Politica

Il piano del governo per il Mezzogiorno. In arrivo 59 mld dal Fsc

19
Maggio 2022
Di Flavia Iannilli

Tempistica scandita, assunzione di responsabilità e coinvolgimento del Parlamento sono i pilastri per la costruzione concreta della programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) 2021-2027. Nel Documento di Economia e Finanza 2020 è stato stabilito l’ammontare complessivo delle risorse del Fondo. Si tratta di 73,5 miliardi di euro, al Mezzogiorno ne verrà destinato l’80%. Non è mai stata raggiunta una dotazione di questo tipo, pari allo 0,6% del Pil, nel ciclo 2014-2020 si era raggiunto lo 0,5%. Riassumendo sono risorse superiori a un terzo dei fondi del Pnrr. Questi i numeri che delineano il quadro generale, portati nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato dal Ministro per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, ascoltata questa settimana in audizione. 

Ad oggi il Fondo per lo sviluppo e la coesione può contare complessivamente su 55,9mld. Queste risorse andranno ripartite tra le 12 aree tematiche: Ricerca e innovazione, Digitalizzazione, Competitività imprese, Energia, Ambiente e risorse naturali, Cultura, Trasporti e mobilità, Riqualificazione urbana, Lavoro e occupabilità, Sociale e salute, Istruzione e formazione, Capacità amministrativa. La Carfagna ha specificato: «Gli obiettivi strategici sono stati individuati seguendo due criteri: addizionalità e complementarità rispetto ad altri strumenti di coesione, come il Pnrr». Il Fondo avrà la funzione di integratore rispetto al Piano nazionale di ripresa e resilienza e favorirà una tipologia di lavori che il Pnrr non può finanziare. 

Dalla ripartizione seguirà l’approvazione dei Piani di sviluppo e coesione (Psc). Lo strumento principale al servizio di amministrazioni centrali, regioni e città metropolitane affinché le politiche nazionali di coesione si concretizzino. «Il nostro obiettivo è giungere all’approvazione dei Psc entro la fine dell’estate» dichiara la Carfagna. La tempistica in questo caso è essenziale di modo che il Fsc non sia solo un tesoretto da cui attingere. 

Per questo il Ministro ha intenzione di promuovere incontri bilaterali con le diverse amministrazioni sia centrali che territoriali. Ai quali verrà affidata la titolarità dei Psc, affinché vengano condivisi gli obiettivi, i criteri di programmazione e le indicazioni che il Ministero riceverà dal Parlamento. 

È importante che i Piani di sviluppo e coesione di ogni amministrazione rispondano ai criteri di rapidità ed efficacia che sono dettati anche dal Pnrr. Oltre al raggiungimento di questi obiettivi il Ministero deve affrontare tutti i problemi strutturali derivanti dalla coda della programmazione 2014/2020. Programmazione che ha un altissimo livello di mancata attuazione, nonostante due successive proroghe di legge. La Carfagna specifica: «È un ‘non governo’ dell’Fsc che in parte contiamo di superare con le innovazioni normative – del dl Aiuti – e soprattutto con quelle a cui stiamo lavorando». 

Il fine ultimo è rendere il Fondo per la sviluppo e la coesione uno strumento ordinario adottando il Pnrr come modalità permanente di programmazione e attuazione di interventi soprattutto in prospettiva della riduzione di divari economici e sociali tra le aree del paese. Un obiettivo che la Carfagna definisce «ambizioso ma quanto mai necessario». 

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