovute al costo della vita. Ma sull’idea di vita in generale certamente dovrà rispondere. Tra non molto gli interrogativi, soprattutto delle donne, saranno risolti.