Politica
Le vittorie in trasferta del governo Meloni
Di Beatrice Telesio di Toritto
Patrick Zaki è stato liberato. L’attivista e studente egiziano dell’Università di Bologna ha ricevuto mercoledì la grazia da parte del Presidente Abdel Fattah al-Sisi, dopo essere stato condannato a tre anni di carcere qualche ora prima. Arrestato a febbraio del 2020 con l’accusa di aver criticato in un articolo il governo per il trattamento riservato alla comunità cristiana copta, Zaki aveva scontato già un anno e 10 mesi di carcere prima della sentenza più recente che non ammetteva appelli. Un risultato quindi insperato e celebrato dai più come una grande vittoria diplomatica per il Governo guidato da Giorgia Meloni, la quale sembra abbia discusso della questione con al-Sisi sin dal loro primo incontro lo scorso novembre. Nonostante né l’Egitto né l’Italia abbiano ancora fornito dettagli su come si sia arrivati a questa decisione, è sempre più accreditata l’ipotesi secondo cui la grazia sarebbe stata “facilitata” dai rapporti diplomatici sempre più intensi stabiliti tra il governo egiziano e quello italiano negli ultimi mesi. A specificare come non ci sia stato «nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco» è stato invece il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, come a voler escludere che tra il governo italiano e quello egiziano ci sia stato uno scambio tra la libertà di Zaki e il silenzio sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano rapito e ucciso a Il Cairo nel 2016. La grazia concessa a Zaki e il conseguente permesso di rientro verso l’Italia possono allora essere letti come un segnale di distensione voluto dall’Egitto che desidera mantenere un buon equilibrio con Roma e confermare gli interessi economici che legano due tra i principali attori nel Mediterraneo. D’altro canto, anche l’esecutivo meloniano non ha mai fatto mistero della sua volontà di intensificare i rapporti bilaterali e cooperare con al-Sisi su diversi fronti, dall’energia all’agricoltura, dai flussi migratori agli scambi commerciali. Un’interlocuzione, quella con Il Cairo, che proseguirà su due binari: quello dall’Egitto all’Italia sui flussi migratori, anche in occasione della conferenza internazionale sulle migrazione organizzata a Roma, e quello dall’Italia all’Egitto sull’emergenza alimentare, soprattutto alla luce dei recenti sviluppi della guerra in Ucraina.La Russia è infatti tornata a sfruttare una delle armi di ricatto più potenti che ha al momento, quella del grano, non rinnovando il patto che ne aveva finora permesso la spedizione e la distribuzione nel mondo. Una decisione presa a seguito al nuovo attacco ucraino al ponte di Kerch, in Crimea, usato dai russi per rifornire le proprie truppe sul territorio. La comunità internazionale ha accusato il governo russo di «tenere l’umanità in ostaggio con il ricatto della fame» mentre Meloni ha condannato duramente la scelta affermando come sia «l’ulteriore prova su chi è amico e chi nemico dei paesi più poveri. Riflettano i leader di quelle nazionali che non vogliono distinguere tra aggredito e aggressore. Usare la materia prima che sfama il mondo come un’arma è un’altra offesa contro l’umanità». Di pari passo, si aggrava ulteriormente l’aggressione russa ai danni di Kiev con una nuova ondata di attacchi missilistici e droni mirati a mettere in ginocchio la società civile e la sua economia. Le sirene son tornate a suonare incessantemente anche nella regione della capitale che risponde come può all’attacco.Fibrillazioni anche nella politica italiana, dove non mancano certo le tensioni interne ai partiti e alle coalizioni. Il Pd si è infatti diviso sulla proposta presentata da Riccardo Magi (+Europa) di votare a favore di un emendamento per la maternità surrogata “solidale”, ossia quella senza scopo di lucro. Per il partito è diventata una questione simbolica ed etica e trovare la quadra non è stata un’ impresa da poco. Dopo diverse ore di confronto si è giunti a una soluzione “a metà” procedendo verso un’astensione al voto sull’emendamento che però sembra non aver accontentato nessuno e, per l’ennesima volta, e aver confermato la lacerazione interna al partito. Il tutto mentre il M5S ha ottenuto invece una vittoria con la calendarizzazione della mozione di sfiducia alla ministra del Turismo Daniela Santanchè, fissata il 26 luglio al Senato. Un giorno in cui la maggioranza dovrà farsi trovare necessariamente compatta per il no. La mozione è infatti destinata a non passare ma sia le maggioranza sia le opposizioni sanno che la vera partita si giocherà nel prossimo futuro: il M5S è convinto che entro i primi di settembre la procura di Milano entrerà in azione con la richiesta di rinvio a giudizio della Ministra per la presunta gestione illecita delle sue società. A quel punto, spera il Movimento, il premier dovrà assumersi la responsabilità politica per aver confermato il ministro pur sapendo «come sarebbe evoluta la vicenda, sul piano giudiziario e non», ha affermato Giuseppe Conte.