“Nel corso della settimana avvierò un nuovo ciclo di consultazioni per verificare se è maturata qualche possibilità che oggi non si registra”. Con questo messaggio il presidente della Repubblica ha chiuso la prima due giorni di incontri con le più alte cariche dello Stato e i rappresentanti dei partiti a un mese di distanza dalle inconcludenti elezioni del 4 marzo. Il secondo giro di consultazioni è convocato per giovedì e venerdì prossimi e quello che in apparenza ha le sembianze di un nulla di fatto dice in realtà molto su come stanno evolvendo gli equilibri fra le forze politiche in una fase tanto delicata della storia repubblicana. Riconosciuto il forte aumento dei voti per M5s e Lega, Mattarella ha ricordato che attualmente nessuno dispone dei voti necessari per far nascere un governo, motivo per cui “è indispensabile che vi siano delle intese”. Il tempo in più concesso ai partiti è un modo per invitare le parti a un avvicinamento, nella ferma convinzione che il Capo dello Stato si adopererà in ogni modo per evitare nuove elezioni. Per superare l’impasse, Luigi Di Maio ha messo sul piatto un contratto di governo alla tedesca sulla base di quanto fatto in Germania da cristiano-democratici e socialisti per far nascere il quarto esecutivo Merkel. L’iniziativa certifica la centralità assunta da un movimento nato come semplice forza di protesta e oggi legittimato nelle urne da oltre 11 milioni di voti, così come la malcelata ambizione di chi per la prima volta vede stagliarsi nitidamente davanti a sé il profilo di Palazzo Chigi.
Lega e Pd sono i due destinatari, benché chiaramente alternativi, del messaggio-M5s, anche se le avances al partito che ha espresso gli ultimi tre presidenti del Consiglio paiono più che altro un’esca per stanare definitivamente il Carroccio. La divergenza di vedute fra i due leader dei principali partiti di centrodestra è infatti netta. Valgano le dichiarazioni rilasciate a margine dei colloqui quirinalizi: da una parte la conferma del segretario leghista che l’esecutivo non possa prescindere dal M5s, con cui il dialogo è ben avviato. Dall’altro l’attacco frontale di Berlusconi ai Cinquestelle e all’idea di “governi segnati da pauperismi e populismi”. Ma se per l’ex cavaliere la soluzione è nella riedizione aggiornata del Patto del Nazareno, magari nell’ambito di un esecutivo del presidente, la ferma indisponibilità Dem a prestare qualsiasi contributo di governo annunciata pubblicamente dal reggente Maurizio Martina è il segnale che dopo cinque anni passati sotto ai riflettori, oggi per il Pd è venuto il momento di farsi da parte. In attesa di scoprire come e se evolveranno i reciproci corteggiamenti, la cronaca degli ultimi giorni conferma in maniera plateale la portata della rivoluzione elettorale del 4 marzo. La tempesta perfetta uscita dalle urne ha strappato di mano l’iniziativa ai vecchi protagonisti della politica e messo in rampa di lancio due formazioni post-ideologiche e forse controverse come M5s e Lega, ma comunque capaci (prima) di intercettare le istanze dell’elettorato e (poi) di mettere da parte gli aspetti più peculiari della rispettiva offerta politica, per presentarsi come interlocutori affidabili davanti al Capo dello Stato. “Nel corso della prossima settimana avvierò un nuovo ciclo di consultazioni per verificare se è maturata qualche possibilità che oggi non si registra”. Con questo messaggio il presidente della Repubblica ha chiuso la prima due giorni di incontri con le più alte cariche dello Stato e i rappresentanti dei partiti a un mese di distanza dalle inconcludenti elezioni del 4 marzo. Il secondo giro di consultazioni è convocato per giovedì e venerdì prossimi e quello che in apparenza ha le sembianze di un nulla di fatto dice in realtà molto su come stanno evolvendo gli equilibri fra le forze politiche in una fase tanto delicata della storia repubblicana. Riconosciuto il forte aumento dei voti per M5s e Lega, Mattarella ha ricordato che attualmente nessuno dispone dei voti necessari per far nascere un governo, motivo per cui “è indispensabile che vi siano delle intese”. Il tempo in più concesso ai partiti è un modo per invitare le parti a un avvicinamento, nella ferma convinzione che il Capo dello Stato si adopererà in ogni modo per evitare nuove elezioni. Per superare l’impasse, Luigi Di Maio ha messo sul piatto un contratto di governo alla tedesca sulla base di quanto fatto in Germania da cristiano-democratici e socialisti per far nascere il quarto esecutivo Merkel. L’iniziativa certifica la centralità assunta da un movimento nato come semplice forza di protesta e oggi legittimato nelle urne da oltre 11 milioni di voti, così come la malcelata ambizione di chi per la prima volta vede stagliarsi nitidamente davanti a sé il profilo di Palazzo Chigi.
Alberto De Sanctis