Politica
La danza dei numeri: le elezioni europee tra vittorie e illusioni
Di Piero Tatafiore
Soleva dire un raffinatissimo politico poi caduto in disgrazia che “i numeri riescono a dire quello che vuoi tu, dipende da come li metti”. Con questa massima il politico, intelligentissimo, riusciva a giustificare débacle durissime o a massimizzare vittorie travolgenti. Aveva ragione e queste elezioni lo confermano. L’analisi del voto può avere tante sfaccettature diverse, a seconda di come la si guardi. Di sicuro Giorgia Meloni è uscita vincitrice: ha superato le percentuali delle politiche anche se è scesa nei voti assoluti, circa 600.000 voti in meno a causa della bassissima affluenza sotto al 50%, per la prima volta inferiore alla media europea. Ma “detta Giorgia” può gioire per le oltre 2 milioni di preferenze, obbiettivo di inizio campagna e per aver grossomodo quadruplicato gli eletti rispetto alle Europee 2019. A gioire c’è pure Elly Schlein, forte del 24% e dei 250.000 voti in più conquistati. Mentre i suoi amici/nemici del campo largo, i 5 Stelle, sono stati i grandi sconfitti, col 9.9%, in calo rispetto alle Politiche di oltre 5 punti, ma soprattutto dimezzando i voti.
Ma qui entrano in gioco i numeri: in termini percentuali la somma tra Pd e 5Stelle alle Politiche 2022 era del 34%. Mentre alle Europee 2024 la somma dei due partiti è stata del….34% ! Nessuno scostamento, quindi, solo un travaso di voti dai 5S al Pd. Non si capisce dunque dove sia il trionfalismo della Schlein nell’affermare che “i voti dell’opposizione superano quelli della maggioranza”, visto che numericamente può anche aver ragione, ma era così anche due anni fa, quando ci furono le politiche. Anzi, in termini percentuali le forze di governo sono passate dal 43.79% del 2022 al 47.96% delle Europee, quindi gli italiani hanno promosso il governo. Quel che è certo è che il M5S ha pagato durissimo due aspetti: uno è la bassissima affluenza al Sud, storico bacino elettorale, con oltre 5 punti percentuali rispetto alle precedenti Europee e addirittura il 10% circa rispetto alle Politiche; l’altro è la mancata candidatura di Conte, soprattutto in rapporto a nomi poco noti presenti nelle liste gialle. E’ pure certo che, a destra, Forza Italia abbia vinto, guadagnando, rispetto alle Politiche, l’1.1% ma addirittura perdendo 38mila voti. Rispetto alle Europee precedenti (perché le mele andrebbero sempre raffrontate con le mele e le pere con le pere), FI guadagna lo 0.8% con grossomodo gli stessi voti. Insomma i 2.300.000 voti sembrano la soglia certa di Forza Italia, che ha ricevuto l’alloro della vittoria soprattutto per aver superato la Lega, dopo esserle stata dietro nelle due ultime competizioni nazionali. Lega che potrebbe, a ragione, dire di essere cresciuta, avendo preso lo 0.2% in più rispetto alle Politiche, ma in calo di oltre il 24% (!) rispetto alle Europee 2019 con ben 7 milioni di voti persi. Effetto Vannacci? Presto per dirlo, di sicuro per Salvini inizia un periodo difficile, sia internamente che nei rapporti con gli alleati. Chi ha vinto senza incertezze è stato AVS, Bonelli e Fratoianni, che con una campagna fortemente definita, quasi identitaria di sinistra e l’aggiunta del candidato-simbolo, Ilaria Salis, è riuscita a sfiorare il 7% con 7 eletti. Probabilmente parte dei voti in uscita dal 5S sono finiti in AVS, così come parte dei voti dei due grandi sconfitti, Stati Uniti d’Europa e Azione, entrambi sotto il 4% e dunque, come si suol dire, donatori di sangue. Voti (oltre 1.600.000), quelli di Renzi e Calenda, non convertiti in seggi a causa dello sbarramento e quindi redistribuiti tra tutti i partiti.
Ma c’è un dato che non si presta ad alcuna interpretazione: l’affluenza. E’ andata malissimo con un delta di circa il 15% rispetto alle Amministrative. Cioè alle Amministrative ha votato circa il 15% in più rispetto alle Europee, forse sintomo di una disaffezione verso un’istituzione percepita come distante. L’augurio è che questi 5 anni di legislatura siano utili a riavvicinare gli elettori.