Politica
Il ruolo dei comuni e il Pnrr. Quattro questioni concrete
Di Gianni Pittella
E’ l’anno dei comuni. Questo è quanto emerso dall’Assemblea nazionale Anci che ha aperto ieri a Bergamo. Dai comuni, infatti, passano i finanziamenti del Pnrr, fondamentali per la ripresa delle comunità. All’evento ha preso parte anche Gianni Pittella, già vicepresidente del Parlamento europeo e attualmente sindaco di Lauria (Pz). Nel suo discorso ha toccato alcune problematiche di strategica importanza. Lo pubblichiamo integralmente.
Quattro sono le questioni concrete su Pnrr, fondi strutturali europei e ruolo dei comuni.
1) Non possiamo continuare a tenere il prosciutto sugli occhi. Il Next generation eu e il PNRR sono nati (e le istituzioni ne hanno dimostrato grande lungimiranza e unità d’azione) in un tempo completamente stravolto dalla guerra. La guerra non solo ha seminato lutti e dolore, ma ha prodotto una condizione economica e sociale profondamente diversa da quella per cui il PNRR era stato disegnato. E’ vero che esiste un contratto che lega i Governi e la Commissione Europea, ma è altrettanto vero che l’impennata inflattiva e il rialzo marcato dei costi di energia e materie prime pongono problemi non eludibili con la sufficienza che vedo in giro, in termini di costi, tempi, priorità d’intervento. Se i contratti sono vincolanti, le negoziazioni politiche tra i contraenti possono portare, ed io lo auspico fortemente, a rimodulare i costi, a prorogare le scadenze, a rivedere le priorità d’intervento, dando maiuscola urgenza al fabbisogno di energia. La mia piccola cittadina, Lauria, di cui sono sindaco, che ha 12.500 abitanti ha un sovracosto sul bilancio, per il rincaro energetico, di 400.000 euro.
2) Non si può pensare che la pubblica amministrazione aumenti la sua capacità di spesa, in forza del PNRR, del 40-50%, dopo aver subito i tagli di personale dal 2010 ad oggi. E ciò nonostante gli sforzi eroici che molti amministratori locali e il personale in carico stanno compiendo. E’ un’illusione, un’ipocrisia, un’ipoteca di fallimento dei programmi di spesa e di cattiva reputazione delle classi dirigenti, soprattutto quelle che governano i piccoli comuni. Servono nuove e ingenti professionalità distribuite attraverso unità di missione dedicate all’attuazione del PNRR.
3) La nuova programmazione 2021 – 2027 è ancora al palo. Eppure decenni di esperienza in questo campo, avrebbero dovuto insegnarci che un ritardo nell’avvio del settennato significa una sostanziale vanificazione delle scelte programmatiche, almeno parziale, perché se si inizia a metà percorso, si sarà costretti quando le scadenze bussano alla porta, a ricorrere agli escamotages tecnici ben noti per certificare la spesa purchessia, anche stravolgendo la programmazione. Di qui il mio accorato appello affinché governo e regioni accelerino, recuperando il recuperabile e rispettando il principio del partenariato con i comuni nell’attuazione dei quadri comunitari di sostegno.
Un addendum a questo punto: non si pensi di utilizzare questi fondi contro il caro bollette.
Si faccia ciò che si deve fare contro il caro bollette ma non si usino i fondi delle politiche di coesione che hanno altre finalità e che sono nati per assicurare il riequilibrio territoriale all’interno dell’Unione europea.
4) Infine un punto specifico relativo al rapporto tra Comuni e Governo sul PNRR. Ci sono indici e parametri previsti dai bandi del PNRR francamente molto discutibili. Uno di questi è quello della cosiddetta vulnerabilità sociale e materiale. Quasi tutti i comuni della mia regione (Basilicata) sono stati esclusi dai finanziamenti nell’ambito dei fondi sulla rigenerazione urbana perché non in possesso di un basso indice di vulnerabilità sociale e materiale. E ciò a dispetto del merito e della qualità dei progetti presentati. Il mio invito al governo è di trovare una soluzione che valuti la vulnerabilità sociale, insieme alla distribuzione territoriale e al merito dei progetti.