Politica

Meloni a pranzo da Mattarella prima di volare a Bruxelles. L’Italia vuole soluzioni idonee

22
Marzo 2023
Di Giampiero Cinelli

 Prima di ogni Consiglio europeo, il capo dello Stato Sergio Mattarella è solito ricevere al Quirinale il premier e i ministri competenti per un pranzo di lavoro. Da quando c’è Giorgia Meloni, difficile capire quale sia il clima a tavola. Dato che il presidente del Consiglio, fin ora, è andata ai tavoli di Bruxelles non raramente rappresentando posizioni alternative o apparentemente meno dominanti. Domani e dopodomani si discuterà di temi cruciali quali le materie prime, la normativa sull’industria a zero emissioni e la revisione della disciplina sugli aiuti di Stato. Argomenti su cui Meloni non è certo ermetica e che sono stati affrontati poche ore fa nelle comunicazioni d’intenti, relative appunto al Consiglio da affrontare, che Giorgia Meloni ha reso in Senato e alla Camera, e su cui pare il governo andrà a cercare mediazioni e possibili diverse modulazioni.

“Aggiungi un posto a tavola”

Oggi i suoi commensali, oltre a Mattarella, erano il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Alfredo Mantovano il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il ministro della Difesa Guido Crosetto, quello delle imprese Adolfo Urso, il ministro per gli affari europei Raffaele Fitto e il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti. La presenza del leghista se non è formale rincuora i governisti e non solo, dato che stamane, durante l’intervento di Meloni a Montecitorio, i banchi dei membri di governo del Carroccio erano vuoti, tranne quello di Valditara (Istruzione).

I punti da discutere

Abbiamo detto della non ortodossia di Giorgia Meloni. In effetti, su quasi tutti i punti all’ordine del giorno a Bruxelles sembra cercare una sua strada: posto che la criticità materie prime resta, anche se appare un po’ meno soffocante rispetto ai primi mesi dell’anno, il premier ha ribadito alle Camere di desiderare maggiore autonomia nel pianificare un programma di transizione ecologica, decidendone modi e tempi. A ciò si lega anche la direttiva in ballo sullo stop alle auto a benzina, ora accantonata ma di cui si tornerà a parlare. Zero emissioni “senza se e senza ma” non convincono il leader di questo governo, tornata a sottolineare l’importanza di adattarsi alle caratteristiche del nostro tessuto industriale con le relative specificità. Oggi alla Camera Meloni è stata chiara rispondendo al co-portavoce di Italia Verde Angelo Bonelli: «Siamo d’accordo sul fatto che c’è un problema e va affrontato, siamo d’accordo con gli obiettivi che l’Europa si dà sulla transizione verde. Su cosa non siamo d’accordo? Che l’Europa debba dirci anche quali sono le tecnologie necessarie per raggiungere quegli obiettivi. Io penso che la sfida di una nazione sia, al netto di quegli obiettivi, non devastare il proprio sistema produttivo. Lei dice che l’elettrico è la panacea – ha sottolineato il presidente del Consiglio rivolta al deputato –. Io su questo non sono d’accordo, perché non mi sfugge come componenti fondamentali dell’elettrico vengano estratti con tecniche che distruggono l’ambiente. Perché uno deve aprioristicamente seguire quello che altri sostengono invece di giocare una sua partita sul piano tecnologico?».

Gli incentivi pubblici

Il Consiglio europeo esaminerà anche la disciplina sugli aiuti di Stato. A riguardo è stata ottenuta una nuova deroga fino al 2025, che adesso si integra al programma di investimenti sulla transizione energetica. In merito c’è da aspettarsi un posizionamento più tattico da parte del capo del governo, perché se è vero che maggiori possibilità di spesa fanno gola a tutti, le maggiori risorse finanziarie della Germania possono condizionare il mercato europeo in peggio, anche alla luce del Patto di Stabilità, testo che dal 2024 presumibilmente riavremo riformato, tuttavia sempre recante la sua essenza. Importante sarà capire come il Consiglio penserà di conciliare il maxi-piano di incentivi green di Joe Biden con le esigenze delle aziende europee operanti fuori e dentro il territorio americano.

Rischio Tunisia

La questione migranti non verrà affrontata domani e dopodomani ma a giugno. Nonostante questo sembra chiaro che il governo tenterà di far luce sul dossier, reclamando la necessità di ridurre le partenze, invece che sperare su più sostegni e ricollocamenti. L’attenzione dell’esecutivo al controllo dei flussi lo si intuisce dalla telefonata, riferita da Meloni, tra lei e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, atto a trovare strumenti per evitare il default della Tunisia. Un evento che esporrebbe a massicce migrazioni sulle nostre coste. Non è escluso che la vicenda tunisina avrà uno spazio nella due giorni di Bruxelles.

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