Politica

Il Rapporto sulla legislazione 2024-2025. Ascani: “Abbiamo bisogno dei Parlamenti”

14
Aprile 2025
Di Ilaria Donatio

“C’è un grande bisogno, non solo in Italia, dei Parlamenti”. Così Anna Ascani, vicepresidente della Camera e deputata dem, intervenendo a Montecitorio alla presentazione del Rapporto sulla legislazione 2024-2025: “Solo attraverso il confronto trasparente svolto nelle assemblee legislative le difficili scelte imposte dalle transizioni in atto, quella ambientale, quella energetica, quella digitale, potranno trovare la necessaria legittimazione democratica”. “La legislazione tra Stato, Regioni e Unione europea” è il titolo del Rapporto, presentato stamane presso la Sala della Regina di Montecitorio.

Ascani, rendere sempre più partecipe il Parlamento nella definizione delle politiche pubbliche
“Il Parlamento è invitato a potenziare i suoi strumenti conoscitivi e di lettura della realtà sociale”, ha detto Ascani introducendo i lavori: “È in quest’ottica che il Comitato per le attività di documentazione dell’Ufficio di presidenza, che ho l’onore di presiedere, ha svolto la sua indagine conoscitiva sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito parlamentare. Ed è sempre in quest’ottica che sempre nell’ambito del Comitato abbiamo iniziato un’attività istruttoria sulle buone pratiche che gli altri parlamenti europei e il Parlamento europeo hanno da tempo messo in opera sul monitoraggio e sulla verifica delle politiche pubbliche. L’obiettivo è quello di rendere sempre più partecipe il Parlamento sia nella definizione ex ante delle politiche pubbliche sia nella verifica dell’impatto che tali politiche hanno su importanti aspetti trasversali, quali quelli dell’eguaglianza di genere, del riequilibrio generazionale o della distribuzione territoriale”.

Il Rapporto: i problemi della legislazione e la risposta del Parlamento
L’analisi dei dati contenuti nel Rapporto conferma l’elemento problematico di una produzione legislativa nazionale che vede un consistente ricorso ai decreti–legge. Insieme, emerge una crescente attenzione, all’esterno e all’interno del Parlamento, a tale elemento critico, con alcuni primi segnali nella direzione di un esame maggiormente ordinato dei decreti–legge. 

Viene confermata la capacità trasformativa del Parlamento nei confronti dei decreti–legge: in termini percentuali, nella legislatura in corso, durante l’iter di conversione i testi dei decreti–legge sono cresciuti del 58 per cento con riferimento al numero dei commi e del 62,6 per cento con riferimento al numero di parole (nel corrispondente periodo della scorsa legislatura i due valori erano rispettivamente del 59,9 per cento e del 66,8 per cento). L’incremento del numero dei commi indica anche come la capacità trasformativa si traduca in un’integrazione dei testi decreti–legge piuttosto che in modifiche del loro contenuto iniziale.

Al tempo stesso, nella legislatura in corso un segnale di un orientamento ad una maggiore programmazione legislativa, può essere colto nel maggiore ricorso allo strumento della delega legislativa: nella legislatura in corso sono state approvate dodici disposizioni di delega, alcune di ampia portata come quelle in materia di riforma fiscale e di riforma dei mercati di capitali, contro le sette della legislatura precedente (solo in due casi si tratta di misure attuative del PNRR).

A fronte di questa situazione, appare di estremo interesse lo sforzo compiuto in alcune occasioni dalle presidenze delle Commissioni permanenti di garantire il buon andamento dei lavori nel corso dell’iter di conversione dei decreti–legge.

Il Parlamento al centro del sistema “multilivello” 
A fianco degli aspetti richiamati, dai dati del Rapporto risulta confermata la vitalità delle procedure parlamentari grazie alle quali le Assemblee legislative rimangono al centro di un processo normativo che ormai da molti anni è “multilivello” (Unione europea–Stato–Regioni) ed è organizzato in grandi “filoni” legislativi, cioè in politiche pubbliche che risultano trasversali ai diversi livelli di governo, coinvolgendoli tutti. 

Nel caso specifico della Camera si è registrato, soprattutto nella legislatura in corso, un incremento generalizzato delle attività svolte sia in Assemblea sia in Commissione. Al 31 dicembre 2024, il numero di progetti di atti legislativi dell’Unione europea esaminati, nel merito e soprattutto ai fini della verifica di sussidiarietà è più che raddoppiato, rispetto al periodo corrispondente della passata legislatura, come pure alla discussione di temi di attualità europea. Le sedute dell’Assemblea dedicate a temi europei sono raddoppiate mentre quelle delle commissioni sono aumentate di circa il 25%. Sono quasi triplicate le audizioni su temi o atti dell’Unione.

