Il profondo stupore del Colle, cioè l’irritazione di un Capo dello Stato che non darà alcun bis
Al Colle più alto regna “profondo stupore” – frase che, tradotta dal paludato linguaggio del quirinalese, si traduce in “forte irritazione” – per l’interpretazione che è stata data della pdl a prima firma Parrini-Zanda presentata e formalizzata, appena due giorni fa, in Senato.
Da più parti – i famosi ‘ambienti parlamentari’ che, in politichese, vuol dire tutto e, insieme, vuol dire niente… – si è, infatti, letta la riforma come una sorta di lasciapassare per un secondo mandato, a febbraio, per Sergio Mattarella, il cui incarico scade, formalmente, il 3 febbraio 2022. Secondo il ragionamento bizantino fatto in questi ambienti parlamentari per Mattarella si sarebbe fatta un’ultima eccezione prima del divieto assoluto. E poi, una volta approvata la riforma, Mattarella si sarebbe quindi dimesso.
Il Capo dello Stato, però, a chi lo ha cercato in queste ore, ha espresso tutto il suo stupore per questa lettura. Se è così, a maggior ragione io mi chiamo fuori, ha detto. Se davvero il Parlamento vuole questa norma per me vale subito, ha commentato. Insomma, ribadisce che per nessuna ragione al mondo è disponibile a un secondo mandato, né ha piacere o voglia o interesse che lo si tiri in ballo nei retroscena.
Que pasa? Che succede? Succede che, al Colle, sono arcistufi di lasciar correre anche solo il remoto pensiero, e supposizione, che l’attuale Capo dello Stato voglia restare in carica “anche solo per un po’, magari solo un anno, o due…”, come vagheggiavano i succitati dem, e dunque operano una di quelle smentite che, di solito, non fanno mai, dal Quirinale. E così, anche se lo stesso Presidente della Repubblica aveva detto, ai cronisti parlamentari riuniti per la cerimonia del Ventaglio, che “se dovessimo smentire ogni cosa che scrivete su di me dovrei farlo ogni giorno”, ieri è arrivato il momento di farla, la smentita. E che smentita! Una di quelle mai così nette, dure.
In cosa consiste la proposta Parrini-Zanda
Ma perché? Di che si parla? La pdl Parrini-Zanda è una proposta di legge di rango costituzionale – che abbisogna, dunque, per essere approvata, di una doppia lettura, in copia ‘carbone’, cioè conforme, e di una maggioranza di due terzi dei voti, in entrambe le Camere, per diventare legge – è stata formalizzata l’altro ieri e depositata, a palazzo Madama, dai due senatori democrat. Non certo due senatori qualsiasi, peraltro: il primo, Dario Parrini, toscano, ex renziano, è presidente della Prima commissione Affari costituzionali del Senato, ed è una mente raffinatissima, un asso, su molte questioni, a partire dai sistemi elettorali (pari solo, per capirci, al deputato e costituzionalista, pure lui dem, Stefano Ceccanti) tanto che è scritto di suo pugno il Provincellum, che si usa per votare nelle Province, la legge elettorale della Toscana e una pdl, ancora non formalizzata, per un nuovo sistema elettorale (di base un Provincellum, ma con ballottaggio, o doppio turno, tra le due coalizioni più votate). L’altro, Luigi Zanda, è stato capogruppo del Pd nella scorsa legislatura, ma soprattutto viene da una storia personale e da una famiglia, sarda, molto vicina a un ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga (tutti sardi). Di certo è un riformista doc, ma non iscritto a nessuna corrente, nel Pd, un libero battitore, ma molto ascoltato e ancora molto influente, nel Pd.
I due avevano proposto una cosa molto semplice, ma dalla ‘doppia lettura’ (politica, non formale): scrivere, in Costituzione, il divieto di rinnovo del mandato del Capo dello Stato – attualmente, sul punto, la Costituzione non si esprime, ergo: ciò di cui si tace è consentito, infatti Napolitano venne rieletto per un secondo mandato, nel 2013), e, contestualmente, abolire il semestre bianco, cioè gli ultimi sei mesi del settennato in cui questi non può, neppure volendo, sciogliere le Camere in via anticipata.
Per paradosso, erano le richieste di Mattarella
Il paradosso è che la proposta, così formulata, va incontro proprio alle richieste di Mattarella che, più volte, nel corso di quest’anno, ha sollevato, in diversi, e molto precisi, discorsi e interventi, entrambi i temi.
Ma la ‘seconda lettura’ che, in diversi ambienti parlamentari, specie del Pd, area ‘riformista’ (i due sono entrambi esponenti di Base riformista) era stata fatta correre, era machiavellica quanto ingegnosa. Sosteneva, in buona sostanza, tale machiavellica, ma non peregrina, interpretazione, che Mattarella – o, meglio, un generico ‘Colle’ (ergo, i suoi consiglieri politici, giuridici, mediatici) – ‘vedeva bene’, cioè approvava la proposta formalizzata dai due senatori democrat.
Grazie alla nostra proposta – questo il non detto che stava dietro la pdl, anche se i due proponenti hanno sempre negato, e recisamente, che vi fosse un tale ‘calcolo’ (ma Ceccanti, per dire, amico di entrambi, lo aveva esplicitato…) – tu, Mattarella, ti puoi sentire ‘rassicurato’ dal fatto che, dopo il tuo bis, al Quirinale, non ve ne saranno altri, e la cosa sarà sancita per legge e, cioè, scritta e inscritta dentro la Costituzione.
Anzi, una volta che la riforma costituzionale, nel giro di pochi mesi, o un anno, al massimo, sarà stata approvata, ti potrai anche dimettere. Avrai assicurato la ‘transizione’ verso il ‘Nuovo Mondo’, cioè le prossime elezioni politiche – a scadenza naturale, a marzo del 2023 – ci sarà un nuovo Parlamento, composto da 600 parlamentari e non più 945 come è, invece, ora, quindi il tuo compito, con l’arrivo delle nuove Camere e di un nuovo incarico di governo da dare alla coalizione vincente o, perché no?, a Draghi – il tuo compito sarà esaurito nel migliore dei modi e tu, caro Presidente, avrai ‘accompagnato’ la difficile ‘transizione’ italiana e sarai, anche, passato alla Storia con questo, ultimo, sacrificio.
Mattarella, come l’uomo del Monte, dice ‘no’
Ecco, andava tutto bene, all’apparenza. Tranne per un piccolo particolare, scoppiato ieri in pompa magna, e uscito su tutti i giornali e siti. Mattarella ha detto ‘no’, come l’uomo del Monte della vecchia pubblicità.
Mattarella non darà alcun bis e sarà il Parlamento, o, meglio, i suoi 1009 Grandi elettori, a dover sbrogliare la matassa.