Politica
Giornalismo e libertà di stampa, Verini (PD): “Necessaria e urgente una legge”
Di Paolo Bozzacchi
L’Italia è solo 58esima nel ranking World Press Freedom Index sulla libertà di stampa. E la nostra legislazione in materia è ancora carente. Ne parliamo con l’Onorevole Walter Verini, giornalista, Tesoriere del Partito Democratico e relatore della riforma dell’Ordinamento Giudiziario e del CSM.
L’Italia è scivolata in un solo anno dal 41esimo al 58esimo posto nel ranking World Press Freedom Index. Quali sono i motivi di questa débacle?
«I motivi sono molteplici. Anzitutto viviamo una lunga e profonda crisi dell’editoria che sta rendendo sempre più precario il lavoro nelle redazioni. Ci sono poi intrecci economici stretti tra le proprietà dei media e gruppi economici. Inoltre gli editori puri sono sempre più rari. E’ un insieme di fattori oggettivi che indeboliscono il livello della nostra libertà di stampa. Un allarme che deve spronare noi tutti rappresentanti delle Istituzioni a fare il possibile per invertire la rotta. Anche per tutelare i giornalisti italiani minacciati o che vivono sotto scorta».
Qual è la situazione in Italia dei giornalisti che vivono sotto scorta o sono minacciati? E’ un fenomeno in crescita?
«In Italia sono ancora 28 i giornalisti sotto scorta perché minacciati dalle mafie. Federica Angeli e Paolo Borrometi sono i due nomi noti. Ci sono poi casi come quello di Paolo Berizzi minacciato da gruppi neonazisti. Senza dimenticare centinaia di giornalisti investigativi freelance che ricevono querele dal valore milionario che di fatto li minacciano. O videomaker freelance spesso aggrediti e minacciati durante la copertura giornalistica di manifestazioni di protesta».
Cosa manca alla legislazione in materia di tutela della libertà d’informazione?
«Bisogna sanare dei vulnus normativi. Ad esempio credo sia necessario e urgente un provvedimento ad hoc sulle querele temerarie. Proprio su questo il primo giorno utile dell’attuale legislatura nel 2018 ho presentato alla Camera una proposta contro le querele temerarie e il carcere per i giornalisti. Contestualmente un’iniziativa simile è stata presentata al Senato. I Presidenti di Camera e Senato hanno deciso che si iniziasse a lavorare su un provvedimento unico dal Senato, che ha lavorato molto nei primi due anni per approvare una legge ad hoc. Poi sono state separate le questioni querele temerarie e carcere per i giornalisti, e la cosa purtroppo è ferma perché ci sono ancora forze che vorrebbero rendere meno pesanti le sanzioni pecuniarie contro chi fa querele temerarie. Per questo banale motivo il Senato non è ancora in grado di sbloccare la legge. Perciò mi auguro che la Cartabia si attivi con un decreto, oggi più che mai necessario e urgente. E la Ministra Cartabia ha la giusta sensibilità per affrontare questi temi».
Il sostituto procuratore di Catanzaro, Veronica Calcagno (Anm) ha denunciato i limiti eccessivi per i Procuratori di comunicare con la stampa, introdotti dal recepimento della Direttiva UE sulla presunzione di innocenza.
Di fronte ad una notizia di interesse pubblico il giornalista cercherà conferme da altre fonti col rischio di ottenere informazioni incomplete. C’è il rischio di disinformazione?
«Il rischio ci può essere. Tuttavia Governo e Parlamento hanno recepito la direttiva UE con l’intenzione di rafforzare alcune garanzie, mettendo fine a eccessi nella comunicazione, soprattutto nella fase delle indagini. E’ lì che c’è una ferita aperta, nel cosiddetto mercato nero delle notizie. Il tema costituzionale della presunzione di innocenza viene purtroppo talvolta oscurato dal fenomeno della gogna mediatica. Un semplice avviso di garanzia a tutela dell’indagato viene troppo spesso presentato come una sentenza di colpevolezza. Questo purtroppo riguarda anche il semplice cittadino. Non è tipico solamente del grande clamore che si fa quando si toccano i politici. Su noi politici va precisato che se le gogne mediatiche sono di per sé inaccettabili, è anche vero che un uomo pubblico ha qualche giusta limitazione della privacy rispetto al cittadino comune. Ma il primo diritto costituzionale è il rispetto della privacy. Per tutti. Però c’è anche la libertà d’informazione da tutelare. E su questo da parte delle Istituzioni la preoccupazione è legittima. Perciò se nel protestare contro il recepimento della direttiva UE sulla presunzione di innocenza c’è la volontà di gogna mediatica, questo è inaccettabile. Se invece c’è una difesa giusta del diritto all’informazione, personalmente sono molto sensibile a questo tema: non possiamo rispettare un diritto a scapito di un altro».
Oltre alle proteste c’è qualche best practice nell’evoluzione dei rapporti tra le Procure e i giornalisti?
«Il Procuratore Generale della Cassazione, Giovanni Salvi, ha iniziato a concordare con una Circolare informativa con tutti i Procuratori alcune modalità informative che in qualche modo regolano in modo equilibrato i rapporti tra la stampa e le procure. Ad esempio la Circolare indica che bisogna motivare l’interesse pubblico di una conferenza stampa, non di un semplice comunicato stampa. A mio modo di vedere sia l’Ordine dei Giornalisti (ODG) che la Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) potrebbero collaborare attivamente a questo allineamento. Il metodo Salvi non vieta di dare notizie, ma le regolamenta. E’ sempre il Procuratore che indica la modalità di diffusione delle informazioni. Per esempio in Umbria il nuovo Presidente ODG, Roberto Conticelli, sta lavorando col Procuratore Generale della Corte d’Appello di Perugia, Sergio Sottani, per la creazione di un protocollo ad hoc sull’interazione.
Una delle soluzioni che ritengo di buon senso è quella di una comunicazione anche verbale con i giornalisti da parte della Procura, purché ufficiale, con l’utilizzo di precisi virgolettati. Sarebbe un bel freno al mercato nero delle notizie».