Politica

Giurista d’impresa, perché è strategico riconoscere la professione

13
Novembre 2024
Di Giampiero Cinelli

La professione legale in Italia è in crisi da eccesso d’offerta. Meno di 4 laureati su 10 in giurisprudenza riescono poi a fare l’avvocato. Una strada per sbrogliare la matassa potrebbe essere quella di sdoganare la figura del “giurista d’impresa“, in parole povere un avvocato che lavora stabilmente, e assunto, in un’azienda, occupandosi delle questioni legali inerenti all’attività imprenditoriale.

In Italia è previsto che un avvocato lavori in enti pubblici, al contrario non c’è una condizione di ufficialità riguardo al settore privato, dove i legali che assistono aziende certo ci sono ma inquadrati come professionisti esterni. Ciò fa ancora più riflettere, dal momento che, spesso, i legali assunti in società di diritto pubblico che poi vengono privatizzate restano nell’organico.

Nel mercato le ripercussioni di tale contesto sono molto serie. Innanzi tutto perché si nutre quella barriera all’ingresso di cui sono vittime i neo-laureati, poi perché ciò induce le grandi aziende, specie le multinazionali, a delocalizzare la sede legale in nazioni (anche europee) dove il giurista d’impresa è riconosciuto.

Le titubanze dell’Italia sono motivate dal rischio della mancanza d’indipendenza del giurista che esercita la professione per un’azienda. Inoltre, nel caso di un’inchiesta giudiziaria ai danni dell’azienda, il legale non godrebbe del segreto professionale.

Secondo Arturo Scotto, deputato PD, intervenuto nel talk di The Watcher Post Largo Chigi, la risposta alla crisi del settore forense non è il numero chiuso all’università, che crea barriere d’ingresso, ma la specializzazione. In questo senso la richiesta di riconoscere i giuristi impresa «non è peregrina». Renderebbe disponibili «competenze che servono», aiutando le aziende a sfuggire ai contenziosi.

A Largo Chigi, il presidente dell’Associazione Italiana Giuristi d’Impresa (Aigi) Giuseppe Catalano, ha dichiarato di voler far riconoscere il diritto alla segretezza professionale anche per un potenziale avvocato d’azienda. Fu presentato un emendamento in tal senso, attualmente risultato inammissibile. Per Catalano non dovrebbe esserci nessun impedimento a lavorare per un’azienda purché sia garantita l’indipendenza nell’esercizio delle funzioni.

Oggi, peraltro, l’assistenza e la consulenza extra-giudiziaria può essere svolta anche da dipendenti interni a un’impresa senza che essi siano giuristi. Ciò ovviamente è un danno per i laureati. Catalano ha esortato a togliere le barriere e a preservare il titolo di avvocato se si viene assunti in un’azienda, in virtù dell’attribuzione di pari dignità al ruolo e della sua funzione sociale. Poiché serve a non incorrere in rischi legali. E poi va guardata in faccia la realtà del settore: «Faremo sempre meno cause e più consulenze», ha osservato il presidente Aigi.

La proposta di legge
«La mia proposta di legge, ripresentata in questa legislatura, che introduce gli albi speciali degli ausiliari e dei consulenti legali, permette di riconoscere un ruolo definito e ufficiale ai giuristi d’impresa, tutelando i loro compensi. Oggi l’organizzazione della professione forense non tiene conto di tante fattispecie, ad esempio gli avvocati monomandatari. Questo è un modo per rendere più attuali le regole. Altro punto della proposta, l’introduzione della preselezione telematica per l’esame di Stato, così da favorire l’accesso alla professione. È già previsto per l’esame da magistrato e uniformerebbe a livello territoriale. Al Senato è in discussione anche un ddl che pone paletti all’utilizzo dell’IA nella professione d’avvocato, utilizzo che se eccessivo può essere preoccupante, anche per i giuristi d’impresa, in quanto l’IA può già redigere atti di buon livello», ha detto Pierantonio Zanettin, senatore di Forza Italia (Commissione Giustizia), a Largo Chigi.

La puntata integrale di Largo Chigi