Politica
Discorso integrale di Mario Draghi al Senato in vista del Consiglio Europeo
Di Redazione
Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, nell’intervento di oggi intendo affrontare i temi in discussione nel Consiglio europeo di questa settimana. Si tratta di pandemia e vaccini, transizione digitale, costo dell’energia, migrazioni, commercio estero, impegni internazionali e, in particolare, la COP 26.
Dopo un avvio stentato, la campagna di vaccinazione europea ha raggiunto risultati molto soddisfacenti. Nell’Unione europea quasi quattro adulti su cinque hanno ricevuto almeno una dose, per un totale di 307 milioni di persone. In Europa abbiamo somministrato 130 dosi di vaccino per 100 abitanti, a fronte delle 121 negli Stati Uniti.
In Italia la campagna procede più spedita della media europea: ad oggi l’86 per cento della popolazione sopra i dodici anni ha ricevuto almeno una dose e l’81 per cento è completamente vaccinata. Voglio ricordare che prima dell’ultimo Consiglio europeo, a fine giugno, meno di un terzo della platea aveva completato il ciclo vaccinale. Oggi, come ho detto, l’81 per cento è completamente vaccinato.
Negli ultimi tre mesi e mezzo l’Italia ha dunque vaccinato metà della popolazione con più di dodici anni; uno sforzo straordinario per cui dobbiamo essere grati al nostro sistema sanitario, a partire da medici e infermieri, e all’immane opera logistica che è stata compiuta sin dall’inizio di questo Governo.
Voglio inoltre ringraziare, ancora una volta, tutti i cittadini che hanno scelto di vaccinarsi, in particolare i giovani e i giovanissimi e anche chi ha deciso di farlo nelle scorse settimane, dopo aver superato le proprie esitazioni.
La curva epidemiologica è oggi sotto controllo, grazie al senso di responsabilità dei cittadini. Questo ci permette di tenere aperte le scuole, le attività economiche e i luoghi della nostra società.
Il Consiglio europeo riaffermerà il proprio impegno a contribuire alla solidarietà internazionale in materia di vaccini. Dobbiamo incrementare la fornitura di dosi ai Paesi più fragili, perché possano proteggere i loro cittadini e per impedire l’insorgenza e la diffusione di nuove e pericolose varianti: solo il 2,8 per cento di chi vive in un Paese a basso reddito ha ricevuto almeno una dose di vaccino, a fronte di quasi il 50 per cento della popolazione mondiale.
L’Italia ha recentemente triplicato le donazioni di vaccino, da 15 a 45 milioni di dosi, da distribuire principalmente attraverso il meccanismo Covax. Ad oggi abbiamo assegnato più di 11 milioni di vaccini: circa 3 milioni ciascuno a Vietnam e Indonesia, un milione e mezzo all’Iran, 700.000 dosi a Libano, Yemen e Iraq. Poi segue un lungo elenco di Stati: l’Albania con 188.000 dosi, l’Uganda con 488.000, la Libia con 261.000, poi la Macedonia, la Costa d’Avorio, l’Algeria.
Al Consiglio d’Europa discuteremo inoltre dell’approccio europeo per affrontare e superare eventuali future pandemie. Al Global health summit dello scorso maggio abbiamo firmato la Dichiarazione di Roma, che ci impegna a migliorare la condivisione di dati e conoscenze a livello globale. Dobbiamo investire nella scienza e nella ricerca, che ci hanno permesso di avere vaccini efficaci e sicuri in pochi mesi.
A settembre la Commissione europea ha inaugurato l’HERA, l’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie. Il suo scopo è migliorare il coordinamento interno all’Unione, sia nella preparazione che nella gestione di crisi future. Si occuperà, ad esempio, dell’attivazione di misure di emergenza per lo sviluppo, l’approvvigionamento e la distribuzione di prodotti medici e sanitari. Dobbiamo evitare il ripetersi dei pericolosi episodi di protezionismo sanitario a cui abbiamo assistito nei primi mesi della pandemia. Continueremo a lavorare per migliorare la risposta globale a futuri crisi sanitarie e in tutte le sedi multilaterali appropriate.
