Media, incassa, contrattacca. L’ “underdog” ha dato prova di innegabile carattere e personalità in questi primi giorni di legislatura. Tanto nelle Camere, quanto fuori. La settimana politica è andata esattamente come doveva andare, senza scossoni, né sorprese. Giorgia Meloni ha ottenuto la fiducia del Parlamento (235 voti alla Camera e 115 al Senato) e la coalizione è rimasta compatta. Anzi, ha guadagnato anche l’ammiccamento di Matteo Renzi, che ha promesso un’opposizione costruttiva e non ideologica, aprendo, di fatto, a possibili collaborazioni su alcuni provvedimenti. Eppure non sono mancate le solite schermaglie, tra tutte quella con Deborah Serracchiani («Le pare che io stia un passo dietro agli uomini?»), in cui il nuovo premier ha avuto modo di dimostrare tutta la sua grinta. Così come ha fatto con il suo discorso, robusto, deciso, responsabile, severo. Come ha detto il professor Sabino Cassese in una sua intervista a La Stampa «è stato un discorso da combattente».
Giorgia Meloni sembra avere ben chiaro che dovrà combattere. Dovrà farlo intanto all’interno della sua maggioranza, con i suoi alleati che in più frangenti non hanno mancato di manifestare il loro nervosismo. E il giro di nomine dei viceministri e sottosegretari, previsto nel Consiglio dei ministri di lunedì, dovrebbe essere un’occasione per soddisfare gli equilibri e renderli più stabili.
Ma dovrà farlo soprattutto all’esterno, con le opposizioni, da quella al momento più ideologica del Pd, spesso molto aggressiva ai limiti dell’eleganza istituzionale, a quella più militante del Movimento 5Stelle. E dovrà farlo anche con il pregiudizio, che dalle Camere a molte sfere della società civile si va inevitabilmente diffondendo, a volte per motivi meramente strumentali, a volte semplicemente per la paura e i sospetti innescati dalla diversità. Ma Giorgia Meloni ne è consapevole, come ha ammesso lei stessa nell’epopea dell’underdog: «Sono l’underdog, lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici. […] Alla fine di questa avventura a me interesserà una cosa sola: sapere che abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare per dare agli italiani una nazione migliore. A volte riusciremo, a volte falliremo, ma state certi che non indietreggeremo».
Un piccolo indietreggiamento, per la verità, anche se decisamente tecnico più che politico, si è consumato sul tema dell’innalzamento della soglia del contante, da 10 a 5mila euro. Un tema spinoso, questo, coerente con l’approccio economico molto flat del centrodestra, ma in controtendenza rispetto alle dinamiche europee. Tuttavia il dibattito si è svolto più sui giornali che nelle stanze di competenza. Del resto non poteva essere altrimenti. E sui giornali, tra interviste e dichiarazioni, si è palesato, per temi spot, in questi giorni l’indirizzo politico del governo. Dal neoministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, che ha chiuso allo scostamento di bilancio e ha invece annunciato una revisione della norma sugli extraprofitti per migliorarla e andare incontro alle esigenze di imprese e famiglie, al nuovo ministro della Salute Orazio Schillaci, che ha anticipato la postura meno restrittiva in merito al Covid, fino al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha spiegato la stretta sulle navi delle Ong.
Il governo dell’underdog, insomma, comincia ad affilare le armi, si prepara a una stagione difficile, agitata dal caro bollette, dalle avvisaglie della recessione, dall’inflazione record e dalle preoccupazioni internazionali. E con un primo esame da affrontare che sarà forse il più difficile: la legge di bilancio. Entro la fine di novembre (presumibilmente il 20!) il progetto di legge dovrà arrivare nella commissione Bilancio della Camera. Una commissione che, ad oggi, come le altre, ancora non è formalmente costituita.