Politica

In ginocchio da te, Fedez. Il Pd è diventato un partito radical-liberale di massa. E anti-cattolico

25
Giugno 2021
Di Ettore Maria Colombo

Il Pd, un partito che ‘s’inginocchia’ a seconda dei soggetti sociali e politici che lo chiedono…

Curioso partito che è diventato, il Pd. I giocatori dell’Italia si dovevano ‘inginocchiare’, in segno di rispetto per la protesta del Black Lives Matter. “Una brutta scena non vederli inginocchiare tutti” ha detto, giorni fa, il segretario dem, Enrico Letta, negli studi di Otto e Mezzo (la 7), commentando il fatto che, all’inizio della partita con il Galles, alcuni azzurri si erano inginocchiati ma altri no. Ora, al netto di una protesta sacrosanta, quella dei neri d’America, contro le violenze della Polizia, persino negli United States non tutti i giocatori delle varie squadre di football, baseball, basket e, ovviamente, soccer, lo fanno, non si capisce perché lo dovrebbero farlo le squadre… europee.

Dall’altra parte, invece, il Pd non ha alcuna ‘intenzione’ di inginocchiarsi alle ‘tonache’ di OltreTevere. Insomma, “il ddl Zan va bene così com’è, lo porteremo direttamente in Aula ha i numeri per passare, la Chiesa non s’ingerisca e non violi la libertà del Parlamento di legiferare” ha detto – schematizzando – Enrico Letta (cioè un cattolico, anche praticante) e a brutto muso alla Santa Sede e al Vaticano (e, quindi, pure al Papa), oltre che alla Cei, in merito alla nota diplomatica con cui la Chiesa ha eccepito sul ddl Zan il quale, almeno in alcune sue parti (la libertà di opinione e la libertà di insegnamento nelle scuole cattoliche) violerebbe alcuni principi fissati nel Concordato, quello del 1929 poi modificato nel 1984 da Craxi.

Libera chiesa in libero Stato. I dem e… Cavour

“Libera chiesa in libero Stato” squittiscono i dem, compresi quelli che vengono dalla Margherita, e non solo quelli che vengono dai Ds (per dire, pure Base riformista si è accodata al ‘dalli al pretazzo!’) manco fossero loro i degni eredi di Camillo Benso, conte di Cavour. Il quale fu padre dell’Italia Unita, sotto il regno di Savoia, sì, ma tra spruzzate di Massoneria e di anticlericalismo. Ora, al netto del fatto che gli ultimi epigoni del liberalismo italiano – il Pli di Malagodi e Zanone, il Pri di La Malfa (padre) e Spadolini – sono belli che scomparsi con la fine della Prima Repubblica e che quel poco di liberalismo – mal digerito – che è rimasto vivo nella seconda Repubblica trovò casa dentro Forza Italia, la Cdl e la Pdl, non certo dentro il centrosinistra, va riconosciuto che il rapporto tra la Chiesa cattolica e gli eredi del Pci-Pds-Ds, cioè il Pd, è sempre stato conflittuale, anche ai tempi dell’Ulivo. Chi ha dimenticato le parole del fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi, contro l’allora segretario della Cei, mons. Ruini, che promosse l’astensione (vincendo la partita, una delle poche, va detto, vinte dalla Chiesa) sul referendum sulla procreazione assistita contro i “cattolici adulti”, come si definì Romano Prodi, che invece andarono a votare contro l’indicazione della Cei per abrogare, non riuscendoci, la legge?

Dai ‘cattolici adulti’ di Prodi al ‘laicismo’ del Pd

La verità è che – dai Pacs ai Dico (sempre sotto un governo Prodi, provvedimenti mai approvati) fino alle unioni civili volute dal governo Renzi (e passate solo grazie al voto, in Parlamento, da Ala, il gruppo di Denis Verdini uscito dal Pdl-FI) – il Pd ha sempre dato grossi dispiaceri, alla Chiesa. Almeno a quella italiana, ecco, cioè alla Cei che, non a caso, sia in epoca ruiniana (durata più di un ventennio) sia in epoca post-ruiniana (quella del card. Bagnasco e l’attuale, guidata da Bassetti) si sono sempre ‘accomodati’, politicamente, più dalle parti del centro (Udc, FI e dintorni) e del centrodestra che dalle parti del centrosinistra, anche se, ovviamente, il ‘peso’ delle indicazioni della Cei nel voto, anche dei cattolici praticanti, si è ormai ridotto al minimo. La tradizione ‘cattolica’ e, alla lontana, confessionale, del PPI di don Sturzo, della Dc di De Gasperi e di Moro, del PPI di Martinazzoli, Castagnetti (e Mattarella) è di fatto svaporata, una volta entrata nel Pd. Ultimo epigono, ancora combattente e resistente, quell’ex ministro all’Istruzione, il cattolicissimo Beppe Fioroni, che si oppose persino all’ingresso del Pd nel PSE-DE, unico e solo a votare ‘no’. Minutaglie. Oggi il Pd è un partito laico, laicissimo (fin troppo? Chi può dirlo), anche nella sua parte ‘post-diccì’ ed ‘ex-margheritina’, cioè in quella Base riformista che, su diversi temi, dà filo da torcere ai vari segretati che si succedono (da Letta a Zingaretti), ma che di battaglie cattoliche identitarie non ne fa e non vuole farne. Anche la parte ex comunista, ovviamente, è laica, anzi: direttamente ‘laicista’, con tratti anticlericali e, ormai, assai vicina alle posizioni dei radicali, dei boniniani e dei centristi laici alla Calenda. Dimentichi della lunga, e raffinata, tradizione che aveva fecondato il pensiero di Gramsci sul ‘cattolicesimo di popolo’ e che fece cogliere prima a Togliatti, con il voto favorevole del Pci all’inserimento dei Patti lateranensi in Costituzione, all’articolo 7 (socialisti, azionisti e repubblicani erano contrarissimi, molti votarono no) e poi a Berlinguer, con la formulazione del ‘compromesso storico’, l’incontro con la Dc di Moro e il periodo della solidarietà nazionale, da Occhetto a D’Alema, passando per l’irenismo di Veltroni (ateo senza fede, eclettico, panteista…) e per l’indifferentismo di Zingaretti, gli epigoni del Pci, si sono dimostrati sostanzialmente ‘freddi’, se non distanti, dal fenomeno religioso. Per non dire di esponenti ex dc stile Franceschini o Renzi tesi solo al potere per il potere, all’opportunismo.

