Politica

Forza Italia, dieci new entry. Tajani, dubbi su un terzo mandato Zaia

09
Gennaio 2024
Di Giampiero Cinelli

In politica non conta soltanto stare in alleanze ma anche come ci si sta. Forza Italia sembra aver metabolizzato la morte di Berlusconi e adesso, guidata dal suo leader Antonio Tajani, ragiona sulle strategie in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Le regionali e le europee.

In vista delle regionali il partito azzurro ha annunciato l’entrata di dieci nuovi figure da Campania e Abruzzo che riempiranno le fila delle squadre locali. Si tratta di Angelo Tripodi, Carmine Esposito, Francesco Pinto, Caterina Sestile, Paolo Federico, Tonia Paolucci, Luisa Taglieri, Caterina Provvisiero, Andrea Buracchio, Daniele Palumbi. Tajani ha annunciato che presto entreranno anche nuovi parlamentari e ha fatto intendere che quasi certamente il candidato del centrodestra in Sardegna sarà Paolo Truzzu. Per quanto riguarda Campania e Veneto, Antonio Tajani è stato esplicito nel considerare non una buona idea il terzo mandato di Luca Zaia e di Vincenzo De Luca. Per Zaia si tratterebbe di un candidato presumibilmente amico, ma Tajani ha posto l’accento sull’importanza dell’alternanza, anche qualora si trattasse di un verdetto democratico. Verdetto che tuttavia dovrebbe avvenire con una legge ad hoc che permettesse il terzo mandato e sul punto il successore di Berlusconi ha detto di avere da sempre «qualche dubbio».

«Negli Stati Uniti – ha detto Antonio Tajani – che sono la casa della democrazia mondiale, ci sono due mandati. In Italia ne dovrà discutere certamente il Parlamento, parleremo con i nostri alleati». Forza Italia vuole ritrovare il dialogo diretto con gli elettori e per farlo si è radunata ieri a Rome e oggi a Napoli all’Hotel Vesuvio.

Sui temi del lavoro l’ex presidente del parlamento europeo ha sottolineato: «Noi puntiamo sulla crescita del lavoro, abbiamo sempre detto che vogliamo che la contrattazione collettiva permetta di far crescere la retribuzione, perché non c’è soltanto il salario minimo come dice la sinistra. Il salario minimo è troppo basso, è troppo poco. Noi vorremmo il salario ricco, cioè far sì che al salario si aggiunga qualche altra cosa», Tajani si riferisce alla partecipazione agli utili: «Penso ai premi di produzione, a una serie di benefit che si possono concedere ai lavoratori. Insomma, vogliamo alzare il livello. E, quando ci sono contratti pirata, obbligare al rispetto delle regole della contrattazione collettiva. Lo abbiamo sempre detto, vogliamo non il salario minimo ma il salario ricco, non ci accontentiamo di quello che dice la sinistra, che ha scoperto adesso il salario minimo. Adeguiamoci invece, visto che loro dicono sempre di essere europeisti e noi lo siamo sul serio, a quello che dice l’Europa, ossia puntare sulla contrattazione collettiva. Il salario minimo serve nei Paesi dove non c’è una contrattazione collettiva e quindi i lavoratori sono penalizzati, perché manca un loro sindacato. Io credo nel ruolo che devono svolgere i sindacati, tant’è che una parte importante del sindacato, quello non ideologico, crede nella contrattazione collettiva più di altre».

Al di là delle questioni locali ed interne c’è ovviamente l’importante capitolo delle elezioni europee, su cui si gioca un delicato snodo tattico e un tassello inerente ai nuovi rapporti di forza. Ecco perché sia Forza Italia che Fratelli D’Italia e Lega dovranno decidere come muoversi. Giorgia Meloni si candido o no? Mancano cinque mesi alle elezioni europee e i leader dei partiti sono alle prese col quesito amletico. «Io non mi candido», annuncia Matteo Salvini. Spalleggiando, di fatto, Antonio Tajani. «O tutti o nessuno», ha risposto il segretario di Forza Italia che eviterebbe volentieri di mettere il suo nome sulla scheda elettorale, visto che in cuor suo accarezza l’idea di ottenere un posto da commissario europeo nel prossimo esecutivo europeo. Il centrodestra attende la decisione di Giorgia Meloni. Dentro FdI in tanti danno per scontata la corsa della leader, ma lei continua a prendere a tempo.

Pochi giorni fa, ai giornalisti che le chiedevano se avesse intenzione di candidarsi, la premier rispondeva: «Lo decideremo insieme nel centrodestra e devo prima assicurarmi che non tolga troppo tempo al mio lavoro da presidente del Consiglio». La voglia, va detto, non le manca. I comizi e le piazze sono il suo piatto forte: «Il misurarsi con il consenso sarebbe una cosa utile e interessante», diceva, e potrebbe persino diventare «un test di altissimo livello» se altri leader di opposizione decidessero di sfidarla. Salvini sa che il risultato di cinque anni fa, quando la Lega prese il 34%, è irraggiungibile. Per questo si è sfilato dalla corsa alle preferenze. Tajani non vorrebbe misurarsi personalmente, in attesa di fare un passo avanti quando si parlerà di formare la nuova Commissione. Per un posto da commissario sarebbe pronto a lasciare il suo posto da vicepremier: un altro piccolo passo verso il Quirinale, un’idea di futuro mai abbandonata.

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