Politica

Il governo Meloni è quello che ha varato più decreti attuativi dal 2014

05
Luglio 2024
Di Giuliana Mastri

Ci sono aspetti della vita politica che riescono ad essere spiegati nel modo migliore solo con i numeri. Sul governo Meloni si può pensarla in vario modo e certamente i provvedimenti emessi si prestano a varie interpretazioni, ma per quanto riguarda l’agilità dell’azione, ci troviamo di fronte a uno dei migliori esempi degli ultimi dieci anni. Lo certifica La “Relazione sul monitoraggio dei procedimenti legislativi e attuativi”, del Dipartimento per il programma di governo, che ha analizzato il numero di decreti attuativi pendenti complessivi sulle leggi approvate, quelli adottati e quelli non adottati dai diversi governi dal 2014 ad oggi.

Al 28 giugno del 2023, in valori assoluti, il governo Meloni ha ancora 495 decreti attuativi da adottare, di cui 277 gli stock dei governi precedenti e 218 dell’esecutivo in carica; nello stesso periodo del 2024 i provvedimenti da adottare sono 488, (159 delle legislature passate e 329 del governo). Mario Draghi nel 2022 registrava 535 provvedimenti attuativi da deliberare, ma aveva anche ereditato le montagne di carta dei governi Conte. Nel 2020 infatti i decreti attuativi non ancora sbloccati erano arrivati ad essere 927, eppure va considerato il fattore pandemia. Anche il primo anno da premier di Matteo Renzi non ha brillato in efficienza legislativa e burocratica, 775 i provvedimenti attuativi fermi nel 2014, anche se 611 erano dei governi precedenti.

Nella relazione emerge che, per quanto riguarda l’attuale esecutivo di centrodestra, «dei 164 provvedimenti legislativi pubblicati in Gazzetta, 72 sono autoapplicativi e 28 rinviano ciascuno a un solo provvedimento», vuol dire che il governo sta limitando il rimando ai decreti attuativi, cercando di costruire norme immediatamente effettive (le leggi che necessitano di un solo o nessun provvedimento attuativo sono il 61%). Al 28 giugno, il tasso di adozione dei decreti attuativi del governo Meloni è del 51,8%, con 353 atti su 682 previsti.

C’è anche un tema di risorse economiche sganciate, perché riuscendo ad adottare il 91,2% dei provvedimenti attuativi relativi alla scorsa legislatura (376 atti), sono stati resi disponibili 8 miliardi che altrimenti non si sarebbero visti. Un risultato dovuto principalmente a un cambio di strategia più che a una velocizzazione improvvisa degli iter. Ad ogni modo la burocrazia faraonica resta. Riuscire in parte ad aggirarla è però un elemento interessante da evidenziare.