di Sergio Pizzolante
Non tutti i giornalisti, naturalmente. Non bisogna fare lo stesso loro errore, quando scrivono della “politica”, confondendo buona e cattiva politica. Mettendo tutto nel mucchio, facendo della politica una categoria castale. Un sacco da prendere a botte.
La politica è anche l’articolo del giornalista. L’azione di Confindustria e di Confcommercio o della Cgil. Lo sciopero generale. La pace sociale. Il cittadino che si informa, che partecipa, che studia, che costruisce, che si oppone. Se diventa, nel racconto generale, una categoria a parte, smette di essere politica, diventa uno spaventapasseri in un campo di grano. O nel deserto delle responsabilità. Nessuno è più responsabile di niente. Di quello che scrive, della sua associazione, della qualità della propria vita.
C’è lì un pupazzo, responsabile di tutto.
E finisce che, i pupazzi, alcuni, non pochi, ci credano. Che si sentano Re. Che agiscano da Re. E sono solo pupazzi.
Allora, i giornalisti.
I giornalisti hanno responsabilità enormi nel processo di desertificazione della democrazia italiana. E per la nascita di tanti pupazzi Re. Da esaltare e da abbattere. A piacimento.
Mi hanno raccontato, mentre passeggiavo in Transatlantico, che una volta i giornalisti non potevano accedere li. Adesso i divani sono pieni. E i “politici pupazzi” in fila. Pronti a vendere un retroscena, vero o falso, nella speranza di una citazione. Quanto è bello il deserto! No?
Come è stato possibile tutto questo?
Naturalmente non mi riferisco ai quattro o cinque leaders di stagione. È tutto il resto che è così.
Mi viene in mente tutto questo quando sento i giornalisti nei Talk Show discutere della “politica” debole. Sconfitta. Succube. No, cari, non è politica, la politica non c’è più da decenni. Sono spaventapasseri. Che avete contribuito a creare. Gli uomini e le donne vere, la politica vera, i partiti veri, i leaders veri, non ci sono più da un pezzo. È un potere scomparso. Dinosauri del passato. Belli e brutti che fossero.
Sono caduti sotto il fuoco del Fattore M. Come Mauro Calise lo chiamo’ venti anni fa circa.
Fattore M, Media e Magistratura. Il magistrato arresta o accusa, il giornalista fa i titoli. E cadono governi e amministrazione locali.
L’alleanza fra Terzo e Quarto potere. Che ha soppiantato il Secondo e il Primo. La “politica”.
L’alleanza di cui, prove alla mano, parla Palamara. La “regola del tre”. Un magistrato, un giornalista, un partito di riferimento (perché serve un alleato fra i nemici) insieme sono più potenti del Parlamento e del Governo. Dice e dimostra Palamara. Fattore M e regola del tre hanno creato il deserto e fabbricato pupazzi. E i giornalisti, non tutti, ma non pochi, sono complici.
Per questo non parlano del libro di Palamara. Come non parlarono del libro del magistrato Tony, che anticipò Palamara, 10 anni fa, come non parlarono del libro di Calise.
Complici. Non tutti. Molti.
Non è stato un caso. È la conseguenza di processi storici complessi. E’ Gramsci che ha fatto una capriola. Togliatti applicò in Italia la teoria di Gramsci: l’Egemonia. Una corrente della magistratura collaterale al PCI. Poi PDS, poi Ds, poi Pd. Poi, ad un certo punto, da Tangentopoli, la cosa (il potere di vita o di morte) piacque anche alle altre correnti.
E quindi, capriola, il Pd divenne collaterale. Al nuovo potere. Insieme ad altri. Ma al partito delle Procure non bastava. Vollero giornali, partiti propri. Fatto Quotidiano, 5 stelle. Potere diretto, ministeri, aziende pubbliche. Ed ecco a noi. Deserto e pupazzi.
Distruggeranno anche Draghi? L’Unità Nazionale. Il primo battito di vita. Dopo tanto tempo?
Vedremo.