Politica
Guerra Israele-Hamas: Chi vuole offuscare e far dimenticare il 7 ottobre
Di Daniele Capezzone
Sono passati appena 44 giorni dal 7 ottobre scorso, eppure sembra trascorso un tempo molto più lungo. C’entra – certo – la speciale velocità dell’epoca in cui siamo immersi, che divora tutto, che affastella eventi, che moltiplica e diversifica e soprattutto sposta continuamente l’attenzione mediatica, rendendo pressoché impossibile fissarsi a lungo su un solo tema. Accadde perfino con l’11 settembre: dopo alcuni giorni, piano piano, le scalette dei telegiornali tornarono – per così dire – alla “normalità”.
Eppure stavolta c’è qualcosa in più, c’è qualcosa – voglio dire – che non torna: c’è, non giriamoci intorno, il tentativo di alcuni di offuscare e far dimenticare quella tragedia. Troppo chiara la responsabilità criminale di Hamas, troppo indifendibile la causa amata da tanti media, troppo difficile collocarsi in un’area di ambiguità. E allora meglio chiuderla subito: è stato perfino difficile far circolare le immagini delle culle insanguinate, dei corpicini dei bimbi israeliani massacrati dai terroristi.
Da un certo punto di vista, chi era in imbarazzo ha accolto con sollievo il fatto che – ragionevolmente – Israele si preparasse a un’azione militare in risposta all’attacco subito. Così, con Idf all’offensiva, lo schema mediatico preferito da tanti tornava agevolmente praticabile: criticare le violenze “da entrambe le parti” (equiparando Gerusalemme e Hamas), dare credito (sic!) alle note diffuse dall’”ufficio stampa di Hamas”, cercare l’occasione (falsa e non vera, come sappiamo) per colpevolizzare Israele (i razzi sull’ospedale, e così via).
Stessa musica nelle piazze occidentali. A parole, convocate “per la pace”: nei fatti, spesso animate da palese e scatenata ostilità contro Israele, e da una indecente simpatia per i terroristi. Spesso, senza nemmeno provare a dissimularla, senza nemmeno tentare di celarla.
Verrà il tempo per una riflessione più serena e distesa, sine ira et studio. Ma sin d’ora possiamo dire che c’è un elefante nella stanza, e si chiama “antisemitismo”. Si badi: per anni, ci era stato raccontato che il pericolo potesse tornare da destra, dove invece appare del tutto marginale. Semmai il virus si ripropone a sinistra e – peggio – in quegli organi di informazione che amano raccontarsi come “terzi”, “fair”, “imparziali”, e che da anni fanno lezione contro le vere o presunte bufale dell’informazione non ufficiale e online. E invece il problema sta proprio nei quartieri alti, nei luoghi ritenuti “sicuri”. Sarà bene tenerne conto e discuterne a lungo.