Forse Giorgia Meloni si aspettava una settimana più tranquilla per celebrare i primi 100 giorni di governo. E invece si trova catapultata, suo malgrado, in quello che si può a tutti gli effetti considerare il primo vero grattacapo della sua esperienza a palazzo Chigi. E a complicare il quadro c’è l’incastro delle tempistiche. Proprio così, perché l’affair Donzelli-Delmastro è scoppiato proprio in concomitanza con il viaggio molto delicato del premier a Stoccolma e, soprattutto, a Berlino, per cercare alleanze sulla questione migranti e sull’allentamento del patto di stabilità per i paesi (come il nostro, ndr) con il debito troppo alto, in vista del Consiglio europeo della prossima settimana.
Nonostante i retroscena svelati da La Repubblica venerdì mattina sulla riservatezza dei documenti ottenuti da Delmastro, che incastrerebbe il sottosegretario alla Giustizia, il Guardasigilli Carlo Nordio ha smentito ogni presunta segretezza dei dossier relativi agli incontri del detenuto Alfredo Cospito, in sciopero della fame contro il 41-bis. Se, quindi, sotto il profilo istituzionale, in attesa di nuovi accertamenti, l’uscita di Donzelli in Parlamento imbeccata da Delmastro rischia di risolversi in una pesante gaffe e nulla più, l’autogol sotto il profilo politico è difficilmente smentibile. L’imbarazzo ha indotto la Meloni a chiudersi in un silenzio “assordante”, da un lato perché i protagonisti della vicenda sono due suoi sodali di vecchia data che non possono essere sacrificati facilmente senza controeffetti indesiderati all’interno del partito. Dall’altro perché la sortita di Donzelli ha rivitalizzato e ricompattato l’opposizione e dato un argomento a chi critica il primo partito del paese di avere una leadership poco incisiva e una preparazione poco istituzionale. Il silenzio della Meloni è stato spezzato solo da una breve intrusione telefonica di otto minuti nella trasmissione Stasera Italia su Rete4, nel corso della quale il premier ha glissato sulle responsabilità ma ha riaffermato il pugno duro del suo governo sul 41-bis. E anche questa posizione non ha mancato di creare destabilizzazione: i nuclei anarchici e della sinistra militante si sono messi in moto in tutto il paese, annunciando mobilitazioni, occupando facoltà universitarie (Lettere alla Sapienza) e facendosi sentire sulle gazzette di tutta Italia. Il risultato: Delmastro e Andrea Ostellari, sottosegretario leghista alla Giustizia, sono stati messi sotto scorta. Insomma, il bilancio politico di questa querelle è pesante per il governo.
La vicenda Cospito ha riacceso, peraltro, i riflettori sull’annosa questione del regime del 41-bis, conosciuto meglio con il nome di “carcere duro”. Introdotto “in via temporanea” nel 1986 e ampliato poi come risposta all’attentato di Falcone e Borsellino, la misura in questione fa ormai parte del nostro ordinamento penitenziario e da oltre trent’anni è uno degli strumenti più utilizzati per contrastare criminalità organizzata e terrorismo. Nonostante ciò, l’istituto è da sempre alquanto discusso e controverso per via della natura delle sue restrizioni, particolarmente severe, e da molti giuristi giudicate incostituzionali o contrarie al divieto di tortura. Parte di questo dibattito è stato nel corso degli anni alimentato anche dal giudizio preoccupato che l’Unione europea ha espresso nei confronti del 41-bis. In particolare, due sentenze della Corte europea dei diritti umani (Cedu), emesse tra il 2018 e il 2019, hanno evidenziato la sua in conformità con l’articolo della Convezione europea dei diritti dell’uomo che vieta i trattamenti disumani o degradanti. Nonostante tutto, però, la linea del governo, al momento, è chiara: il 41-bis non è in discussione. Sarà interessante capire se il dibattito innescherà una nuova strategia politica.
E pensare che senza queste polemiche la settimana si sarebbe potuta concludere con una buona notizia per il governo: l’approvazione della riforma sull’Autonomia differenziata in Cdm. Una normativa che, seppur rimaneggiata rispetto alla versione iniziale scritta da Roberto Calderoli e sebbene debba superare un complesso iter parlamentare con la dichiarata opposizione del centrosinistra, sul piano politico consolida l’asse FdI – Lega e rappresenta un utile chiavistello elettorale in vista delle prossime regionali, soprattutto in Lombardia.
L’appuntamento elettorale, a questo punto, assume una notevole rilevanza politica. Alla luce di quanto sta succedendo, infatti, può considerarsi un primo vero test di governo.