Non hanno aiutato, va detto, i papi ‘stranieri’ dell’ultimo cinquantennio, lontani anni luce dalla politica italiana: l’anticomunista Wojtyla, il conservatore Ratzinger, l’ecumenico Bergoglio. La politica ‘interna’, ecclesiastica e sociale, è stata demandata, di papa in papa, alla Cei, e ai vescovi italiani, sempre meno influenti e capaci.

Il Pd non si inginocchia a nessuno! Tranne che a Fedez… (e, almeno, ieri c’era Nanni Moretti)

Certo è che, da questo punto di vista, non stupisce che, dunque, oggi nel Pd contino molto di più, per peso politico specifico e visibilità mediatica, senatori come Monica Cirinnà – ‘paladina’ dei diritti della comunità Lgbtq, nonché ‘affiliata’ all’area di Goffredo Bettini, il quale a sua volta vagheggia un “socialismo cristiano”, per rifondare il Pd, di cui non si capisce storia e filo – e deputati come Alessandro Zan – gay dichiarato, eletto la prima volta con Sel, cooptato nel Pd da Renzi, oggi esponente della sinistra interna – che decine e decine di parlamentari che, banalmente, stanno sui territori, fanno politica dal basso, lavorano nelle commissioni, partecipano a poche manifestazioni (tantomeno ai vari Gay Pride…) e non vengono invitati, ogni giorno, in televisione.

Come pure, si ‘capisce’ quanto pesi, oggi, nelle opinioni del Pd, nelle sue posizioni politiche (sic) e nella sua formazione del consenso mainstream la prese di posizione delle varie, e variegate, star musicali (Maneskin, Achille Lauro, Eloise, etc.), pop e social, fino al grottesco anticlericalismo di un ‘comunista col Rolex’ come il cantante Fedez che si chiede “chi cazzo ha concordato il Concordato”, attacca la Chiesa che “evade le tasse” (falso) e, ovviamente, “i preti pedofili”…

Certo, c’è da rimpiangere, se non i tempi in cui era il Partito che dettava la linea agli intellettuali (troppa grazia, in effetti), almeno quelli in cui gli intellettuali si chiamavano Norberto Bobbio, Umberto Eco e, perfino, Nanni Moretti, o, in campo musicale, Guccini, De André, De Gregori.

Il partito che s’inginocchia è diventato un non partito. Una proposta: chiamatevi radical-liberali

Ma un partito che ‘si inginocchia’ a Fedez un giorno sì e l’altro pure, tratta la Chiesa come “una putrescenza cui faremo sentire il liscio dei nostri manganelli” (e questo era il Duce, quello pre-concordatario, ma sempre rimasto anticlericale), nasconde, vergognandosi, un pezzo della sua storia e delle sue origini (la parte popolare-diccì, ma anche quella comunista e il suo tentativo di avvicinamento e conquista delle masse cattoliche) non può che trasformarsi, in definitiva, in un ‘partito radicale di massa’ come si diceva, in senso spregiativo, quando il Pci ‘sposava’ – in quel caso, invece, con esiti felici e capacità intuitive di andare contro una Chiesa retrograda – i referendum radicali sul divorzio e sull’aborto, seppure tra grandi timidezze, paure, incertezze. Invece, nessuna elaborazione di pensiero ‘democrat’ ha portato sollievo e intelligenze al dibattito sulla legge sulla fecondazione assistita, sull’eutanasia, sull’utero in affitto e, tantomeno, oggi, lo fa sulla teoria del gender, sul ‘pronismo’ alla frusta e isterica cultura del #Metoo e della ‘cancel culture’ (pericolosissima, peraltro), se non il ricalcare posizioni radicali, laiciste, iperliberali. Cosa e come si dovrebbe distinguere, oggi, il Pd dai radical-boniniani o dai liberal-liberisti italici non è più dato sapere, capire, comprendere. Come pure non si capisce in cosa un partito ‘socialista’ – appartenente alla famiglia del socialismo Ue – può portare, in termini di difesa dei diritti di tutti (‘non solo’ dei diritti delle minoranze lesbogay, per essere chiari) e di una società ‘aperta’ che non può certo essere ‘clericale’ o ‘confessionale’ (stupido e grottesco anche solo il pensarlo) ma che non può neppure essere la società dove tutti hanno solo diritti, mai doveri, mai responsabilità. Ecco, dunque, che il Pd potrebbe, in coscienza, cambiare nome. Chiamarsi Prl (Partito radical-liberale) e chiudere, per sempre, la ‘finta’ storia di una lunga eccezione che ha attraversato due secoli della storia d’Italia, quella di una Sinistra che sapeva coniugare diritti e doveri, libertà individuali e libertà sociali, benessere e progresso, emancipazione e liberazione di tutti, donne, uomini e, ovviamente, anche gay e lesbiche, ma anche atei, cattolici, altre religioni.

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