Per quanto riguarda l’Agenda digitale, il Consiglio intende definire la tabella di marcia per gli obiettivi del 2030, anche con l’indicazione di scadenze e di un sistema di monitoraggio. Gli obiettivi europei per il 2030 riguardano quattro aree prioritarie: infrastrutture digitali sicure, efficienti e sostenibili; trasformazione digitale delle imprese; digitalizzazione dei servizi pubblici e la formazione di competenze digitali. L’Italia ha fatto propri questi obiettivi e ne ha anticipato il raggiungimento al 2026, anche grazie alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Noi siamo ancora indietro in questo campo, molto indietro, ma intendiamo colmare rapidamente il divario che ci separa dal resto d’Europa e, in alcuni settori, arrivare a guidare la transizione digitale europea. Per farlo abbiamo stanziato 50 miliardi di euro, oltre un quarto della dotazione complessiva del Piano. La Presidenza del Consiglio e i Ministri coinvolti hanno già predisposto meccanismi di verifica sui progressi compiuti. Questi meccanismi di verifica non saranno eccessivamente gravosi e saranno basati su indicatori attendibili, su cui mi aspetto anche di riferire in Parlamento.
Allo stesso tempo, dobbiamo migliorare la collaborazione tra gli Stati membri dell’Unione europea nel digitale. Vogliamo trovare soluzioni condivise su quattro versanti: la sicurezza cibernetica, la concorrenza, i servizi digitali e l’intelligenza artificiale.
Sul fronte della cybersicurezza, il nostro obiettivo è garantire un quadro normativo chiaro e identificare risposte rapide e coordinate. L’Italia, come sapete, si è dotata recentemente di un’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, che promuove lo sviluppo di capacità di prevenzione, monitoraggio, rilevamento e mitigazione. È un tema prioritario per l’Europa, che metterà in campo degli strumenti legislativi appositi.
Sulla concorrenza lavoriamo sulle proposte di regolamentazione europea per il mercato e i servizi digitali. L’Italia sostiene la proposta di regolamento sui mercati digitali e ne auspica la pronta adozione. Intendiamo poi fissare adeguate garanzie per la libertà di impresa e di espressione. Occorre assicurare, al contempo, la non discriminazione e la corretta attribuzione delle responsabilità sulla distribuzione e pubblicazione di contenuti e prodotti online.
L’Italia sostiene il regolamento dell’Unione europea sui servizi digitali, anche per proteggere efficacemente prodotti e contenuti realizzati in Italia. La nostra convinzione è che quello che è illecito offline debba essere illecito anche online.
Infine, sull’intelligenza artificiale il nostro obiettivo è promuoverne la sperimentazione e, soprattutto, renderne l’utilizzo più sicuro e trasparente. Allo stesso tempo, dobbiamo alimentare la fiducia dei cittadini per queste nuove soluzioni tecnologiche. La strategia nazionale sull’intelligenza artificiale, adottata dal Comitato interministeriale per la transizione digitale, costituisce il quadro per migliorare il posizionamento competitivo del nostro Paese.
Una sfida decisiva per l’Europa è raggiungere l’autonomia tecnologica nei semiconduttori e nelle tecnologie quantistiche. (Applausi). L’Europa è passata dal 44 per cento della capacità globale di semiconduttori nel 1990 ad appena il 9 per cento nel 2021. Dipendiamo sempre di più dalle forniture extraeuropee e quando queste ritardano o si bloccano, come è accaduto in questi mesi di ripartenza economica, le aziende possono vedersi costrette a fermare o rallentare di molto la loro produzione. L’Unione europea intende produrre il 20 per cento della produzione mondiale dei semiconduttori entro il 2030; per farlo, dobbiamo intervenire subito e con decisione. La Cina e gli Stati Uniti lo stanno già facendo, investendo decine di miliardi ciascuno in questo settore. Per darvi un’idea, i sussidi statali della Cina e degli Stati Uniti vanno dal 30 al 60 per cento del costo di un impianto di semiconduttori. Questo fa venire alla mente un punto più generale: per fare la transizione ecologica e la transizione digitale non ci sono alternative all’intervento dello Stato; lo Stato non può che essere pienamente impegnato; altrimenti, se non c’è lo Stato, queste due transizioni non avverranno.
Questo vale anche nei nostri rapporti con gli altri Paesi dell’Unione europea per quanto riguarda le molte regole che sono state sospese in questo momento. Su questi aspetti sicuramente ci sarà un’altra occasione per discuterne in questa sede, man mano che le discussioni su tali regole procederanno nei prossimi mesi. Per adesso, ho voluto illustrare alcuni punti, forse il punto fondamentale, che bisogna affrontare nella discussione sulla ricostruzione di queste regole.
