Politica

M5s, la “festa della democrazia” si risolve in un plebiscito per Conte, ma resta e aumenta il dualismo con Di Maio. Grillo, intanto, è muto..

05
Agosto 2021
Di Ettore Maria Colombo

Più che un voto, per Conte, un plebiscito…

Un plebiscito e, anche, un’accelerazione. Inizia nel segno di questi due elementi la scalata alla leadership del M5S da parte di Giuseppe Conte. Il voto sul nuovo Statuto, di fatto, lo ha già incoronato leader del Movimento. La maggioranza degli aventi diritto tra gli iscritti al Movimento è stata ampiamente superata, questo nonostante le fosche previsioni della vigilia che temevano si dovesse ripetere la conta, ove non si fosse raggiunta la soglia dei 50 mila votanti, il che avrebbe voluto dire ripetere la votazione, dove sarebbe bastata la maggioranza semplice.

A votare, nelle due giornate di consultazioni su SkyVote (gli iscritti erano quelli della piattaforma Rousseau che sono stati ‘deportati’ sulla nuova piattaforma, manu militari, dopo il ‘divorzio’ dalla Casaleggio Associati a suon di avvocati). sono stati 60.940 iscritti su 113.894. A dire sì allo Statuto dell’avvocato del Popolo è stato l’87,35 dei votanti, anche se resta quel dato curioso del 12% di contrari. Niente secondo turno, quindi.

E, dunque, trattandosi, appunto, di ‘plebiscito’, l’ex premier decide di accelerare. Il 5 e 6 agosto – le date che erano previste per la seconda consultazione sullo Statuto, ove non si fosse raggiunto il quorum nella prima convocazione – si voterà per la leadership contiana. E, anche in questo caso, la vittoria di Conte è già assicurata.

 

Basti pensare che il ‘cambio’ di Statuto, lo scorso febbraio, fu votato da una media di poco più di diecimila iscritti. Bazzecole rispetto ai 60 mila di sì giunti allo Statuto contiano, definito da Crimi “una pietra miliare” (sic) del nuovo M5S.

La “festa della democrazia” (contiana) sventa pure gli attacchi hacker alla piattaforma Sky vote

 

“Oggi è un grande giorno, una grande festa di partecipazione democratica. Siamo quello in cui crediamo. Crediamo nella democrazia partecipata quale motore per dare ancora più forza alla nostra presenza sui territori e nelle istituzioni. Il voto di oggi non rappresenta un punto di arrivo, ma di ripartenza. Abbiamo un grande lavoro da fare, e come sempre dobbiamo farlo tutti insieme”, esulta il neo-leader Conte su Facebook subito, l’altra sera, in un post pubblicato a ridosso della diretta in cui Vito Crimi e il notaio Alfonso Colucci hanno annunciato i risultati. Crimi rivela anche che, nel corso delle votazioni, ci sono stati numerosi attacchi hacker, tutti respinti (evviva!). “Lo scrutinio è stato segreto e sicuro”, gli fa eco Colucci, notaio del nuovo corso del M5S. E sebbene non venga mai nominato pensare a una sotterranea frecciata alla piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio non è un’esagerazione.

Ma restano molti nodi ancora aperti per Conte

 

Guai finiti per Conte? No. L’ex premier, una volta incoronato leader, dovrà presentare il suo organigramma, che è e sarà piuttosto complesso, tra vicepresidenti, consiglieri nazionali e numeri uno dei diversi comitati istituiti dal nuovo Statuto. La corsa alle cariche interne è già iniziata. Paola Taverna e Stefano Buffagni – tra i primi ad applaudire entusiasti il voto allo Statuto – sono in corsa, ma tanto quanto Lucia Azzolina, Chiara Appendino come pure diversi altri big.

Luigi Di Maio e Roberto Fico, che scelgono di non intervenire, per ora, sull’esito del voto, potrebbero invece rivestire il ruolo di ‘saggi’ nel Comitato di Garanzia proposto da Beppe Grillo – il quale, a sua volta, non dedica uno straccio di commento per dire ‘quanto è bravo’ Conte – Comitato che ha il potere, previa consultazione degli iscritti, di sfiduciare il leader, cioè Conte.

