62 imputati. 51 assolti e 11 condannati. E noi qui, a domandarci se essere felici o rammaricati. Questo è il sentimento che si prova ogni qualvolta ci troviamo di fronte a un’assoluzione: è la giustizia che funziona.
Ma vallo a dire a quei 51 che, magari, hanno subito il travaglio di un’indagine, di un processo, la vita messa a soqquadro gli sguardi sospettosi dei conoscenti (gli amici no, voglio sperare), il lavoro in crisi e la reputazione, così importante coi social di mezzo, che va a farsi benedire. Tutto questo e poi c’è il sollievo dell’assoluzione.
Ma quando le assoluzioni in un processo sono in un rapporto di 5 a 1 rispetto ai condannati, resta il sospetto che forse una stortura c’è stata, forse per moti di questi il rinvio a giudizio (e magari anche le indagini preliminari) non dovevano proprio esserci.
È quello che è accaduto al cosiddetto processo “Mensa dei poveri” che teorizzava un sistema di illeciti nella Regione Lombardia teso a spartirsi fondi, appalti e incarichi. Siamo in primo grado, magari l’Appello e poi la Cassazione riusciranno a limare al ribasso ulteriormente il numero dei condannati. E anche qui non sappiamo se augurarcelo o no, non sappiamo mai se è la vittoria della Giustizia o la dimostrazione della sua fallacia.
Di certo in questi giorni le polemiche non sono poche. Le pagine social della giudice Apostolico, colei che a Catania ha liberato 3 tunisini immigrati illegali in Italia, tra cui uno già espulso, grondavano, come rilevato da Libero e Il Giornale, di partigianeria sul tema immigrazione, prima di essere chiuse.
Mentre quelle del compagno, funzionario del Palazzo di Giustizia a Catania, continuano a dimostrare la vicinanza più stretta alle ONG attive nel canale di Sicilia e alle politiche di accoglienza indiscriminata. Così i 3 tunisini non possono essere trattenuti e l’immigrato già espulso è libero di chiedere asilo politico.
Il tutto mentre Matteo Salvini è sotto processo a Palermo per sequestro di persona in merito alla vicenda Open Arms, una vicenda che riguarda il periodo in cui era ministro dell’Interno. Il mondo al contrario, direbbe qualcuno.