Politica
Il governo mangia la colomba, ma pensa già al panettone
Di Alessandro Caruso
Il governo è arrivato a tagliare la colomba pasquale, eppure in molti, al suo insediamento, scommettevano su una durata molto breve. E le impressioni sono che questa legislatura intraveda già anche il panettone natalizio. L’attuale maggioranza, infatti, al netto del fisiologico calo di consenso, sembra, riuscire a superare anche gli ostacoli più difficili, spostando sempre il baricentro della discussione sulle politiche costruttive invece di impantanarsi nelle polemiche. Un esempio? Il caso migranti. La vicenda di Cutro, per quanto resti indelebile il ricordo del suo drammatico epilogo, ha lasciato spazio alla strategia offensiva portata avanti dal governo sul tavolo che conta per affrontare il problema, l’Europa. Ultimo atto proprio l’incontro con Pedro Sanchez, premier di Spagna, lo stato che presiederà il Consiglio europeo nel prossimo semestre, un incontro in cui si è parlato anche della soluzione continentale al problema migranti.
A confermare lo stato di salute della maggioranza è arrivata anche l’elezione di Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia. Da molto tempo la regione non rieleggeva il governatore uscente, ma il giovane e popolare leghista ha stravinto con il 64% dei voti, staccando di circa 30 punti il suo principale competitor Massimo Moretuzzo (PD-M5S). E per quanto le amministrative siano un capitolo a sé, in fondo rappresentano sempre un test indiretto per il governo. In questo caso il terzo, superato a pieni voti, dopo Lazio e Lombardia. La guida Meloni appare sempre più monolitica, forte di un sodalizio sicuro con gli alleati, che si sta manifestando anche nella partita delle nomine. L’unico imprevisto foriero di allarmi è l’improvviso ricovero di Silvio Berlusconi a causa di un’infezione polmonare nel quadro della leucemia cronica di cui soffre da tempo. Le condizioni del Cavaliere sono gravi e sono affidate alle cure del prof. Zangrillo, al San Raffaele di Milano. Una notizia che certamente crea tensione in Forza Italia, la cui guida è ancora saldamente nelle mani dell’ex premier e dei suoi strettissimi sodali.
Dall’altra parte l’opposizione è ancora divisa, unica novità è la nuova segreteria di un Pd sempre più “Schlein-oriented”. Unici nomi in quota minoranza sono Debora Serracchiani per la Giustizia, Davide Baruffi agli enti locali e Alessandro Alfieri alle riforme e Pnrr. Gli altri sono: Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria, terzo settore e associazionismo; Stefania Bonaldi, Pa, professioni e innovazione; Annalisa Corrado, conversione ecologica, clima, green economy e agenda 2030; Alfredo D’Attorre, università; Marco Furfaro, responsabile iniziative politiche, welfare, contrasto alle diseguaglianze; Maria Cecilia Guerra, politiche del lavoro; Camilla Laureti, politiche agricole e alimentari; Marwa Mahmoud, partecipazione e formazione politica; Pierfrancesco Maiorino, politiche migratorie e diritto alla casa; Irene Manzi, scuola, istruzione, infanzia e povertà educativa; Antonio Misiani, economia, finanze, imprese e infrastrutture; Giuseppe Provenzano, esteri, Europa e cooperazione internazionale; Vincenza Rando, contrasto alle mafie, legalità e trasparenza; Sandro Ruotolo, informazione, cultura e memoria; Marco Sarracino, coesione territoriale, sud e aree interne; Marina Sereni, diritto alla salute e sanità; Igor Taruffi, organizzazione Pd; Alessandro Zan, diritti.
Ma se lo scenario politico sembra anestetizzato lo stesso non può dirsi del mondo dell’editoria e della comunicazione, dove la settimana è stata scandita da importanti movimenti. Innanzitutto quelli in Rai, con la composizione della commissione di Vigilanza, la cui presidenza è andata alla grillina Barbara Floridia, e con il governo che sta mettendo mano nei palinsesti delle varie reti, come da consuetudine; ma anche quelli relativi ad alcune testate giornalistiche, come il Riformista, edito dall’imprenditore Alfredo Romeo, che ha affidato la direzione al senatore Matteo Renzi. Il Domani, che ha liquidato Stefano Feltri per fare posto a Emiliano Fittipaldi, e l’Unità, il cui nuovo direttore è Piero Sansonetti. Last but not least, una notizia che ci riguarda da vicino, la nascita della società editoriale URANIA Media, uno spin off di UTOPIA, diventata titolare di The Watcher Post e di tutte le sue produzioni audiovisive.
Il vero baricentro della settimana politica è stato in Nord Europa, con l’entrata della Finlandia nella Nato. Se uno degli obiettivi dell’invasione dell’Ucraina, per il presidente russo Vladimir Putin era tenere la Nato lontana dalle frontiere russe, un dato basta a dimostrare l’esito fallimentare della sua scelta: con l’ingresso della Finlandia nell’Alleanza, la frontiera di terra diretta della Nato con la Russia è più che raddoppiata. Ai tempi della Guerra Fredda, l’Alleanza atlantica e l’Unione sovietica avevano in comune soltanto un breve tratto del confine nord, in Norvegia, e un tratto più lungo del confine sud-est tra la Turchia e le attuali Armenia e Georgia. Oggi ci sono oltre 2.000 km da Capo Nord agli Stati Baltici.
A giudizio unanime di esperti ed analisti, l’adesione della Finlandia, e in prospettiva della Svezia, all’Alleanza comporta una significativa variazione dei rapporti di forza tra Nato e Russia ed è una sconfitta per Putin: l’invasione dell’Ucraina ha innescato variazioni nell’architettura di sicurezza dell’Europa post Guerra Fredda così profonde da pesare per decenni su relazioni e rapporti di forza tra l’Occidente e la Russia.