Politica

Il Terzo Polo vacilla, ma quanto costa l’autonomia di Calenda?

04
Agosto 2023
Di Giampiero Cinelli

«Ha ancora senso che Azione e Italia Viva continuino a stare insieme (come Terzo Polo)? Diamo un elemento di chiarezza, ognuno starà dalla sua parte, e sapremo che abbiamo anche un altro avversario politico. Ma continuare così mi sembra assolutamente non solo devastante ma anche deprimente. Ma questa è la mia opinione che sicuramente non sarà raccolta. Ogni volta che Calenda va in tv attacca Renzi frontalmente. Io ho sempre pensato che rompere quell’alleanza rappresentasse un tradimento degli elettori. Ma noi davvero siamo convinti che non sia arrivato il momento di smetterla?». Sono le dichiarazioni, quanto mai limpide, rilasciate a Radio Leopolda da Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva, ex Dem e politico di lungo corso.

Di fatto Giachetti mette sul tavolo la questione della separazione dei gruppi parlamentari di Azione e Italia Viva, spiegando: «I gruppi lavorano bene insieme su molte questioni di merito. Ma non vi è dubbio, dal Salario Minimo alla Commissione Covid e all’elezione diretta del premier, stanno emergendo differenze rilevanti. Nei prossimi giorni verificheremo con i vertici di Italia Viva le loro intenzioni». E secondo indiscrezioni di conversazioni private, il leader di Azione si è espresso disponibile a sancire il divorzio, che, se ci sarà, avverrà dopo le riunioni dei gruppi parlamentari, attese in questi giorni. Si era detto, non molto tempo fa, che l’alleanza sarebbe durata almeno fino alle elezioni europee, tuttavia ad oggi questa prospettiva sembra molto meno praticabile.

Ricordiamo che il sodalizio era servito anche a Carlo Calenda per non dover raccogliere le firme, in pieno agosto, in vista delle elezioni politiche svoltesi a settembre 2022, siccome Italia Viva era già in Parlamento. Ma cosa succederebbe se i due gruppi dovessero alla fine separarsi? A Carlo Calenda servirebbe un accordo con il Gruppo delle Autonomie. In caso contrario, secondo indiscrezioni – questo è abbastanza singolare dal punto di vista tattico – il Pd presterebbe due senatori ad Azione per evitargli di finire nel Gruppo Misto. Un’operazione del genere in realtà è già successa, quando la senatrice del Pd (ma eletta indipendente) Tatjana Rojc venne in soccorso di Giuseppe Conte nel gennaio del 2021, aderendo al Gruppo “Europeisti-Maie-Cd”. Così si tentava di far nascere il Conte Ter, ma poi fu la volta di Mario Draghi. La Rojc, ora tornata a Palazzo Madama tra le fila dei democratici, potrebbe essere il Deus ex machina anche nella fattispecie attuale, si vocifera.

L’altra senatrice Pd utile a Calenda sarebbe Francesca La Marca, eletta nel collegio nordamericano. C’è però un aspetto da sottolineare: la formazione di un gruppo autonomo al Senato di Azione potrebbe comunque essere approvato dagli uffici parlamentari, anche se mancherebbe il numero minimo di sei senatori (Azione ne ha quattro), in quanto il regolamento lo ammette nel caso di partiti evidentemente strutturati su tutto il territorio nazionale.

Qualora si optasse per le operazioni di prestito va da sé che il leader di Azione dovrebbe avvicinarsi alla politica del Pd, e già ci si chiede come Azione interpreterà il suo ruolo in ipotetiche elezioni anticipate. Probabilmente tenterà di nuovo di essere quella bilancia centrista che fa sponda al Pd quando serve e, a quel punto, anche se ciò sembra più fantapolitico, forse pure al Movimento Cinque Stelle.

Intanto il corteggiamento di Calenda alla Schlein sembra già iniziato. Se è vero che Azione ha sempre chiarito di voler cooperare con tutti, sembra però ora una convergenza abbastanza ad hoc. Soprattutto a giudicare da un tweet dell’ex manager che scrive: «Salario minimo, riforma dell’Ssn e smaltimento liste d’attesa, Pnrr per industria 4.0, riforma della giustizia, strategia energetica e nucleare, tempo pieno in tutte le scuole. Queste sono le nostre priorità… Tutto il resto è noia. Avanti Azione». Effettivamente, sul salario minimo c’era già stata un’intesa tra Azione e il Pd, però tutto il resto sembra molto distante dallo schema del Terzo Polo e dalle idee di Renzi. Un indizio in più che fa capire quanto i due siano distanti e come il Terzo Polo già appaia una chimera.