Politica
La partita del Governo tra autonomia e Medio Oriente
Di Beatrice Telesio di Toritto
Settimana intensa per la politica nazionale, densa di polemiche e segnata dal sì del Senato ad una riforma molto importante per il centrodestra, quella sull’Autonomia differenziata. Una riforma di bandiera per la Lega, che punta a rafforzare l’impianto federalista dello Stato, ma che ha dato vita a un acceso dibattito, anche se fondamentalmente circoscritto al perimetro parlamentare. Le opposizioni si sono unite nel fronte del no. La maggioranza, dal canto suo, è apparsa compatta a sostegno di una legge che è stata votata forse più per pragmatismo che per reale convincimento. Sono tanti i tavoli su cui Meloni, Salvini e Tajani stanno dialogando, dalle liste per le europee a quelle per le regionali, fino alle nomine per le partecipate di Stato. Non era il momento per tirare la corda da un lato o dall’altro e il sì condiviso all’Autonomia differenziata rappresenta il rinnovo di un impegno comune ad andare avanti uniti e coesi. Tuttavia il percorso dell’Autonomia è ancora lungo, perché dopo il via libera delle Camere inizierà la fase di concertazione tra Stato e Regioni che richiederanno il trasferimento delle materie, in tutto 23. A quel punto le Camere torneranno in azione in fase di valutazione delle intese raggiunte. Dovrà esserci poi anche il lavoro dei tecnici per la predisposizione delle risorse finanziarie, l’emanazione dei Dpcm a garanzia delle prestazioni essenziali e l’ulteriore contributo amministrativo di una Cabina di regia istituita ad hoc.
A dominare invece sulla scena internazionale sono le recenti tensioni nel Mar Rosso dove le navi mercantili occidentali sono messe in pericolo dai continui attacchi degli Houthi, i ribelli dello Yemen sostenuti dall’Iran. Le aggressioni hanno un riflesso immediato sull’economia globale, non solo per le imbarcazioni colpite quanto per la scelta dei colossi del trasporto marittimo di circumnavigare l’Africa per evitare il passaggio nel Mar Rosso, aumentando esponenzialmente i costi e i tempi delle spedizioni. L’apposito dossier è approdato lunedì a Bruxelles, sul tavolo del Consiglio Affari esteri dell’Unione europea, presieduto come di consueto dall’Alto Rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell. Dalla riunione è emerso un sostanziale appoggio politico per l’avvio della missione navale “Aspides”, l’operazione militare europea in loco per la salvaguardia dei mercantili. Per il momento, l’azione si configura ancora come un “contenitore” vuoto tutto da riempire. I dettagli tecnici e le regole di ingaggio devono ancora essere discussi ma il via libera ufficiale è atteso entro la prossima riunione del Consiglio Affari esteri Ue del 19 febbraio. La conferma è giunta proprio dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, uno dei promotori insieme a Parigi e Berlino dell’intervento europeo. “Sarà una missione difensiva” dove però è consentito l’uso della forza in caso di necessità, ha precisato Tajani per poi aggiungere: “non è un intervento di guerra e non verranno colpiti obiettivi nel territorio yemenita. L’export rappresenta il 40% circa del nostro Pil: non possiamo permettere che a causa delle aggressioni dei ribelli Houthi sia intaccata una parte importante della nostra economia”. Il Ministro ha poi confermato, viste anche le preoccupazioni sollevate in tal senso da PD e M5S, che il Parlamento verrà informato quanto prima dei dettagli dell’operazione, pur sottolineando come non sia “un passaggio obbligato” avendo le Camere già approvato la missione Agenor nello stretto di Hormuz. Ed è su questa linea che Tajani ha iniziato martedì la sua visita in Medio Oriente, con una prima tappa in Libano per poi spostarsi in Israele e in Cisgiordania. Una due giorni delicata ed alta tensione dove il Ministro ha ribadito a più riprese ai suoi interlocutori gli sforzi italiani per una risoluzione del conflitto che preveda il raggiungimento dei “due popoli e due Stati”.