Quando è emersa la disponibilità di Ursula von der Leyen a dare all’Italia un posto di rilievo nella Commissione europea con Raffale Fitto, nessuno ha potuto nascondere un po’ di stupore, principalmente perché il partito di cui fa parte il ministro italiano, l’Ecr, non ha votato per von der Leyen. Eppure gli equilibri europei si sono sempre rivelati complessi e, nonostante lo strapotere dei Popolari nella nuova composizione, la leader tedesca deve assicurarsi di poter contare anche sulla sponda della destra conservatrice, ora che il nucleo sovranista a Bruxelles si allarga (Patrioti di Orban conta più parlamentari di Ecr), con i Verdi che non danno certezze assolute e una leadership tedesca e francese che nel futuro prossimo potrebbe cambiare natura.
Dal canto suo l’Italia ha motivato il no al bis della Commissaria con ragioni prettamente politiche, ma vuole fare la sua parte in Europa da nazione fondatrice e di peso qual è. Questo von der Leyen lo riconosce e sa che il suo avvicinamento a Meloni degli ultimi mesi deve pure trovare uno sbocco.
Il nostro Paese, da una delega all’economia nella Commissione ha solo da guadagnarci, e sarebbe difficile anche per il Pd non essere collaborativo, per quanto i Dem vogliano da Fitto una prova di europeismo. Anche la stessa segretaria Schlein aveva detto di essere d’accordo con un ruolo il più possibile importante del nostro Paese.
Che Fitto sia moderato ed europeista, oltre che esperto dei meccanismi, non ne dubita Manfred Weber, politico tedesco leader del Ppe, che lo ha definito, in un’intervista al Corriere della Sera, «un amico». Da parte sua e di von der Leyen non ci sarebbero paletti, forti inoltre delle garanzie che sta cercando di dare Antonio Tajani, il ministro degli esteri è nel Ppe e in queste ore spera di neutralizzare i veti che comunque potrebbero pesare anche all’interno della compagine dei Popolari, i quali in ogni caso avranno la maggioranza nel collegio dei 27.
La contrarietà a Raffaele Fitto è stata già palesata dai socialisti del Pse (di cui fa parte il Pd). Cosa farà dunque von der Leyen? Le conviene perdere già la presa sulla maggioranza fatta da Popolari, Socialisti, Liberal e Verdi, o giocherà la partita a scacchi in funzione strategica? L’epilogo potrebbe essere quello di una vicepresidenza, esecutiva o non, senza deleghe fondamentali. Se Fitto sarà un vicepresidente con responsabilità sulle aree cui si parlava, non avrà influenza su leggi e trattati ma dovrà quantomeno supervisionare la gestione dei fondi europei inclusi quelli di Coesione, e comunque per Roma non è poco, alla luce del fatto che molto probabilmente ci sarà bisogno di una proroga della scadenza del Pnrr, i cui progetti vanno ultimati entro il 2026.
Von der Leyen presenta i Commissari scelti la settimana prossima e l’impressione è che in questi giorni il lavoro diplomatico dei leader italiani non sarà di facciata. Meloni cerca la sponda di Draghi mentre sui probabili designati gli altri Paesi discutono di quote rosa e aderenza ai valori dell’Unione quando si va verso est.