L’Unione europea deve mettere insieme le capacità di ricerca, progettazione, sperimentazione e produzione di tutti i Paesi europei, per creare ad esempio un ecosistema europeo di microchip all’avanguardia. Sosteniamo con convinzione la proposta della Commissione dell’Unione europea di adottare uno European Chips Act (che è esattamente quello che hanno già fatto gli Stati Uniti con il Chips Act) per coordinare investimenti e produzione europei di microchip e circuiti integrati. Dobbiamo inoltre agire con la massima urgenza per rafforzare la cooperazione tra pubblico e privato e attrarre investimenti alla frontiera tecnologica.
Un altro tema che tratteremo questa settimana è quello del costo dell’energia. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un forte aumento del costo del gas e dell’elettricità. Questi rincari sono dovuti principalmente ai movimenti dei prezzi sui mercati internazionali. La domanda di energia da parte di famiglie e imprese è aumentata a livello europeo e sui mercati asiatici e ha contribuito a ridurre le scorte e le forniture disponibili. Il Governo si è impegnato a contenere il rincaro delle bollette. Lo scorso giugno avevamo già stanziato 1,2 miliardi di euro per ridurre gli oneri di sistema. Poche settimane fa siamo intervenuti ulteriormente con più di 3 miliardi di euro per calmierare i prezzi dell’ultimo trimestre dell’anno soprattutto per le fasce più deboli della popolazione.
A proposito di questo, certamente un criterio equitativo deve essere sempre tenuto presente nell’affrontare i costi della transizione energetico-climatica, di cui sto parlando ora, ma anche di quella digitale, in quanto entrambe comporteranno dei costi che vanno distribuiti avendo in mente l’eguaglianza. Si tratta di misure immediate a cui dovranno necessariamente seguirne altre di lungo periodo, per migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti e prevenire un’eccessiva volatilità dei prezzi.
Il 13 ottobre scorso la Commissione ha pubblicato una comunicazione sul tema dell’aumento del costo dell’energia. Il documento descrive gli interventi emergenziali possibili per gestire la situazione attuale e ipotizza soluzioni per rendere le forniture più sicure e affidabili in futuro. Il Governo italiano ha sollecitato la Commissione a esplorare rapidamente l’opzione di acquisti e stoccaggi congiunti di gas naturale su base volontaria con misure di medio periodo. Questa strategia può essere utile per resistere meglio agli shock e sviluppare le capacità industriali di deposito. La Commissione presenterà una proposta di revisione del quadro normativo entro dicembre.
Il nostro obiettivo di medio termine resta quello di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e aumentare sostanzialmente l’utilizzo di fonti rinnovabili. Vogliamo procedere con la transizione ambientale e rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione che ci siamo posti per il 2030 e il 2050. Allo stesso tempo, come dicevo prima, lo Stato deve tutelare le fasce più deboli della popolazione dai costi della trasformazione energetica e assicurarsi che i tempi siano compatibili con le capacità di adattamento delle aziende. Affinché la riconversione del nostro sistema economico abbia successo, è necessario il sostegno di tutti: Istituzioni, imprese e cittadini. Dobbiamo portare avanti un’agenda climatica ambiziosa, facendo in modo che le nostre scelte siano accettate e condivise in maniera ampia dalla popolazione e dimostrando quel che abbiamo detto e che dicono un po’ tutti, ossia che la transizione ecologica comporta non necessariamente una distruzione di posti di lavoro, ma – semmai – un ampliamento dell’occupazione.
Ci sono alcuni dati che cominciano ad emergere in Paesi che hanno affrontato più rapidamente alcuni passi della transizione e che dal punto di vista dell’occupazione per il momento sono incoraggianti; questo è un punto da tenere presente nella velocità di attuazione di questa agenda climatica.
Per quanto riguarda le migrazioni, l’Italia aveva promosso una discussione sul tema nel Consiglio europeo di giugno, con l’obiettivo di incoraggiare una gestione davvero europea dei flussi. Anche i Paesi preoccupati dai cosiddetti movimenti secondari hanno preso atto dell’importanza di prevenire e contenere i flussi irregolari e di incentivare i canali di migrazione legali. Su quest’ultimo aspetto l’Europa dovrebbe impegnarsi di più, seguendo ad esempio il modello dei cosiddetti corridoi umanitari. Il Consiglio di giugno si è impegnato a lavorare con i Paesi di origine e di transito, in collaborazione con l’Alto commissario dell’ONU per i rifugiati e l’Organizzazione internazionale per la migrazione. Questa prospettiva concordata ora necessita di una attuazione puntuale. Due degli impegni previsti hanno scadenza questo autunno: il primo è la presentazione da parte della Commissione e dell’alto rappresentante Borrell, in collaborazione con gli Stati membri, di piani di azione per i Paesi di origine e transito prioritari. Questi piani devono includere obiettivi, misure di sostegno, tempistiche precise. Il secondo è la presentazione di un rapporto al Consiglio sul miglior utilizzo possibile di almeno il 10 per cento dei fondi dello strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale. Quest’estate l’Italia ha continuato a far fronte agli obblighi internazionali di salvataggio in mare e di garanzia di protezione internazionale agli aventi diritto. Lo abbiamo fatto con umanità, per difendere i valori europei della solidarietà e dell’accoglienza.