Le prime possibili espulsioni dell’era Conte…

 

E da neo-leader Conte avrà subito una grana: usare il bastone o la carota con i due voti contrari – i deputati Frusone e Vianello – al ddl sul processo penale approvato ieri alla Camera, oltre che ne confronti dei 16 assenti non giustificati in occasione del voto finale sulla riforma Cartabia.

 

E proprio nel giorno dell’approvazione della riforma Cartabia viene recapitata, ad alcuni deputati pentastellati, una lettera del Comitato direttivo del Movimento in cui si chiede – entro giovedì, cioè oggi – di “fornire una congrua ed esaustiva delucidazione” dopo che lo scorso 23 luglio non hanno preso parte alla votazione sul voto di fiducia e finale del Dl Semplificazioni.

 

Nella lettera si ricorda che l’assenza a votazioni politicamente ed istituzionalmente rilevanti “si pone in contrasto con i principi di partecipazione e di responsabilità, nell’ambito della leale collaborazione tra i componenti del nostro gruppo parlamentare”. La presa di posizione del Comitato direttivo, da quanto si apprende, avrebbe prodotto un certo malumore tra le truppe, e non solo tra i destinatari della lettera.

 

Il metodo adottato per la richiesta di chiarimenti non sarebbe infatti piaciuto tra le file grilline. Da capire adesso se lo stesso copione verrà adottato anche per le assenze che si sono verificate al Senato e per le votazioni di questi ultimi giorni, sempre a Montecitorio, sulla riforma Cartabia.

Il dualismo Conte-Di Maio non cessa, anzi…

La “festa della democrazia” è stata una Festa, ma va tutto bene, dunque? Mica tanto. Innanzitutto, i poteri del Garante, Beppe Grillo – è lui che ‘indica’ agli iscritti di eleggere Conte presidente – escono non solo intatti, ma rafforzati. E Grillo neppure si perita di dire una parola che sia una per esprimere, pubblicamente, la sua ‘gioia’ per la “festa della democrazia” che ha incoronato Conte.

 

In secondo luogo, emerge con sempre più forza la posizione ‘centrale’ – oltre che ‘moderata’ e ‘draghiana’ del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio che sempre di più si pone in antitesi a Conte. Certo, Di Maio non ha alcuna carica formale (ma dovrebbe figurare nei tre componenti del comitato di garanzia, l’unico che può sfiduciare il presidente, cioè Conte), mentre il secondo sta per assumere ‘pieni poteri’ nel M5s.

 

La cosa curiosa, e un po’ inquietante, è che i due – pur dissimulando contrasti e negando dissapori – si parlano, ormai, solo attraverso le interviste…

 

Prima, escono i retroscena in cui, sulla riforma della Giustizia, Conte ricopre la parte del ‘falco’, pronto persino a causare una crisi di governo, e Di Maio quella del ‘mediatore’ che porta a casa il risultato. Conte si imbufalisce, i suoi strepitano (“Di Maio è solo una minoranza, dentro l’M5s”), Casalino fa uscire una nota in cui ‘impone’ ai giornali il ‘divieto’ (sic) di scrivere che, nel M5s, esistono “le correnti”, “vietate dallo Statuto”. Poi, Conte parla alla Stampa e scandisce: “tutti, ma proprio tutti, devono uniformarsi alla decisione e all’indirizzo assunti, altrimenti non avremo un movimento politico ma un condominio”. Tradotto: ‘questa è casa mia, e qui comando io’. O, anche, ‘Luigi statt’e bbuono e al posto tuo’…

 

Di Maio fa passare un giorno e, poi, a Repubblica dice: “chi minaccia il governo affossa la ripresa del Paese”, “chi pensa a elezioni anticipate è folle”, etc, ma fa pesare anche che la mediazione, sulla giustizia, l’ha trovata lui, come pure è vero: “Io mi sono esposto, andando incontro ad attacchi, ma l’ho fatto con in mente un obiettivo: trovare unità. Perché la mediazione, se non è al ribasso, porta sempre frutti. In questo caso sono stati avere il Movimento unito e riforma salva”.

 

Infine, sulle ‘veline’ di questi giorni, nota che “ricevo attacchi, ma non leggo smentite” e anche: “queste diatribe interne non indeboliscono solo il Movimento, ma chi lo guida, è sempre stato così” – dice con esperienza di chi il M5s lo ha guidato.

 

Punture di spillo? Forse, ma il dualismo tra Conte e Di Maio resta in campo, nel M5s, e bello forte.