Le nuove politiche pubbliche e la sfida della conoscenza 
L’attenzione del Parlamento italiano ai processi normativi dell’Unione europea segnala la consapevolezza di un più ampio cambiamento in atto. Le difficoltà della legislazione già sopra richiamate appaiono infatti in primo luogo come il riflesso di una situazione sociale. Una situazione che appare, a sua volta, caratterizzata, ormai da molto tempo, dalla frammentazione delle domande sociali, dalla crisi e trasformazione dei soggetti sociali organizzati tradizionalmente mediatori tra istanze sociali e istituzioni politiche (partiti, sindacati), dall’influenza determinante assunta sulla formazione dell’opinione pubblica dal sistema mediatico e dalle piattaforme digitali che spingono verso risposte immediate e rapide. A ciò si accompagna la circostanza che l’attuale fase storica vede le democrazie avanzate confrontarsi con emergenze inedite: l’esperienza della pandemia, gli scenari di guerra, la transizione energetica e ambientale, quella digitale connessa con l’utilizzo delle tecnologie di intelligenza artificiale

I fenomeni più rilevanti a questo proposito appaiono due: la sempre più forte interconnessione fra il policy making nazionale e quello europeo e il progressivo e sempre più sistematico inserimento dei singoli interventi normativi nell’ambito di più ampie politiche pubbliche che si svolgono in termini temporali medio–lunghi. 

Alle tendenze centrifughe della frammentazione sociale, le istituzioni rappresentative europee e nazionali rispondono con moduli decisionali che propongono sintesi informate ad alcuni grandi obiettivi di politica pubblica. Questo metodo, inaugurato con i meccanismi del ‘semestre europeo’ già nell’ambito del vecchio patto di stabilità, è divenuto più sistematico e pervasivo con il piano Next Generation EU

Con esso l’Unione europea ha posto in essere un imponente programma di spesa, per la prima volta finanziato con emissioni di debito comune, finalizzato al raggiungimento di alcuni grandi obiettivi comuni (transizione energetica, transizione digitale, coesione sociale e territoriale). In questo programma, l’accesso degli Stati alle risorse finanziarie è subordinato all’adozione di riforme, anche legislative, che sono concordate con i medesimi Stati attraverso i piani nazionali di ripresa e resilienza. Si tratta di un profondo cambiamento: l’Unione non si limita più a chiedere agli Stati membri il raggiungimento di determinati saldi di bilancio bensì richiede l’approvazione di specifiche misure.

Il nuovo ruolo del Parlamento
Il ruolo del Parlamento in questo nuovo ambiente decisionale appare quindi condizionato da tre fattori: innanzi tutto, dalla capacità di inserire l’esame dei singoli interventi normativi nell’ambito della più ampia politica pubblica alla quale essi sono finalizzati; poi, dalla progettazione di procedure scandite in termini modulari, articolati per coprire l’intero arco temporale del processo decisionale cui si riferiscono; infine, dal supporto da parte di adeguate basi conoscitive in grado di acquisire ed elaborare la complessa mole dei dati generati dallo svolgimento delle politiche pubbliche (l’evidence–based policy–making). 

Infine, il Parlamento si è confrontato con la sfida della conoscenza attraverso il confronto con il tema dell’intelligenza artificiale. Più in generale sull’uso dell’intelligenza artificiale in ambito parlamentare, deve essere segnalata l’indagine conoscitiva svolta dal Comitato per le attività di documentazione della Camera.

A conclusione dell’indagine, il Comitato ha individuato alcuni principi per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito parlamentare: è stato rilevato come l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale debba essere trasparente, nel senso che le decisioni e i processi debbano essere sempre spiegabili, pubblici e comprensibili, consentendo un controllo democratico; conseguentemente il Parlamento deve acquisire tutte le informazioni e i diritti che consentano di illustrare il funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale utilizzati.

Tra gli altri principi individuati merita segnalare quelli dell’integrità informativa – cioè dell’importanza fondamentale della qualità di informazioni, dati e documenti utilizzati nell’addestramento dei sistemi di IA – della responsabilità umana – cioè della garanzia del costante controllo umano per cui l’implementazione dell’IA deve avvenire nel rispetto delle norme vigenti, delle prerogative del Parlamento e dei diritti e delle libertà delle persone – e della partecipazione pubblica, cioè un confronto pubblico costante, nel rispetto dei reciproci ruoli, in particolare con il mondo della ricerca e con gli operatori del settore, nelle scelte relative all’utilizzo dei sistemi di IA a supporto del lavoro parlamentare.

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