È però essenziale che a questo Consiglio la Commissione presenti piani di azione chiari, adeguatamente finanziati e rivolti con pari priorità a tutte le rotte del Mediterraneo, compresa quella meridionale. A questi piani poi andrà data una rapida attuazione. L’Unione europea deve inoltre prestare attenzione alla specificità delle frontiere marittime e all’effettiva stabilità politica della Libia e della Tunisia. Intendo proporre che la Commissione europea aggiorni Capi di Stato e di Governo in ciascun Consiglio europeo sul grado di attuazione e di avanzamento degli impegni assunti. Solo in questo modo potremo rendere conto ai nostri Parlamenti e soprattutto ai nostri cittadini dei progressi compiuti a livello europeo e di quello che ancora resta da fare.
Il Consiglio europeo discuterà anche di commercio internazionale. Dall’inizio di quest’anno abbiamo assistito a una ripresa robusta degli scambi tra Paesi. È un’ottima notizia, visto che il peso delle esportazioni nell’economia italiana è aumentato. Il valore totale dei beni esportati nel secondo trimestre di quest’anno era del 5 per cento più alto che nello stesso periodo di due anni fa, prima della pandemia; quindi, in sostanza la crescita delle esportazioni ha ora superato la crescita che avveniva prima della pandemia. Questa crescita nelle esportazioni e ora anche in generale nel prodotto, come sapete, è stata però ostacolata da colli di bottiglia nell’approvvigionamento del materiale e da interruzioni nelle catene di fornitura. La difficoltà nel reperire materie prime e componenti, unita a rallentamenti nei processi di trasporto e consegna, hanno contribuito ovunque ad un aumento del tasso di inflazione.
Un tema fondamentale per la politica commerciale europea è quello del contrasto al protezionismo: dobbiamo migliorare i meccanismi multilaterali esistenti basati sulle regole e incoraggiarne l’utilizzo ampio e condiviso.
Per quanto riguarda la riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio, ci auguriamo che la dodicesima conferenza ministeriale di fine novembre abbia successo e che si superino le criticità nei negoziati sui sussidi alla pesca e sulla politica commerciale sanitaria post Covid-19.
Infine, il Consiglio europeo discuterà di relazioni esterne. Il 30 e 31 ottobre si terrà a Roma il vertice del G20 che concluderà all’anno della presidenza italiana. La scorsa settimana abbiamo tenuto una riunione straordinaria del G20 sull’Afghanistan, in cui ci siamo concentrati sugli aiuti umanitari, sulla lotta al terrorismo e sulla mobilità. A Roma ci occuperemo principalmente dei temi della presidenza italiana, dalla lotta al cambiamento climatico, alla pandemia, al sostegno della ripresa globale. In particolare, anticiperemo alcune delle negoziazioni che si terranno durante la Cop26 di Glasgow, per la quale l’Italia è in partenariato con il Regno Unito. Come sapete, infatti, l’Italia e il Regno Unito copresiedono la Conferenza di Glasgow.
L’Unione europea si è posta obiettivi ambiziosi, che includono la riduzione delle emissioni di gas climalteranti del 55 per cento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 e il raggiungimento di zero emissioni nette nel 2050. Come sapete, l’Unione europea è responsabile di appena al 8 per cento delle emissioni globali; pertanto, senza il coinvolgimento delle maggiori economie mondiali non potremo rispettare gli accordi di Parigi e contenere il riscaldamento globale entro un grado e mezzo. I Paesi del G20 nel loro complesso producono circa tre quarti del totale mondiale delle emissioni; la crisi climatica può dunque essere gestita solo se tutti i principali attori globali decidono di agire in modo incisivo, coordinato e simultaneo.
In tutti questi ambiti l’Italia intende muoversi con convinzione per tutelare l’interesse dei cittadini italiani e di quelli europei. L’appoggio del Parlamento – il vostro appoggio – è decisivo perché la nostra azione possa essere davvero efficace. Vi ringrazio per le osservazioni che farete e per la pazienza con cui mi avete ascoltato.