Politica
L’Italia al voto, tra i bagliori ad Est e le intese ad Ovest
Di Beatrice Telesio di Toritto
Si è conclusa tra riconoscimenti e plausi l’ultima missione internazionale di Mario Draghi, svoltasi a New York in occasione della 77esima Assemblea generale dell’Onu. Nel suo intervento davanti all’Assemblea, Draghi ha condannato senza mezzi termini l’invasione russa dell’Ucraina e promesso che l’Italia continuerà a sostenere Kiev nell’ambito dell’alleanza Nato. Impegno ribadito anche nel breve incontro informale avuto con il presidente americano Joe Biden, dove è stata assicurata la massima disponibilità di Roma su nuove forniture militari all’Ucraina, sulle sanzioni contro Mosca e sul rafforzamento della Nato lungo i confini est del continente. Nel corso di tutta la missione americana, Draghi ha portato avanti una linea chiara e decisa, prerogativa di gran parte della sua leadership: fin quando sarà a Palazzo Chigi l’impegno italiano verso gli alleati sarà garantito. Non di meno, Draghi ha cercato anche di rassicurare le Cancellerie sulla continuità della linea euro-atlantica del nostro Paese indipendentemente da chi vincerà le elezioni politiche domenica prossima, promettendo come anche nei prossimi anni l’Italia continuerà a essere protagonista della vita europea in concerto con gli alleati della Nato.
Il tutto accadeva mentre, per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il Cremlino ha ordinato una mobilitazione, sia pur parziale, delle sue forze richiamando circa 300 mila riservisti. A sette mesi dall’inizio della guerra, Vladimir Putin scopre finalmente le sue carte parlando non più di “denazificazione” dell’Ucraina ma di difesa del territorio nazionale dall’Occidente collettivo che vuole «indebolire, dividere e distruggere la Russia». La scelta e l’uso di queste parole hanno un peso e un significato ben preciso: la guerra ha sconfinato e raggiunto la Russia, o almeno questa è la percezione. Insieme alla frettolosa convocazione dei referendum tra il 23 e il 27 settembre per l’annessione di alcune aree del Donbass, il presidente russo è tornato perfino ad evocare la minaccia nucleare, ricordando all’Occidente che il Paese dispone anche di vari strumenti di distruzioni ed è pronto a utilizzare «tutti i mezzi a disposizione» per proteggere la Russia.
Secondo Draghi la posizione dello Zar può essere spiegata solo alla luce dell’effetto «distruttivo e dirompente» che le sanzioni occidentali stanno avendo sulla macchina militare di Mosca. E non è certo il solo a pensarla così. La tesi condivisa con Biden è quella secondo cui l’economia russa è così indebolita da rendere sempre più difficile reagire alle sconfitte che ormai si stanno accumulando sul campo di battaglia. È infatti probabile che a determinare la decisione di Putin sia stata l’improvvisa controffensiva dell’Ucraina nel nord-est del paese che ha fatto riguadagnare all’esercito grandi porzioni di territori occupati. In ogni caso, è indubbio che la nuova postura russa dia adito a un’ulteriore escalation di tensione, con probabili conseguenze per l’Europa e per l’Italia. Inevitabilmente, le minacce di Putin all’Ucraina e al mondo finiscono al centro anche della campagna elettorale italiana giunta ormai alla sua fine. Domenica si celebrano le tanto attese elezioni politiche.
I posizionamenti sullo scacchiere internazionale sono stati uno dei temi cardine dell’ultima settimana di schermaglie tra partiti e coalizioni e la strategia è stata sempre la stessa: il Pd demonizza e il centrodestra replica tranquillizzando Europa e Usa. Una retorica che non sembra avere spostato granché le proiezioni dei sondaggi a vantaggio del Pd, che chiude così una campagna elettorale non entusiasmante, ancorché difficilissima. Stessa cosa il centrodestra, che sostanzialmente si è solo dovuto preoccupare di arginare gli effetti dei colpi, deboli, della propaganda avversaria. Chi ha stupito è stato Giuseppe Conte, che si è mosso molto bene sui territori e sul fronte della comunicazione: ha dato l’impressione di riuscire a rivitalizzare la polemica ardente del suo elettorato, ma incanalandola in una proposta istituzionale molto convincente. Il risultato è stata la rimonta del M5S, soprattutto al Sud, un’area che si rivelerà ago della bilancia del risultato elettorale complessivo. La rimonta del M5S minaccia tra l’altro proprio il Pd nei collegi meridionali: la vittoria in molti collegi uninominali da parte dei candidati M5S, infatti, potrebbe penalizzare il Pd anche nella quota proporzionale, a causa dell’impossibilità del voto disgiunto. Ma il vero voto alle campagne elettorali lo daranno gli italiani domenica sotto i riflettori di mezzo mondo, curioso di vedere chi vincerà le elezioni politiche e con quale scarto. Buon voto a tutti.